Invecchia bene chi sa ricordare il futuro

Lasciato a secco dall’attualità (non vorrete mica che mi dedichi ai casi della Bindi e del PD) mi rifugerò, per una volta in me stesso, nel mio OLTRE.
Oltre che cosa? Oltre l’oggi e lo ieri verso il domani e il dopodomani.
Oltre il già fatto verso l’ancora da fare.
Oltre la memoria verso il futuro.
Oltre il ragionevole verso il sogno.
Oltre la realtà verso l’utopia,
Oltre la vecchiaia nella quale ho già messo il primo piede (presto ci sarò dentro anche col secondo) verso l’eterna giovinezza.
Una mia affezionata lettrice mi fece sapere, due o tre anni fa, dopo il terzo articolo che avevo dedicato alla bellezza della vecchiaia, che lei ne aspettava ancora un quarto. E questo è il quarto.
Più vero ancora di quelli, perché frattanto mi sono addentrato ancora di più nella quarta età. Ormai son già su quella “detestata soglia” che l’infelice Giacomo Leopardi impetrava (ottenendolo) di non dover mai varcare. Io invece, che ormai ci son quasi dentro del tutto, non me ne dolgo affatto. Non so, come nessuno lo sa, cosa mi riserveranno gli anni che mi aspettano. Mi ci preparo ripetendo spesso “sia fatta la Tua volontà”, ma senza rinunciare a cercare di viverla, momento per momento, sino in fondo. E mi sono scelto la guida, la mia Beatrice che è poi la mia MEMORIA. Una MEMORIA DE PAETERITO (memoria del passato) che è anche una MEMORIA DE FUTURO (memoria del futuro). Sì perché alla mia Beatrice chiedo che mi sia sempre presente con tutto il passato che ho amato e che mi ha amato, e mi prepari a tutto il futuro che io intendo amare con tutto me stesso, sperando d’esserne ricambiato dello stesso amore che io gli porterò come dote nuziale.
Con il mio passato, infatti io vivo ogni momento della mia giornata; e delle persone che ho amato e che mi hanno amato sono piene le mie giornate e soprattutto le mie preghiere. Non solo nel senso che io prego per loro, ma anche e soprattutto nel senso che con loro io prego, lavoro e viaggio sì che grazie a loro io non sono e non mi sento mai solo. E a loro chiedo la stessa cosa: di starmi sempre vicine/i, continuando a fare ciò che facevano allora: consigliarmi, aiutarmi, confortarmi.
Caso patologico, il mio, di una sensibilità esasperata, malata, insicura? Spero tanto di no. I giudizi che dagli altri mi giungono, mi dispensano dal pensarlo. E su tutto, il pensiero di un Dio che mi ha sempre condotto, che mi ha sempre risparmiato non tanto di sbagliare (di sbagli ne ho già fatti fin troppi e fin troppo grandi!) quanto di continuare a risparmiarmi di doverne pagare le conseguenze, mettendoci Lui una pezza, come ha sempre fatto finora… e che pezze!
E ora è sempre Lui che, avendomi preso ancora per mano, mi sta guidando su una strada che promette di potermi portare oltre ogni paura di invecchiare.

Andare OLTRE! Ecco la parola chiave che mi consente di non provare angoscia all’idea di invecchiare.

OLTRE! Senza guardare mai indietro se non per evitare di rimettere i piedi nelle stesse buche o sulle stesse trappole sulle quali sono già caduto o ho già messo il piede una volta e che tanto male m’han fatto.

