Ahi, Chiesa, quanto male sai farti!

Notizia letta stamattina (venerdì 23) su la Repubblica: «“Indulto ai golpisti”, tempesta sulla Chiesa cilena». Il sottotitolo fa giusto il paio: «I vescovi chiedono il perdono per i militari di Pinochet. Partiti in rivolta».
È francamente difficile sottrarsi all’impressione che nella Chiesa serpeggi un oscuro istinto a farsi del male. Se no da dove potrebbero venirci queste strane voglie?
È vero, nell’articolo si parla dell’opportunità di tener conto, nell’eventuale indulto, dei diversi gradi di responsabilità e della diversa autonomia di cui godevano j vari imputati; se questi avevano dato sicuri segni di pentimento e della loro età e degli anni di pena giù scontati. Insomma una cosa “pensata”, ragionata, non impulsiva. Seria. Proprio per questo, tanto più irritante per chi in quell’appello non si ritrova.
Chi ha superato la cinquantina, ricorderà senza sforzo la profonda emozione che suscitò in tutto il mondo la notizia del golpe che aveva deposto, in Cile, il governo di Salvador Allende, democraticamente eletto, seppur con maggioranza relativa molto risicata. La sua stessa morte (probabilmente per suicidio nella residenza presidenziale ormai in preda alle fiamme, è stata vista come la suprema testimonianza della dignità e della coerenza dell’uomo che aveva dedicato al Cile libero, democratico e socialista tutta la sua vita e il suo lavoro.
A capo del golpe, Augusto Pinochet, una delle più triste figure della seconda metà del secolo scorso, per la brutalità, per il disprezzo di ogni più elementare diritto umano, e per la politica gretta e conservatrice che ha portato avanti per ben 17 anni. 3000 le vittime del regime, 30.000 i torturati, 130.000 gli internati, fra lo stadio nazionale di Santiago e le diverse prigioni del paese, di moltissimi dei quali non s’è saputo più nulla. Che Allende non potesse avere la vita facile lo poteva vedere chiunque. Con poco più d’un terzo dei voti si governa male una democrazia. Che avesse potuto evolvere verso una deriva cubana, difficile escluderlo. Che gli Stati Uniti non gli avrebbero dato vita facile, era ovvio. Tuttavia l’emozione nel mondo fu grande. Innumerevoli le manifestazioni antiamericane in Italia.
E la Chiesa? Erano tempi difficili: il concilio aveva creato anche in Cile quello scarto fra progressisti e conservatori, che qui, assai più che sulle questioni teologiche si giocava su quelle sociali. Erano gli anni della teologia della liberazione, gli anni che preparavano il sacrificio di mons. Oscar Arnulfo Romero.
La Santa Sede non poteva non guardare con sospetto al nuovo governo cileno, Protagonista sulla scena l’allora nunzio apostolico in Cile Mons. Angelo Sodano, più tardi segretario di Stato di Giovanni Paolo II. I suoi buoni rapporti col dittatore gli consentirono di giocare qualche carta in favore delle vittime del regime. Ma chi di questi rapporti ebbe a giovarsi di più fu Pinochet.
Nel 1987 il papa polacco si recò in Cile. Ciò che rimane di quel viaggio nella memoria collettiva del mondo è certamente quella stretta di mano del papa con Pinochet, all’epoca uno dei dittatori più detestati nel mondo. Nessun dubbio che le intenzioni del papa fossero le migliori del mondo, ma quella foto sul balcone e quei sorrisi, non giocarono certo a vantaggio della Chiesa.
Non fu l’unica ombra in tutta questa vicenda: nel 1993, in occasione delle sue nozze d’oro Pinochet ricevette un caloroso messaggio d’augurio di Sua Santità: «Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II». Da parte sua Sodano aveva aggiunto di suo: «Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile».
Né il Vaticano né il regime cileno dettero pubblicità alla cosa, ma la notizia trapelò e fu scandalo.
A Caen, un gruppo di preti-operai oppone al “commosso ricordo” di Wojtyla, la propria «emozione davanti alla morte del presidente Allende e di molti suoi collaboratori; e davanti alla retata e al parcheggio dei sospetti nello stadio di Santiago; e davanti alle dita amputate del cantante Victor Jara per impedirgli di intonare sulla sua chitarra gli accordi della libertà; e davanti alle sparizioni, alle carcerazioni, alle torture».
La crisi fra la Santa Sede e l’opinione pubblica sudamericana si riaccenderà, nella forma più clamorosa, nel 1999, quando il segretario di Stato Vaticano Sodano, interviene presso il governo di Londra perché il vecchio ex dittatore non venga estradato verso la Spagna, dove sarebbe stato certamente processato per crimini contro l’umanità. Questa improvvida mossa provocò lo sdegno delle Madri de la Plaza de Mayo, amate e ammirate in tutto il mondo, che clamorosamente “scomunicarono” Giovanni Paolo II, chiamandolo ormai semplicemente il «Signor Giovanni Paolo II».
Sarà mai successo nel corso della storia? E se sì, a quale secolo bisognerebbe risalire?

La lettera
Buenos Aires 23 febbraio 1999
Signor Giovanni Paolo II,
Molti giorni abbiamo impiegato per assimilare la richiesta di
perdono che Lei, Giovanni Paolo II, ha reclamato per il genocida Pinochet.
Ci rivolgiamo a lei come ad un cittadino comune perché ci sembra aberrante che dalla sua poltrona di papa nel Vaticano, senza conoscere né aver sofferto nella propria carne il pungolo elettrico (picana), le mutilazioni, lo stupro, si animi in nome di Gesù Cristo a chiedere clemenza per l’assassino.
Gesù fu crocifisso e le sue carni furono straziate dai giuda che come lei oggi difende un assassino.
Signor Giovanni Paolo, nessuna madre del terzo mondo che ha dato alla luce un figlio che ha amato, coperto e curato con amore e che poi è stato mutilato e ucciso dalla dittatura di Pinochet, di Videla, di Banzer o di Stroessner accetterà con rassegnazione la sua richiesta di clemenza.
Noi la incontrammo in tre occasioni, però lei non ha impedito il massacro, non ha alzato la sua voce per le nostre migliaia di figli in quegli anni di orrore.
Adesso non ci rimangono dubbi da che parte lei stia, però sappia che sebbene il suo potere sia immenso esso non arriva fino a Dio, fino a Gesù.
Molti dei nostri figli si ispirarono a Gesù Cristo, nel donarsi al popolo. Noi, la Associazione “Madres de Plaza de Mayo” supplichiamo, chiediamo a Dio in una immensa preghiera che si estenderà per il mondo, che non perdoni lei signor Giovanni Paolo II, che denigra la Chiesa del popolo che soffre, ed in nome dei milioni di esseri umani che muoiono e continuano a morire oggi nel mondo nelle mani dei responsabili di genocidio che lei difende e sostiene.
Diciamo: NO LO PERDONE SEÑOR A JUAN PABLO II° (Signore, non perdonare Giovanni Paolo II).

Associazione Madri di Plaza de Mayo
 
P.S. Quale istinto di cupio dissolvi ha condotto oggi i vescovi cileni a proporre un terzo atto a questa storia infinita? Lasciate i Potenti a sé stessi: per loro c’è un giudizio a parte, che non vorrei mai dover affrontare. La nostra parte è coi poveri, coi desapericidos, coi sequestrati del Estadio Nacional, e con Las Madres de Plaza de Mayo. Con loro ci trovi il Signore quando ritornerà a giudicarci.


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