Etero o omo: crescita vera o delirio estivo?

Così parlò il Luminare! Chi potrebbe mai contraddirlo? Umberto Veronesi ha parlato: al mondo non resta che ascoltare. E riverire. E tacere. Ipse dixit.
In realtà, un primo sgradevole effetto, il prof. Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale, lo ha già ottenuto: mi ha costretto a sentirmi d’accordo, anche se solo in parte, con il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Carlo Giovanardi, il quale liquida le dichiarazioni dell’illustre medico con due pesanti giudizi: «vaneggiamenti» e «delirio estivo».
Da laRepubblica di venerdì, 24 giugno; il grande clinico si domanda: «L’amore più puro?». La risposta è già pronta, naturalmente,. «Quello omosessuale. Al contrario di quello eterosessuale, strumentale alla riproduzione. L’omosessualità è una scelta consapevole e più evoluta. Oggi la nostra cultura globale ci conduce verso il tramonto di ogni forma di intolleranza nei confronti delle diversità, sessuali, etniche e religiose».
Secondo lo scienziato, nell’amore eterosessuale una persona dice all’altra «io ti amo non perché amo te, ma perché in te ho trovato la persona con cui fare un figlio». Perbacco: non ci avevo mai pensato!
Il grande chirurgo evidentemente deve vedere in questo desiderio di un figlio un aspetto utilitaristico che basta da solo a indurlo a negare all’amore eterosessuale quella nota di sublime gratuità che invece sarebbe garantita dall’amore omosessuale, gratuito proprio in quanto sterile. In questo secondo amore infatti, si ama l’altro «perché più vicino con i pensieri, la sensibilità e i sentimenti più prossimi ai miei».
Il Professore, non è un determinista, e non fa risalire «l’attrazione omosessuale alla “chimica”», facendone una sorta di ineluttabile destino: se sono fatto così, se la mia costituzione chimica è questa, che colpa ne ho io? E che posso farci? No, Veronesi non ci sta: «Aver qualcosa di chimico dentro, che spinge verso l’eterosessualità o l’omosessualità vorrebbe dire che uno è predisposto e che geneticamente nasce già omosessuale. Questo non lo penso. La sessualità si diffonde in rapporto agli stili di vita, alla cultura del momento, ed è anche un atteggiamento contagioso», dichiara lo scienziato. E su questo sono con lui.
Che ne penso io?
Mi rifarò dall’inizio. Umberto Veronesi è uno scienziato, e se dovessi discutere con lui di medicina rimarrei in riverente ascolto di ogni sua parola, data la mia assoluta ignoranza in materia.
Ma Umberto Veronesi non è né un filosofo, né un moralista. Questo non vuol dire certo che non abbia il diritto di parlare di amore, di sesso, di coppia, di famiglia e di figli. Questo vuol dire solo che su tutti questi argomenti penso di avere titoli per dire anch’io ciò che ne penso.
Per esempio, che mi meraviglia non poco che un uomo della sua cultura dica che “l’omosessualità è una scelta consapevole e più evoluta”. Egli non ignora di certo che l’omosessualità tutto è meno che una invenzione culturale recente. Da che mondo è mondo è stata praticata, lodata, esaltata, in particolare nel mondo greco e in quello romano: personaggi fra i più grandi della storia: Alessandro Magno (che morì forse di dolore per aver perduto l’amatissimo Efestione), Giulio Cesare (che fu, secondo Cicerone, «marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti»); Nerone (di cui si sa che fra un’Agrippina e una Poppea, mogli “legittime”, egli non ha disdegnato le nozze con due uomini, fungendo con l’uno da “moglie” e con l’altro da “marito”).
Anche fra le donne l’omosessualità era praticata, dove più dove meno ma la letteratura in proposito è assai più limitata. L’esempio di cui sempre si parla, forse perché non se ne conoscono molte di più, è quello della poetessa Saffo (da cui “amore saffico“), nativa dell’isola di Lesbo (da cui l’aggettivo lesbisco/a).
