Le mestizie d’un povero italiano


Non è un bello spettacolo, quello che vediamo svolgersi davanti ai nostri occhi come l’ennesimo remake d’un brutto sceneggiato TV, con solo qualche variante per confondere le carte e sconfiggere la noia.
Ti viene anche da dire, in un momento di disperazione: Dio, come siamo caduti in basso! E, nota bene, questo non potrà essere detto un nominare il nome di Dio invano, perché questo vuol essere proprio un invocare Dio perché ci metta lui una pezza. Con questo ci si vuole anche inserire nella grande tradizione profetica della Bibbia, dove Dio viene invocato perché metta lui le mani dove gli uomini hanno fallito, impedendo magari agli stessi di peggiorare ancora le cose, rendendole così del tutto irrimediabili.
Perché proprio a questo punto siamo ridotti. Il popolo che ha saputo per primo dare forma al diritto dei popoli, si è degradato a tal punto, che il suo Presidente, suo Capo e sua Bandiera, non trova più “una pietra dove posare il capo” senza paura di imbrattarselo di belletta nera. Male, se si volta verso quello che un tempo fu il suo campo di militanza: “hai ragione, ma non parli per noi”; peggio, se si rivolge al campo avverso: “già, tu sei sempre stato dei loro”.
Quanti mesi è che starnazziamo nel fango come oche impazzite? Quanti mesi che assistiamo a spettacoli “osceni” (dove l’aggettivo ‘osceno’ va inteso in entrambi i significati che l’etimologia gli riconosce: “di cattivo augurio” il primo; offensivo del pudore e della decenza il secondo). Perché tutti e due questi significati sono oggi presenti nell’oscenità imperante nella politica italiana.
Ne citerò solo qualche esempio, a memoria, tenendo a dire che molti ne tralascio per non farvi far notte nel leggerli: le escort e la D’Addario, Fini e Berlusconi, Fini e Montecarlo, Pionati e Scilipoti, Ruby e lo zietto Mubarak, bunga bunga e barzellette blasfeme, il Bossi celodurista e il Maroni furioso; il baciamano all’amico Gheddafi con la variante leggera delle bombe su Tripoli; La Russa col vaffa a Fini e il Luka…chi? E siamo solo alla prima delle due parti in causa.
E dall’altra? Beh, per la verità c’è molto meno da dire; non perché sia migliore, ma solo perché l’altra parte è solo un trucco, e come ogni trucco che si rispetti, intanto non sai se c’è, ma se anche c’è non lo vedi proprio. Làtita.
Ancora: il governo va avanti grazie a uno stuolo di “energumeni” (anche qui solo nel senso strettamente etimologico di “posseduti”): posseduti, conquistati dal leader carismatico, dall’unto del Signore, dal taumaturgo che le grazie e i favori li elargisce a richiesta: a te 10.000, a te 55.000, a te un posto in parlamento, a te un sottosegretariato, a te un ministero; a te basta un posto da velina? eccotelo; tu un posto a Strasburgo? subito. Insomma, tutti col capo, per la vita e per la morte.
All’opposizione, invece, regna un sabba degli zombi, dei fantasmi, un gioco delle parti dove tutte le parti sono uguali, una sola battuta, sempre la stessa su tutte le bocche, su tutti i teatri, le piazze, i talk show, sempre gli stessi: “Berlusconi se ne deve andare, faccia un passo indietro o la spallata gliela daremo noi!”. Ma lui sta sempre lì che non si muove – e perché dovrebbe, se nessuno lo caccia? Che paura può fargli un’opposizione che ha vinto le elezioni due volte e per due volte ha buttato la vittoria dalla finestra e con la vittoria ha defenestrato anche il governo Prodi, l’unico che il Cavaliere l’aveva sempre sconfitto?
