Habemus papam ovvero lasciateci almeno l’utopia


L’idea era buona, e a un certo punto ho rimpianto due cose: la prima è stata quella di non avere avuto io l’idea di scrivere quel “giallo-thriller”, come lo definisce lo stesso Autore (ma conoscendomi, so che una tale idea poteva difficilmente venire proprio a me). La seconda è di non avere io alcuna probabilità di diventare papa per poter essere io a mettere in pratica, alla lettera, quello che si legge nelle 164 righe del discorso di insediamento del nuovo papa sul trono che fu di Pietro (pp. 247- 251, punto V).
Già da queste poche note, il lettore avvertito capirà che il “romanzo” di cui sto parlando è qualcosa molto sui generis, con risvolti di grande fascino e con intere pagine di non minori difetti. Un libro dove l’afflato profetico va spesso a scadere nell’anticurialismo a tutti i costi.
Dico questo perché, come mi sono sentito a volte intimamente coinvolto fino alla passione, così altre volte ho sentito un chiaro fastidio nel ritrovare parole, pensieri e accuse che sapevano troppo di convenzionale luogo comune. Assolutamente ridicola, per esempio, la trasparentissima contraffazione del nome e cognome di alcuni protagonisti (Burlone per Bertone; Patzinger per Ratzinger;
Avendo già liquidato ciò che del libro mi è piaciuto di meno, posso ora parlare dei suoi meriti. Premettendo che non sarà comunque una recensione, una nobile arte che mi è estranea. Se parlo di un libro (ed è raro) è solo per metterne in risalto ciò che particolarmente mi ha colpito, favorevolmente o sfavorevolmente. Di questo sottolineerò il grande fascino della disperata utopia che l’ha ispirato.
Utopìa: una grande parola per una delle supreme risorse dello spirito umano che ci consente di evocare quel luogo che non esiste (ū, non; tópos, luogo), ma nel quale vorremmo vivere: lo puoi però sognare, e quasi per incanto quel luogo incomincia ad esistere, almeno per te, e tu puoi vivere in esso.
Tale è la Chiesa che Paolo Farinella, prete genovese di solida e robusta formazione biblica, ha saputo crearsi come sua terra promessa e mai raggiungibile: l’isola dei suoi sogni, sulla quale egli stesso non potrà mai mettere piede, perché, semplicemente non è mai esistita, non esiste né mai esisterà.
Perché quando la fede cristiana diventò la religione dell’Impero, essa perse la sua verginità: i cristiani e la stessa Chiesa non faticarono molto a far propri tutti i vizi dell’impero pagano: ricchezza, sfarzo, ambizione, violenza, dissolutezza, immoralità fino alle peggiori perversioni.
Ciò che può apparire tristemente normale in qualunque gruppo o associazione di uomini, non può non sorprenderci quando lo ritroviamo in chi decide di ritrovarsi insieme nel nome di Gesù di Nazaret, di Colui che ha fatto dell’amore l’unico verbo universale e che solo nell’amore ha posto il segno che avrebbe distinto i suoi discepoli. A questo altissimo ideale d’umanità hanno sempre fatto appello e ricorso i cultori dell’utopia o della speranza cristiana (secondo i punti di vista), accusando di tradimento chi di questa utopia faceva lettera morta in nome della real politik. Ecco come l’Autore di Habemus papam esprime tutto il suo sdegno contro il mondo falso del carrierismo della Chiesa cattolica, mettendo in bocca al nuovo papa Francesco I il rivoluzionario proposito di abolire tutte le dignità e i titoli onorifici nella Chiesa: «Con il cardinalato che è la massima onorificenza che la Chiesa ha conferito fino a oggi, abolisco tutte le altre onorificenze religiose e laiche e titoli corrispondenti, dichiarando senza alcun valore tutti e qualsiasi titolo concesso fino ad oggi nella Chiesa. Monsignori, canonici, camerieri segreti e palesi, gentiluomini e cavalieri… nessuno ha più diritto di fregiarsi di riconoscimenti concessi da questa sede apostolica. La Chiesa di Cristo non ha titoli da concedere ai vanitosi del mondo, ma solo servizi da chiedere agli umili della terra.
«Inoltre stabilisco e ordino che da questo momento cessino i titoli di “santo padre”, “santità” (uno solo è Santo e tutti noi siamo peccatori), “eminenza”, “eccellenza”, “monsignore” ogni e qualsiasi titolo di qualunque genere e natura…».
È davvero incredibile come la Chiesa nel corso dei secoli riesca a metabolizzare ogni cosa che le capiti a portata di bocca. Per molto meno la Chiesa ha posto dei paletti inamovibili (sul matrimonio, sul divorzio, sulla vita sessuale dei singoli e della coppia ecc.), mentre di fronte a parole di una chiarezza abbagliante, sia riuscita nel corso degli anni a ingoiare di tutto e tutto digerire. Ma su questo tornerò prossimamente. Mi limiterò per ora a qualche esempio.
«E non chiamate nessuno padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23:9); conoscete un prete o un vescovo che protestino se li chiamate padre ?
«Ma voi non fatevi chiamare maestri, perché uno è il vostro maestro, il Cristo e voi siete tutti fratelli (cfr.Mt 23, 8.10); conoscete qualcuno che rifiuti il titolo di maestro o di professore o di guida (o padre) spirituale?
«Non accumulatevi tesori sulla terra… accumulatevi invece tesori nel cielo»: avete mai dato un occhiata ai Tesori delle cattedrali, dei grandi santuari, di San Pietro per esempio, specialmente a quelle parti non aperte ai comuni visitatori?
«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?… Togli prima la trave dal tuo occhio… » (Mt 7, 3-4): la Chiesa predica molto contro i peccati del “mondo”. molto meno agisce contro i mali che sono in essa, finché non vi è costretta dagli scandali.
Nel libro di Farinella c’è una cosa che mi ha disturbato parecchio; detto da me, che non ho mai lesinato critiche a Silvio Berlusconi, qualcosa può significare. Mi ha molto disturbato il pistolotto (che pure condivido pressoché al cento per cento) contro l’ex premier. 230 righe dedicate da un papa a un “poveruomo” di miliardario sono troppe sulla bocca d’un papa. E poi quando mai i papi fanno nomi? Tanto tutti capiscono. E in un discorso d’investitura.
Un’altra idea non felice è nella forzatura dell’aver voluto far coincidere l’elezione e l’intronizzazione di Francesco I con l’alba del terzo Millennio. Troppo recenti per tutti noi i ricordi di eventi indimenticabili già avvenuti in questo secolo: primo fra tutti i 5-6 giorni di ininterrotta processione di milioni di pellegrini sulla bara del defunto Giovanni Paolo II (reso qui con il nome di san Stanislao, vescovo di Cracovia e patrono della Polonia), reo di avere, in combutta con il card. Patzinger, ora suo successore, «distrutto la Chiesa smembrandola in riserve di caccia a beneficio di gruppi e istituti che volevano solo cancellare il Concilio Vaticano II e ritornare alla Chiesa pre-tridentina…» (neppure tridentina!). Operazioni del genere riescono solo se proiettate profeticamente in un futuro ancora lontano (George Orwell ambienta il suo celebre 1984 a ben 46 anni oltre l’anno della sua pubblicazione, il 1938).
Fu la convinzione profonda di tutta un’epoca: Ecclesia (est) sempre reformanda si predicò per tutto il medioevo. Il concilio provò a metterci le mani. L’impressione a volte è che ci si sia limitati a cambiare il trucco. Gli accorati appelli di Benedetto XVI invocano conversioni di ben altra profondità.