E che dire dei capricciosi Dei dell’Olimpo, fra i quali l’omosessualità era di regola. Dei e semidei, eroi e figure mitologiche la praticavano assiduamente.
Anche la pederastia, che oggi ci fa tanto orrore, allora era regola, e giochi erotici di adulti con ragazzi impuberi erano frequenti, normali. Solo l’apparizione della prima barba segnava, per il giovane della “buona società” che voleva avere un futuro davanti, l’inizio dell’età in cui doveva cominciare a sapersi negare a chi gli chiedeva prestazioni erotiche, specialmente passive, soprattutto se quel giovane aveva mire di vita pubblica (oggi diremmo politica) nella sua polis (città).
Ecco: l’omosessualità, che per Veronesi segna «una scelta consapevole e più evoluta» ha una preistoria di questo genere. Chissà se un giorno si tornerà a considerare leciti anche i giochi erotici dell’adulto con il ragazzino imberbe? Perché sia per i greci sia per i romani proprio quella era la “perfezione” dell’eros: l’eros come bellezza, e quale carne è più bella e seducente di quella del giovinetto nella sua età più fresca? In ogni caso l’amore fra maschi era ritenuto certo la forma d’amore più alta e più nobile, data proprio la superiorità del genere maschile.
Ho scritto tutto questo con qualche disgusto. Ma leggere che l’omofilia sia “più evoluta” dell’eterofilia, mi fa specie: un salto indietro di 2-3000 anni potrà mai essere un progresso!?
Non auspico certo un ritorno alle persecuzioni, agli ostracismi, alle discriminazioni. Nel mondo c’è posto per tutti! Ma sentir dire da un cattedratico illustre che l’amore di una coppia eterosessuale (perché di questo parla Veronesi) sia meno nobile e meno puro di quello omosessuale, mi sembra davvero un’aberrazione: il desiderio d’un figlio, sarebbe dunque un vizio per l’amore? Quasi che tenerezza e felicità siano negati alla coppia “normale”.
Mi viene da chiedermi: come avrà vissuto Veronesi il suo matrimonio. Poiché non credo che abbia avuto venti figli, immagino che anche lui, come quasi tutti coniugi, abbia in qualche modo programmato le nascite: e quando la nascita non era in programma, come sarà stato il suo atto d’amore con sua moglie? Meno bello ricco tenero di quello che possono compiere sempre gli omosessuali che non devono mai temere nulla? E per tutti prima o poi viene il tempo in cui i figli non verranno più per raggiunti limiti di età della donna: e allora qual è la differenza fra la coppia etero e quella omo, quanto alla gratuità del gesto? O quando la donna non sarà più in età per concepire e dunque non ci saranno più precauzioni da prendere e ti puoi permettere quello che vuoi ogni volta che vuoi, perché quel gesto d’amore dovrebbe risultare meno gratuito e meno pieno di quello in atto fra gli omosessuali?
Credo di aver diritto di scrivere così: malgrado la mia fede religiosa, non ho mai chiesto la messa al bando delle coppie omosessuali, né ho mai chiesto per loro mortificanti limitazioni. Mi sono solo preso il diritto di protestare contro il cattivo gusto delle loro carnevalesche chiassate. Le facessero gli etero, protesterei lo stesso.
La ragione di questo fastidio sta nella verità delle stesse parole di Veronesi: «La sessualità si diffonde in rapporto agli stili di vita, alla cultura del momento, ed è anche un atteggiamento contagioso». Qui a parlare è lui Qo scienziato. E che abbia ragione lo dimostra la parabola dei diversi movimenti per la cosidetta liberazione sessuale. Da quando “la felicità” è diventata il primo valore, il divertimento è certamente aumentato, ma molto spesso proprio a danno della vera felicità: almeno a giudicare dal numero delle famiglie sfasciate, dei divorzi e dei figli giocati a ping pong fra i genitori. «Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza».


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