Sono tutti laici. Sono maschi e femmine. Sposati e celibi, nubili e coniugate. Si son dati il nome di ecclesia, il termine greco da cui viene l’italiano chiesa. Sono singoli individui e intere famiglie. Si ritrovano insieme per pregare e per dire la messa. Come avviene in ogni parrocchia. Però senza preti. Fanno tutto da soli.
È l’ultima novità dal Belgio e dall’Olanda, due Paesi che da almeno mezzo secolo costituiscono inesauribili laboratori di esperienze di cristianesimo d’avanguardia. Ma altrettanto inesauribili sorgenti di preoccupazione e di allarme per la Chiesa di Roma.
Qualcuno ricorderà forse, negli anni subito dopo il concilio Vaticano II, il celebre Catechismo Olandese, che fu una delle principali cause per cui a Roma si cominciò ad aver paura dell’ondata progressista postconciliare e si pensò che fosse arrivato il momento di mettere un freno a un movimento che, se lasciato a sé stesso, avrebbe potuto arrivare a minare l’ortodossia della Chiesa Cattolica Romana.
Fu proprio questa preoccupazione che convinse Giovanni Paolo II a far celebrare a Roma il sinodo nazionale olandese del 1980, innovando una prassi che voleva celebrati in patria le assise sinodali nazionali. La cosa fu vista e interpretata come una palese volontà di controllo su quella che veniva vista come la Chiesa nazionale più irrequieta e più aperta alle istanze di un rinnovamento che veniva considerato come troppo spinto e spregiudicato rispetto all’orientamento romano.
Fu quello uno dei segni più eloquenti dell’indirizzo ecclesiologico e disciplinare che il nuovo papa, (da poco più di un anno alla guida della Chiesa di Roma) voleva trasmettere all’ecumene cattolico. Certo i vescovi erano liberi di dire tutto ciò che volevano (la libertà di parola non fu in alcun modo limitata), ma lo si doveva dire davanti al papa, sempre presente alle sessioni della piccola assemblea (sei i vescovi partecipanti, se la memoria non mi inganna): una presenza muta, costante e attentissima, che proprio per questo dovette pesare non poco sull’andamento dei lavori dell’assise. Da allora la cosa divenne regola, e i sinodi nazionali furono regolarmente celebrati a Roma. Con grave pregiudizio, a mio avviso, della libertà e della vera collegialità nella Chiesa.
Alla lunga, il nuovo corso impresso alla Chiesa dal papa polacco sortì il suo effetto. I nuovi vescovi, furono scelti in modo da garantire il consenso alle direttive del Romano Pontefice, così da evitare tensioni fra la Santa Sede e le Conferenze nazionali nei diversi Continenti. Così fu con le chiese belga e olandese e i casi di attrito furono di molto ridotti.
Il fatto
Buizingen è un rione della periferia nord di Bruxelles. Di esso in questi giorni si stanno interessando quotidiani del livello del New York Times e de laRepubblica. La ragione è offerta dalla presenza in questa popolosa località d’una intraprendente comunità cattolica che sta portando avanti un’esperienza d’avanguardia.
Rimasti qualche tempo fa senza parroco, i suoi parrocchiani hanno provveduto da soli al loro desiderio-bisogno di assicurarsi un servizio liturgico adeguato alle loro esigenze e ai loro desideri.
Così, di comune accordo, la comunità ha individuato qualcuno, un pensionato, naturalmente sposato, che assicurasse alla parrocchia l’indispensabile servizio di culto. Avrebbe lui celebrato l’eucaristia domenicale, i funerali, i battesimi e tutti i riti e le pratiche che fan parte della vita cultuale d’una parrocchia. Il tutto senza troppo clamore, probabilmente nella speranza che il rumore non arrivasse a turbare Roma. Il bravo uomo si è preparato con coscienza al nuovo compito, e ora egli offre e spezza il Pane per la comunione della comunità. Come a Buizingen, così anche un’altra comunità, a Breda, sempre in Belgio, a nord di Anversa.
