Habemus Papam? Habemus! Habemus!! Habemus!!!

Da un minuto erano passate le 19,00, e ancora non si vedeva nulla nella piccola finestra costantemente aperta nel teleschermo mentre andava in onda la diretta dalla piazza San Pietro. Allora ho detto a me stesso: Habemus Papam! E papa fu!
E adesso mentre incomincio a scrivere queste poche note, improvvisate, emozionate, confuse, le urla della gente stanno dando compimento a quello che scrivevo ieri sera: «e tutto il mondo fuori ad aspettare che venga fuori quel nome, e che quel nome risuoni da un balcone aperto sul mondo, dopo che “un fil di fumo bianco” (all’anima del fil di fumo: pareva lo Stromboli!) sarà uscito dal tubo di rame sul tetto della cappella più famosa del mondo, e una piazza gremita di gente venuta dai quattro punti cardinali proprio per vedere quel comignolo e il filo di fumo bianco che ne sarebbe uscito e un balcone che s’apre e uno di quei 115 gamberi rossovestiti che s’affaccia e che dice al mondo Habemus papam…».
Ecco mi rivedevo proprio laggiù, quando elessero il papa buono, Giovanni XXIII: era il 1958; e ancora lì cinque anni più tardi, per Paolo VI, ed era il 1963! Quanti anni passati e ancora la stessa emozione di allora, in attesa che ciò ch’ha da essere sia.
Ora l’orecchio alla televisione e l’occhio alla tastiera, intanto che scrivo scorrono i minuti in attesa che la finestra si apra e che il cardinale protonotario si affacci che dica al mondo, proprio come allora «Habemus Papam» e allora l’urlo esploderà come scrivevo ieri: «E in quel momento si scioglieranno le campane di San Pietro, e allora la piazza esploderà in un urlo, un boato che farà invidia al cielo quando più brontola e tuona, perché anche la piazza sarà un tripudio di luci e lampi e folgori di gioia, da ogni parte». Tra poco, giusto una mezz’ora, quell’«omino, lassù che si vede e non si vede: una piccola macchia bianca per chi è in piazza, e un volto ben chiaro per me e per chi come me sarà alla televisione e tutti grideranno, rideranno, piangeranno, si daranno di gomito, cantando, saltando; e via foto e lampi come in una notte di tregenda o di festa grandissima.»
«E quell’omino lassù tremerà tutto, verga a verga, non sapendo che fare, che dire, che pensare, se piangere o ridere, se gioire o morire, di paura o di gioia, se benedire o chiedere benedizione… perché non sa chi ne ha più bisogno, se quella gente laggiù… o proprio lui… lassù… su quel balcone… tanto vicino a Dio… da far paura!».

«Chi sarà…che dirà… che farà… in quei fatali minuti… E poi quel nome!» Già, che nome sarà? Chi sarà l’eletto, chi sarà il benedetto di Dio, se hai ancora il coraggio di dirlo, di pensarlo benedetto, dopo che proprio un Benedetto, il XVI di questo nome, ha lasciato e ora se sta lassù a Castelgandolfo a guardare da spettatore le stesse scene che lui ha già vissuto, che se le è dovute rimangiare tutte fra le lacrime e i gemiti dopo otto anni di passione!
E intanto ha anche smesso di piovere, una carezza del buon Dio al nuovo papa, e la piazza già lastricata d’ombrelli ora è lastricata di teste a centinaia di migliaia, tutta via della Conciliazione è gremita di folla, quasi un Tevere in piena, quando le sue piene facevano paura perché riempivano di tre-quattro metri d’acqua melmosa tutto Borgo Pio lasciando a mollo tutto quello che non facevi in tempo a portare di sopra.
Ma ora ecco che la finestra del balcone s’accesa. L’Aula delle Benedizioni è tutta illuminata. La gente grida applaude invoca il nuovo Papa! Ora s’apre la finestra: guardo il mio orologio: le 20,14. Il cardinale protonotario annuncia Habemus papam, il suo nome è Jorge Mario Bergoglio, ma si chiamerà FRANCESCO! No! non mi dire! Il mio desiderio s’è avverato! Chi mi legge mi è testimone. Ieri l’avevo invocato.
Gesuita, come il card Martini, il mio cardinale. Francesco come il santo d’Assisi: a proposito non era umbro anche Benedetto?
Dunque Umbria caput ecclesiae e dunque un po’ anche caput mundi! Che dite? Che sto vaneggiando? Può darsi, che volete la paura è passata (un altro cardinale di curia!) una speranza s’è compiuta (un cardinale dal mondo della teologia della liberazione), sì, d’accordo, non capisco più niente, non so più cosa dire, lasciatemi solo godere questo minuto di cielo. Volevo un francescano che somigliasse a un gesuita (come il mio Martini): ho avuto un gesuita che somiglia a un francescano. Che volete di più? Grazie, grazie mio Dio. Per oggi basta. al resto penseremo domani. Domani è ancora un altro giorno.


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