Fuga dal matrimonio? No: oltre il matrimonio


Le ultime notizie dal fronte della famiglia parlano di una Caporetto: da un articolo di Maria Novella De Luca su laRepubblica (2 giugno 2015): «La festa è finita. Fiori d’arancio, fedi, cerimonie, viaggi di nozze, pranzi di parenti e liste di regali: storie di ieri, riti appassiti. I giovani non si sposano più. Né al Nord e neppure al Sud. Amore sì, ma niente contratti». Né religiosi né civili. «Un crollo vertiginoso. Nel 2013 solo 194.057. Erano 50.000 in più solo 10 anni fa». Quanto a quelli religiosi, in Italia un vero crollo: in soli 5 anni 40.000 in meno. E fra poco i matrimoni civili saranno più di quelli religiosi.
Mai così pochi i matrimoni, mai così in basso la stima per il matrimonio; per quello religioso in particolare.
Fino a qualche anno fa, le famiglie facevano un po’ da freno; oggi non più. I genitori si sono rassegnati. Ai giovani importa poco: “Affari loro. A noi sta bene così. La vita è nostra. Decidiamo noi di noi stessi. Gli altri se ne faranno una ragione”.
“E poi non è detto che non ci sposeremo mai. Un giorno forse. Anzi, senz’altro. Ma un matrimonio non è una macchina: il rodaggio noi lo facciamo prima. Poi decideremo. Quanto ai pochi soldi che abbiamo, non li butteremo certo in quel modo. Festa di matrimonio! C’è niente di più noioso?”. Mi dici: vuoi mettere l’emozione della prima notte? “Ma quale prima notte? Se dormiamo insieme già da un secco di tempo”. Ma erano sempre abbracci rubati, di nascosto! “Ma quando mai? Noi – a casa mia, (a casa sua è lo stesso) si dorme sempre insieme. E la mattina la mamma ci rifà anche il letto. Al mare andiamo sempre insieme e non è che prendiamo due camere. Una camera e un letto va benissimo per tutti e due: a letto siamo più vicini e risparmiamo qualcosa sulla camera”.
E se vi viene un figlio? “Se ci va, lo teniamo. Dicono che solo venti- trent’anni fa erano tragedie: oggi figurati! Anzi può darsi che faremo matrimonio e battesimo insieme: la festa sarà più bella e risparmieremo qualcosa anche lì. Tanto un prete che ce lo fa lo troviamo sempre! Non sono mica tutti come quello scojonato del prete di Casalina che dice sempre che il matrimonio si fa in due e non in tre e che se c’è il bambino, per carità, lo portino pure, ma il battesimo è un’altra cosa. Cita anche la Bibbia: dice che per ogni cosa c’è un suo tempo! Ma c’è rimasto lui solo a pensarla così”.
L’ho presa un po’ lunga ma è della famiglia, questa grande malata, che oggi volevo parlare: della famiglia cristiana in particolare, aggredita com’è da ogni parte da fattori patogeni da cui è sempre più difficile difenderla.
Tanto più difficile in quanto è la malata stessa (la famiglia) che non vuol sentir parlare dei suoi mali, quasi che bastasse il silenzio per esorcizzarli. Proprio come certi malati che non vogliono mai che si parli del loro male. “Ma che male e male! Io sto benissimo!”. Tanto che a furia di star benissimo va a finire che si muore.
In un libro che spero di poter pubblicare fra poco, (titolo Il Matrimonio “oltre”) scrivo : «Che la famiglia sia in crisi, tutta l’istituzione famiglia così come concepita e vissuta nell’Occidente di cultura cristiana tradizionale, è un fatto. Lo sanno tutti, lo dicono tutti, lo scrivono tutti. E naturalmente tutti concordano nel dire che da questa crisi potrebbe nascere e derivare una delle trasformazioni più radicali e profonde della storia della civiltà cristiana ( e non solo) dell’Occidente… Attorno al capezzale di questa illustre malata, la famiglia, si affollano medici di ogni specializzazione possibile. Ognuno emetterà la sua diagnosi e, con la diagnosi, metterà a disposizione le sue ricette e la sua prognosi».
Tra i clinici più assidui, solleciti e prodighi di consigli e di rimedi, ci sarà certamente la Chiesa, con i suoi doctores (papa, cardinali, vescovi, teologi e giù giù fino all’ultimo parroco in cura d’anime). Dalla parte opposta del letto altri dottori delle più varie scienze (sociologia, psicologia, medicina, antropologia, ecc.)».
