E il sole calò (finalmente) sul medioevo della chiesa


L’ho scritto già qualche mese fa: il 13 marzo, giorno dell’elezione di Francesco a vescovo di Roma, era nato, per la Chiesa il Terzo Millennio. Oggi mi sento di andare oltre e di dire che il 26 novembre di questo stesso anno, 2013, con la Evangelii gaudium, è finito, per la Chiesa il Medioevo cristiano.
Mi immagino i gridolini o i sorrisetti di protesta, i mavalà, esagerato!, per tanto poco! un’esortazione-apostolica, fosse almeno un’enciclica!.
D’accordo non è un’enclica, non è magistero straordinario, è solo un’esortazione apostolica: eppure sono pronto a scommetterci: ci sarà più Storia in quelle poco più di duecento pagine che in tutto l’oceano di pagine che sono state scritte dopo la fine del Vaticano II; qualcosa di tanto grande da poter farci dire che questo è un vero nuovo inizio, l’inizio d’un epoca anzi, più ancora, di un kairòs, d’un nuovo tempo di salvezza.
L’epoca che sta per finire è quella del Medioevo cristiano, anzi, meglio ancora, del Medioevo cattolico romano. O magari l’epoca del papato in stile medievale, magari, quello che tutti noi abbiamo conosciuto e che solo dal 1958, dall’anno in cui fu eletto papa Giovanni XXIII, ha cominciato a mostrare i suoi segni di cedimento.
Esagerato? Allora si leggano con attenzione, e le si metta bene a confronto fra loro, le due colonne, o box, che trovate ai lati di questa pagina. Vi troverete da mettere a confronto le parole di uno dei più grandi papi del medioevo cristiano, Gregorio VII, e quelle di papa Francesco, una sorta di reincarnazione dello spirito del Papa Buono, quello senza la cui rivoluzione nulla di ciò che è sarebbe stato.

Dictatus papae, di Pp. Gregorio VII (1078)

  1. Che la Chiesa Romana è stata fondata unicamente da Dio.
  2. Che il Pontefice Romano è l’unico che può essere di diritto chiamato universale.
  3. Che Egli solo può deporre o reinsediare i Vescovi.
  4. Che in qualunque concilio il suo legato, anche se minore in grado, ha autorità superiore a quella dei vescovi, e può emanare sentenza di deposizione contro di loro.
  5. Che il Papa può deporre gli assenti.
  6. Che, fra le altre cose, non si possa abitare sotto lo stesso tetto con coloro che egli ha scomunicato.
  7. Che a lui solo è lecito, secondo i bisogni del momento, fare nuove leggi, riunire nuove congregazioni, fondare abbazie o canoniche; e, dall’altra parte, dividere le diocesi ricche e unire quelle povere.
  8. Che Egli solo può usare le insegne imperiali.
  9. Che solo al Papa tutti i principi debbano baciare i piedi.
  10. Che solo il Suo nome sia pronunciato nelle chiese.
  11. Che il Suo nome sia unico in tutto il mondo
  12. Che a Lui è permesso di deporre gli imperatori.
  13. Che a Lui è permesso di trasferire i vescovi secondo necessità.
  14. Che Egli ha il potere di ordinare un sacerdotedi qualsiasi chiesa, in qualsiasi territorio.
  15. Che colui che Egli ha ordinato può dirigere un’altra chiesa, ma non può muovergli guerra; inoltre non può ricevere un grado superiore da alcun altro vescovo.
Evangelii gaudium, di Pp. Francesco (2013)

  1. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.
  2. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento.
  3. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.
  4. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova evangelizzazione marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.
  5. Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua.
  6. Un evangelizzatore non dovrebbe avere una faccia da funerale.
  7. Occorre recuperare la freschezza originale del Vangelo.
  8. Riformare le strutture ecclesiali perché siano tutte più missionarie.
  9. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato.
  10. La gioia del Vangelo deve riempire il cuore e l’intera vita di coloro che incontrano Gesù.
  11. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria.
  12. Si eviti una pastorale ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere.
  13. (Della nostra fede) ciò che deve risplendere è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto”.
  14. La Chiesa – scrive il Papa – è chiamata ad essere sempre la casa aperta del padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte”.
  15. Nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi.
  16. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli.
  17. La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.
  18. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori.
  19. Meglio una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità delle proprie sicurezze.
  20. Non si deve attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo.
  21. Non è opportuno che il papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutti i problemi che si prospettano nei loro territori.
  22. Le Conferenze episcopali diventino soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale.

