Venerdì Santo: passione di Cristo, del mondo, dell’uomo


Perché Dio è tornato sulla scena
Titolava, lunedì 30 marzo, Roberto Esposito un suo assai interessante articolo su R2 Cultura il cui occhiello dice: ”Dopo anni di assenza, la teologia politica è al centro di un dibattito internazionale iniziato in America”.

Di seguito, alcune frasi che rendono chiaramente il senso di ciò di cui si discute.
“A quella che era stata definita eclissi del sacro è parso opporsi il suo risveglio”.
Qualche riga sopra, si leggeva in una specie di preludio al tema, “La tradizionale tesi della progressiva fine delle religioni nel mondo moderno, portata avanti dai sociologi della secolarizzazione, si scontra con dati di fatto sempre più evidenti… L’ identificazione tra modernità e laicizzazione è tutt’altro che scontata”. Anzi, “da qualche anno la questione della teologia politica è al centro del dibattito internazionale”, sia in America sia in Europa. E ci si domanda: “La religione contribuisce a generare o a moderare la violenza? E’ fattore di coesione sociale o di conflitto? La risposta è tutt’altro che scontata”. L’ultima citazione la vado a prendere verso la fine dell’articolo: “In un mondo orientato sempre più a un dominio assoluto dell’economia, la teologia sembra rappresentare, per masse sempre più grandi di uomini, l’unica alternativa, l’unica potenza capace di resistere alla logica anonima del mercato globale… sicché la filosofia oggi guarda a una nuova forma, non più di teologia politica, ma di politica della teologia”. Così finisce l’articolo. Così anche Paolo Flores d’Arcais è servito.
Giusto una considerazione prima di passare a ciò che più mi sta a cuore.
Mai vendere la pelle dell’orso prima d’averlo ucciso, ci insegnavano le maestre ai tempi in cui i bambini erano attenti a quello che dicevano i più anziani di loro. E non era violenza psicologica sui minori, era molto più una forma d’amore e di saggezza.
Nel nostro caso: già 2000 anni fa qualcuno aveva creduto di potersi liberare di Gesù mettendolo in croce e seppellendolo poi in un sepolcro. Macché! Quel rompiscatole ne sarebbe uscito vivo, così dissero alcuni che molti considerarono illusi; altri invece dissero che i suoi discepoli prima lo avevano nascosto poi hanno sparso la voce che era risorto e che era ancora vivo e che loro l’avevano visto con propri occhi. E, incredibile a dirsi!, ancora oggi c’è qualcuno che ci crede.
E io che ne dico? Io dico che sono uno di quelli che ancora ci credono. Anzi dico: guai a me se non credessi!
In base a quale ragionamento ci credo? Nessun ragionamento. Non servirebbe. Nessuno al mondo potrà mai dimostrare che Dio esiste e che Gesù ne è il figlio, Dio lui stesso, incarnato e morto per noi.
Perché allora ci credo? Perché l’ho incontrato. Dove? Quando? Ogni volta che leggo le orrende notizie che il mondo degli uomini ci manda. Allora mi limito a guardare lo strepitoso Cristo in croce di Matthias Grünevald dove riconosco ogni uomo crocifisso: le vittime dell’Isis, le donne rapite e stuprate e vendute schiave per il piacere dei maschi, le vittime d’un airbus con pilota depresso e mitomane, le formiche umane nelle miniere di diamanti per la gioia di miliardarie senza cuore, il ventenne malato terminale di cancro e tutti gli innumerevoli crocifissi del mondo. Allora torno a fissare gli occhi su quel corpo martoriato e vi cerco la risposta, e mi pare di di vedercela scritta (o sei Tu che me la sussurri?): “È per tutti loro, per tutti voi che io mi trovo quassù, su questa croce: per darvi una speranza. Non sono morto per sbaglio, perché non morivo per me. Fossi vissuto mill’anni, non avrei potuto raggiungervi tutti; morendo, ognuno potrà avermi vicino. Basterà che mi chiami. Siatene certi: risponderò

Quarto canto del servo del Signore
Is 52,13-15 —53,1-12
52.
13 Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
14 Come molti si stupirono di lui
tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo
15 così si meraviglieranno di lui molte genti;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
53
1 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
2 È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
3 Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la
faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
4 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
5 Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
6 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
7 Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
8 Con oppressione e ingiusta sentenza fu
tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
9 Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
10 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del
Signore.
11 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

A questo punto, quest’anno, vorrei proporre ai miei Lettori tre stazioni d’una mia vecchia Via crucis, a cui sono molto affezionato.
Per chi volesse, l’intera Via crucis è disponibile nel mio sito web, il cui indirizzo trovate citato sotto la mia firma. Si può scaricare liberamente gratis, nella sezione OPERE.

XI stazione
Gesù muore in croce
XII stazione
Gesù viene deposto dalla croce
XIII stazione
Gesù viene deposto nel sepolcro
Lettura: Gv 19,28-30
Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse, per adempiere la Scrittura: «Ho sete››. C’era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta d’aceto in cima a una canna e gliel’accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto
l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto”. E reclinato il capo, spirò.
Lettura: Gv 19,38-40
Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù.
Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte e portò una mistura di mirra e di àloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire presso i Giudei.
Lettura: Gv 19,41-42
Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Parasceve dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.
MEDITAZIONE
“Tutto
è compiuto”.
Così dicendo
spirò.
Tutto era finito
quando, chinando il capo,
rese il suo spirito:
non più olio
nella lampada,
non più forza
nelle membra,
non più luce
negli occhi,
non più sangue
nelle vene,
non più gioia
nell’anima,
non più dolore
nel cuore,
non più strazio
nel corpo:
tutto era stato dato.
Ora poteva tornare
a Colui dal quale era uscito
come il chicco di grano
che vien dalla terrai
e alla terra ritorna
per dare il suo frutto.
Ma venendo era solo.
Tornando
porta tutti con sé.
MEDITAZIONE
E quando lo deposero dalla croce
tu l’accogliesti nel tuo grembo
come facesti allora
quando l’accogliesti bambino.
Com’era ridotto quel figlio,
il più bello tra i figli di donna.
Gli occhi
negli occhi spenti,
le labbra
contro le labbra fredde,
la guancia
sulla guancia dura
contemplavi con occhi non persuasi
il sangue di quel figlio appena uscito
dall’atroce placenta della croce.

Era vestito solo di sangue
come quando era nato.
Sul Monte del Cranio,
tornato il silenzio,
s’udì solo il tuo pianto
sommesso,
strozzato,
il pianto d’ogni madre
su ogni figlio che nasce,
su ogni figlio che muore.

MEDITAZIONE
E la terra
spalancò la sua bocca per inghiottirlo
e per cancellare di lui
ogni ricordo.
La pietra
orrida
immensa
rotolò su quel corpo,
frantumò ogni speranza,
dissolse un miraggio
e tutti pensarono allora
ch’era proprio finita.
Sul Monte del Cranio
non fu dato d’udire più nulla,
tranne il pianto del vento.
Ma in quel gelido ventre di terra
tu,
seme sepolto dell’uomo,
aspettavi il tuo giorno
come un seme di grano sotterra non muore
se non per risorgere.

La tua morte
per la nostra vita,
il tuo sonno
per il nostro risveglio.
Perché la morte del seme di grano
è la vita per cento altri semi.

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