Tra questi “altri” specialisti mi limiterò qui a citarne uno, Jacques Attali, intellettuale francese assai noto, che dà come prossima la fine della famiglia monogamica, ipotizzando una società con molteplici immagini o tipologie di famiglie, dalle più aperte alle più tradizionali; modelli nei quali i concetti di monogamìa e monoandrìa e lo stesso concetto di fedeltà coniugale potrebbero divenire un optional fra i tanti possibili».
Partendo dal fatto che storicamente l’umanità ha conosciuto e tuttora presenta innumerevoli modelli di famiglia: (matriarcale e patriarcale, monogamico e poligamico, monoandrico e poliandrico, dissolubile e indissolubile; famiglie fondate sull’idea della gelosa esclusiva sul partner e famiglie dove è praticata l’offerta della moglie o d’una delle mogli all’ospite come segno di cortesia e d’ospitalità, Attali arrivava a decretare la definitiva “cancellazione” «dell’ utopia cristiana e della norma borghese» dell’ indissolubilità e della fedeltà coniugali.
In cambio, Attali parla di un’era ormai non più lontana che riconoscerà «un matrimonio provvisorio per contratto; un’era del poliamore, della polifamiglia, delle polifedeltà in cui ciascuno sarà fedele a diversi membri di uno stesso gruppo dalle sessualità molteplici».
Intanto siamo arrivati (e questo sembra un po’ una conferma alla “profezia” di Attali) alla famiglia omosessuale, cui seguiranno, si può esserne certi, altri profondi mutamenti del quadro culturale e istituzionale del matrimonio e della famiglia tradizionali. Quanto tempo impiegheranno i transgender a chiedere uno statuto matrimoniale anche per loro, o per lo meno a poter rientrare in quello per i matrimoni omosessuali?
Potremo a quel punto, noi cattolici, dichiarare guerra al mondo intero? Una guerra totale con il mondo non cristiano, oltre che non cattolico? Già, perché i non cattolici, almeno nel mondo protestante, si sono già aperti alle novità del nostro tempo. Potremo scomunicare tutti? Togliere la comunione a tutti? Mandare tutti all’inferno? Riservarci il paradiso in esclusiva?
Il minimo che si potrebbe dire, se si volesse seguire questa strada, è che si tratterebbe di un suicidio collettivo per la nostra fede, e il buon Dio avrebbe ragione di dirci che non per condannare gli uomini egli ha mandato il suo Figlio a morire su una croce, ma per salvarli tutti. TUTTI!
Bianca, una donna che mi ha aiutato in casa per almeno una decina d’anni e che aveva un vero genio per le metafore, era solita dire, quando sentiva qualcuno che parlava male di un giovane: «Si vede che a lei/lui non ha doluto il corpo quando quel poro figlio è nato!», volendo dire con questo che se l’avesse partorito lei/lui, non parlerebbe così di quel ragazzo. Credo che Dio potrebbe dire la stessa cosa anche a noi, così pronti a decretare peccati mortali: “fai bene a difendere la mia legge, mai fai male a condannare. Se tu avessi dato la tua vita, come io ho dato mio Figlio e lui ha dato la sua vita per tutti voi, prima di condannare qualcuno all’ inferno ci penseresti almeno settanta volte sette!».
E noi di rimando: “Ma che dovremmo fare, assolvere sempre tutto e tutti?».
E Lui: “Lasciate il giudizio a me. Sarà meglio per tutti. Anche per voi».
Questa è la mia risposta, a cui sono arrivato con una intera vita, e dalla quale spero d’essere accompagnato fino alla mia morte.
Quanto alla Chiesa continui sempre a predicare il Cristo e la sua parola: questa è la sua missione: la profezia, non il governo. A lei la Parola, agli uomini il governo. Dà a Cesare quello che è di Cesare, se vuoi che gli uomini diano a Dio quello che è di Dio.
«Quanto a te, Chiesa, ti mando a dire: continua a predicare la bellezza dell’amore cristiano, ma se gli uomini preferiranno la cicuta, lasciagliela bere. Tanto ci sarò ancora io, per tentare un salvataggio in extremis. Magari in articulo mortis. Hanno la testa dura, è vero, ma prima o poi capiranno. Tu predica pulizia; la polizia invece non è per te».

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