Così in questo paese, dove la politica vera làtita (proprio come l’opposizione) e il “do ut des” ha preso il suo posto; dove la fedeltà al mandato ricevuto dagli elettori è un optional che ben pochi si permettono; dove l’occhio è posto sempre sull’altro piatto della bilancia per vedere se c’è sopra qualcosa per cui valga la pena d’un altro giro di valzer…perché se qualcosa c’è, allora certo che balleremo ancora…
Erano partiti in tre, e ora sono in 29 alla camera, con la speranza d’essere presto in 35. “Responsabili” si chiamano. Ma non si sa di che.
Del ribaltone, forse? Perché certo d’un ribaltone si tratta. Non ha usato il termine, Napolitano, ma il concetto è chiarissimo. La maggioranza non è più la stessa, ha detto. “Quando mai?”, riparte la domanda. “Da quando è cambiata la base elettorale”, insiste il Capo dello Stato.
“Non esageriamo, Presidente; al massimo 29 ribaltini, piccoli piccoli, uno ogni tanto. E poi i ribaltoni fanno cadere i governi, mica li salvano come abbiamo fatto noi Responsabili”. “L’unto del Signore” l’abbiamo salvato noi. Noi “Responsabili” non siamo come i fedifraghi leghisti del 1995, che del ribaltone fecero un’arte. Noi difendiamo le istituzioni e il diritto divino dell’investitura popolare, perché è verità di fede che la voce del popolo è la voce stessa di Dio (vox populi, vox Dei).
Niente di più meritato dunque di questi nuovi sottosegretari che vengono a premiare i nostri sforzi e di altri come noi. Anzi, ne premieremo degli altri, ma non c’è fretta: lasciamo passare le elezioni. Così parlò Scilipoti.
Intanto la storia va avanti, anzi “quasi indietro”. Così ci si sta avvicinando ai magnifici 102 di Romano Prodi. Fu un vero exploit, non c’è che dire. Solo che allora furono lazzi e sghignazzi, oggi “tutto va ben, madama la marchesa”. Io avanzerei solo una domanda: quanto costerà al contribuente questa ventina di inutili scalda-poltrone? Bah!
Qualcuno penserà con fastidio: il solito pistolotto contro il premier, ma non è così. È uno scoramento amaro, quasi un grido di disperazione sull’orlo d’un abisso dal quale ormai non si sa più chi ci potrà o chi si potrà salvare. Se quest’uomo, il Cavalier Silvio Berlusconi (certo un uomo tutt’altro che banale), sulla scena politica da assoluto protagonista ormai da 18 anni, avendo governato ininterrottamente per una legislatura, e da tre anni al governo con una maggioranza quasi bulgara, non è riuscito a farci decollare oltre le secche nelle quali ancora ci dibattiamo, chi ci potrà aiutare in futuro? Quest’ “uomo della Provvidenza” (don Verzé dixit) ha avuto a disposizione tutto per lasciare il suo segno di gloria a questo che dal 2013 sarà ricordato come il suo “ventennio”; ma lo sta concludendo nella maniera peggiore: se dunque non è riuscito lui, chi potrà trarci fuori dalle sabbie mobili nelle quali stiamo perdendoci?
Non certo l’opposizione, questa opposizione, cui Napolitano ha dovuto mandare a dire dal fu socialista Antonio Giolitti che “bisogna essere alternativi, credibili e praticabili o si resta all’opposizione”. Ma se non l’hanno ancora capito, statene certi, non lo capiranno neppure domani.
Neppure la Chiesa potrà darci una mano, se continuerà con la realpolitik dei Ruini, dei Bertoni, dei Fisichella; una politica del con-una-mano-do-con-l’altra-prendo che solo negli ultimi due o tre mesi (dopo gli scandali del bunga bunga e delle barzellette oscene o blasfeme del premier) sembra cominciare a vacillare.
Il pericolo è che tutti insieme, questi “protagonisti” della nostra sciagurata età, ci lascino in mano ai cultori del nuovo dio, l’unico che riesca a mettere tutti d’accordo nel rendergli culto: lo spietato e crudele MAMMONA che solo del sangue e della carne dei poveri si nutre, perché i ricchi sapranno sempre come sfuggire ai suoi denti e ai suoi artigli, i poveri mai.

, , ,