Altre 5 perle

  1. La chiesa in uscita: La Chiesa deve uscire da sé stessa e andare verso coloro ai quali è stata inviata.
  2. No a un’economia dell’esclusione e dell’iniquità, a una economia che uccide e all’idolatria del denaro.
  3. Sì alla promozione del laicato e a più larghi spazi per “una incisiva presenza femminile nella Chiesa”.
  4. No alla mondanità nella Chiesa, anche camuffata sotto “drappeggi spirituali o pastorali”.
  5. Sì alla dimensione sociale nell’azione della Chiesa: “Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete di prostituzione, nei bambini che utilizzi nell’accattonaggio, nei lavoratori non regolarizzati?

Da una parte Gregorio VII, dicevo: 27 frasi che hanno tutte un solo pensiero: il vescovo di Roma, al di sopra di tutto, punto di riferimento per tutto ciò che è ecclesiale, le cui prerogative vengono affermate in modo quasi inverecondo, senza traccia di modestia, preoccupato solo di non dimenticare nulla che possa tornare a sua grandezza, autorità e potere assoluto.
Non vi cito questa o quella in particolare: è l’insieme che va considerato, degustato, per poi sentirsi venire in bocca un non so che di amaro, di torbido, che ti obbliga al rifiuto, al rigetto.
Ventisette canoni tutti incentrati solo sui poteri del papa, sulla sua suprema autorità davanti a tutti gli altri poteri, fossero essi degli imperatori e dei re, dei nobili e dei vassalli, dei vescovi e dei preti, dei laici e dei religiosi. Ventisette canoni per dire lo scarto di potere fra lui, il papa, e tutti gli altri.
E ora si passi alla Evangelii gaudium (59 volte ritornerà questa parola, dicono le recensioni), dove si parla solo di gioia, di servizio, di apertura, di Chiesa in uscita da sé stessa verso il mondo, di incontro, di solidarietà, di letizia visibile e permanente. Non una parola sul dogma, non una sul peccato se non come fonte di tristezza e mai come causa di pena eterna.
E quando parla della Chiesa, le parole di Francesco non rivendicano mai i suoi meriti e le sue prerogative; al contrario le ricorda con incalzante insistenza i suoi doveri di gioiosa evangelizzazione, di testimonianza fedele, di benignità verso i peccatori, di attenzione agli ultimi, di comprensione per le debolezze e gli errori dei fratelli, la sollecitudine per le gravissime difficoltà che troppi di loro incontrano nell’affrontare le difficoltà del momento storico presente; e l’urgenza di farsi vicini a quanti non riescono più a far fronte ai loro impegni.
E verso gli irregolari nessuna parola di condanna, piuttosto di comprensione, di partecipazione: e domanda di perdono per tutte le volte che non abbiamo saputo né comprenderli né aiutarli; per tutte le volte che siamo stati come certi cattivi maestri che lo scolaro meno capace e magari più discolo, abbiamo preferito mandarlo fuori di classe o dietro la lavagna. E mai a nessuno si chiedeva se pagava il giusto all’operaio, se “si faceva” la domestica o l’operaia o la contadina, perché come fai a fare queste domande al padrone, al conte, al dottore che poi non ti faranno più le generose offerte con le quale sperano di lavarsi la coscienza?
Ecco capite? Ora sembra che questa stagione stia per passare, che la Chiesa vorrà davvero cambiare, che vorrà interessarsi a ciò che veramente è importante: per lo meno possiamo sperarlo.
Grazie Francesco: il mondo ti aspettava! E ora che sei arrivato, continua a colpire a destra e a sinistra, dovunque ci sia bisogno, e non preoccuparti: ’ndo coji coji, coji sempre bene.
Dio ti benedica Francesco. Ad multos annos!

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