Cosa pensare?
Senza dubbio il problema esiste. Esiste anche da noi, ma forse, nel Nordeuropa, esso si pone in termini ancor più drammatici. Le parrocchie senza parroco sono ormai innumerevoli, e molte di quelle che ancora ne hanno uno, ne hanno uno anziano. Questo significa che fra una decina d’anni o poco più, se la tendenza non subirà correzioni, (ma nessuno lo può ragionevolmente prevedere) almeno un terzo delle parrocchie che ancora hanno un parroco, lo perderanno.
Può essere quella proposta nei Paesi Bassi una soluzione accettabile? Certo non per Roma. L’ha già fatto presente il direttore dell’ufficio della sala stampa vaticana, Federico Lombardi, il quale ha richiamato tutti a tener conto di ciò che è lecito fare e di ciò che non lo è.
Tradotto: se è vero che molte cose attinenti al culto possono essere devolute anche ai laici, altre ce ne sono che non potranno mai essere di loro competenza. Fra queste, in primo luogo, la celebrazione dell’eucaristia e, in pratica, la celebrazione di tutti i sacramenti ad eccezione del battesimo in caso di pericolo di morte.
E allora? Sarà tutto da respingere dell’esperienza in corso nei Paesi Bassi?
Che cosa potrà accadere di qui a cento anni è difficile dire. Per quanto riguarda una previsione più a breve, diciamo dieci, vent’anni, credo proprio di poter escludere che esperienze del genere possano mai incontrare il favore o anche solo la comprensione di Roma.
Troppo delicata la materia in questione, e troppo grosse le implicazioni teologiche e liturgiche connesse. Come si può cancellare, con un colpo solo, venti secoli di storia e di teologia sugli ordini sacri e sui ministeri della Chiesa?
Ma che intanto se ne discuta, può essere già provvidenziale. Significa rimettere in primo piano all’attenzione della Chiesa la necessità di riflettere e di trovare soluzioni alla gravissima urgenza del problema della mancanza di ministri sacri e delle vocazioni. Che la risposta giusta sia quella in corso a Buizingen difficile sostenerlo. Che essa passi anche per Buizingen, può anche essere possibile.
Buizingen potrebbe cioè rappresentare la prova che la Chiesa non può rimanere senza i ministri del suo culto. Il culto è tutto per una comunità cristiana. Una diocesi può andare avanti anche per anni senza il suo Vescovo: è successo. La stessa chiesa di Roma ha avuto delle “sedi vacanti” di qualche anno. Ma lì c’è la struttura che sopperisce e che pone gli opportuni rimedi. Uno Stato sopravvive anche a uno tzunami, ma la piccola famiglia che ne è investita, no.
Una parrocchia è come la singola famiglia: i pasti hanno da essere regolari e assicurati tutti i giorni; e così l’acqua, la luce, la scuola e il riscaldamento in inverno.
La chiesa locale, la parrocchia, non può rimanere troppo a lungo senza sacramenti, senza la Parola di Dio, senza i servizi religiosi e se la Chiesa non ha ministri ordinati per garantirli, dovrà provvedere attraverso “supplenti” che dovrà cercare e individuare per lo più fra gli stessi membri della comunità.
Buizingen può rappresentare un suggerimento: meglio un ministro piccolo piccolo, che nessun ministro. Negli anni Cinquanta ebbe successo un film che parlava di un sacrestano che, in un isola isolata dal mondo a causa della guerra, assicurò sacramenti e preghiera alla comunità rimasta senza parroco, finché la situazione non tornò alla normalità.
Il titolo del film? “Dio ha bisogno degli uomini”. E Dio oggi non ne ha meno bisogno. Magari non sarà con la formula Buizingen, ma è certo che una strada, una formula, la Chiesa dovrà saperla trovare anche oggi.