È tanto diventata per me una parola d’ordine la parola OLTRE!, che ho voluto metterla a logo d’una breve serie di libri di liturgia in cui vorrei in qualche modo racchiudere l’intima essenza di tutto quel pochissimo che ho potuto e saputo fare nella mia vita di docente di Liturgia ad Assisi e nelle varie Università e Facoltà teologiche romane nelle quali ho insegnato. Un logo che mi ricordi sempre una vocazione e un impegno: andare sempre OLTRE ; OLTRE il già fatto, il già ottenuto, il già conseguito, verso nuove mete e nuovi traguardi.
SACRAMENTI Oltre il titolo della breve serie. «Oltre che cosa? Oltre i sacramenti soprattutto. Oltre i sacramenti tridentino modo concepiti e vissuti. Oltre l’età della sacramentalizzazione soprattutto. Oltre i sacramenti senza i quali non c’è salvezza. E poi, sacramenti oltre la crisi, naturalmente: quella crisi che ci fa vedere i confessionali vuoti, i matrimoni civili che ormai cominciano a prevalere sui matrimoni religiosi; che non fa più chiedere da nessuno il sacramento dell’unzione degli infermi, e calare il numero dei battesimi e soprattutto della cresima; che rende vuoti gli altari, le parrocchie, i conventi, i monasteri».
Un Oltre come quello che invoca con accorata insistenza papa Francesco quando invita la Chiesa, in maniera certo infinitamente diversa da come posso e so fare io, a uscire dal seminato degli ultimi secoli per preparare il terreno anche a nuove colture. Ogni buon agricoltore sa che è imprescindibile regola per garantire a ogni terreno la migliore produzione di variare ogni anno le coltivazioni: un anno a grano, un anno a girasole, un anno a tabacco, e così via. Sono cinque secoli che la Chiesa insiste sempre sulle stesse parole, sugli stessi concetti, sulle stesse verità, ritenendo tutto questo una prova di fedeltà alla dottrina e a sé stessa. Eppure è dimostrato dai fatti che tutto questo non basta a frenare il movimento franoso verso il basso che aggredisce un po’ tutto, strade, muri, palazzi, campi, paesi interi e soprattutto le città, tanto che ormai i nuovi pagani (lo scrivevo solo 8 giorni fa) cioè gli ancora credenti, li trovi solo nelle campagne. Per le grandi città, infatti, si parla di percentuali che quasi mai vanno oltre il 7-8 per cento. D’accordo, non è che chi non va quasi mai, o mai del tutto a messa sia diventato un ateo, ma certo è quella la strada.
Ma ecco che un papa che non parla più in dogmatico, né in esegesbiblico, né in moralsessuofobico, in appena due anni ha fatto riaccendere sulla Chiesa tutti i già spenti riflettori del pianeta, e alle sue parole il mondo intero torna a drizzare le orecchie per non perderne una sola, né a lasciarsi sfuggire uno solo dei suoi gesti, interessato anche solo ai suoi tic (mi si scusi l’affettuosa irriverenza) cioè i suoi baci dati a destra e a manca, a bambini, portatori di handicap, vecchi, malati. barboni, immigrati e via dicendo. E che non si preoccupa della sua sicurezza tant’è che non vuol saperne di papamobili blindate, né di scorte, né di macchine di rappresentanza ecc. ecc. Ed ecco che con lui piazza san Pietro, che non è proprio una piccola piazza, è sempre gremita, e poveri e immigrati e barboni vanno sotto il colonnato di San Pietro a farci perfino la doccia ed entrano nella nuova grande aula delle benedizioni e delle udienze per assistervi a un grande concerto voluto dal papa stesso proprio per loro, per assistervi stando seduti sulle poltrone dove in genere siedono capi di Stato e di governo, cardinali e vescovi, politici e diplomatici.
Ecco quello che io chiamo un papa OLTRE! che sa andare OLTRE e che è, lui stesso, già anni luce OLTRE!
Ed ecco quello che io vorrei fosse anche la mia vecchiaia, questo scampolo di vita che ancora mi resta e che vorrei impiegare per raggiungere e se possibile superare tutti quei limiti che non ho saputo o potuto raggiungere fin qui, in parte per colpa mia, in parte a causa dei limiti che mi sono stati imposti e che ho dovuto subire. Perché la vecchiaia, se è lucida e libera, ti permette anche questo: di non aver più paura di niente, se non della tua stessa paura e della tua inautenticità.
Ecco cosa intendevo dire con quella specie di ossimoro contenuto nel titolo. Si può forse ricordare il futuro, qualcosa che non è ancora mai stato? Certo che lo si può, anzi lo si deve! Perché se non ricordi ciò che hai sempre sognato, ti condanni a una vecchiaia di insignificanza e di squallore ideale. Invecchiare, allora, significherà dar vita e realtà a tutti i sogni, ai propositi, ai progetti che hai sempre dovuto tenere chiusi nei tuoi cassetti per obbedienza o per paura, per disciplina o per opportunità, per prudenza vera o per vile calcolo.
Perché talvolta sarà difficile sapere per quale vera ragione hai taciuto non hai fatto.
Varcate le Colonne d’Ercole potrai allora ricordarti del sommo Poeta che esorta anche te: “fatto non fosti a viver come bruto, ma per seguire il sogno. E la speranza!”.


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