Come accade da almeno 1500 anni, il 28 dicembre è dedicato, nel calendario liturgico romano alla memoria della Strage degli Innocenti, cioè alla morte cruenta dei bambini di Betlemme, di età inferiore ai due anni, ordinata da Erode quando dai Magi era venuto a conoscenza che doveva esser nato un bambino che avrebbe ereditato il trono di David. Di quel trono Erode si considerava l’unico legittimo titolare.
In realtà egli era solo un re fantoccio, in tutto sottomesso all’imperatore romano del quale amava pretendere d’essere un dignitoso alleato. Un trono fasullo, ma di cui era tanto geloso che non esitò a massacrare qualche decina di bambini al solo pensiero che fra loro potesse essercene uno che avrebbe potuto insidiare quel trono alla sua discendenza.
Erode il Grande in realtà era solo un tristo figuro, di cui si ricorda soprattutto la crudeltà, oltre alla parziale ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Di lui diceva Augusto, l’imperatore romano: «meglio essere il porco di Erode che un suo figlio visto che il re di Giudea non mangia carne di porco, ma uccide i suoi figli».
Tempi lontani? Piacerebbe pensarlo, ma sarebbe del tutto fuori luogo. Basta guardarsi attorno: il Darfur (un solo Paese fra i tanti): guardate quei visi, quei corpi, quelle gambe scheletrite e quelle scodelle vuote di cibo e quei secchi vuoti d’acqua su quelle lande riarse; poi guardate quello che mangiano i nostri cani e i nostri gatti: «Tutta l’intensità del gusto di Gourmet: una ricca offerta di sapori, ricette e gusti per variare ogni giorno il menu del tuo gatto»; «Gourmet Perle offre al tuo gatto carni pregiate tagliate in raffinati filettini…» (citazioni letterali). Anche ai nostri tempi, per molti figli dell’uomo sarebbe meglio nascere gatto o cane. E non solo nel Darfur.
Conosco l’obiezione: non sono mica “figli a noi!”. Ma sono “figli all’uomo”! E allora penso alla piaga dei rapimenti e del commercio di bambini per avviarli all’ accattonaggio, alla prostituzione, allo spaccio di sostanze stupefacenti. E penso a tutti i “ninos de rua” assassinati nelle favelas brasiliane. Oh certo! Solo per scopi umanitari: perché non abbiano a diventare ladruncoli prima e ladri poi, tossici, spacciatori, sicari, viados, sfruttatori, magnaccia, bandidos, assassini magari. E penso ai bambini presi, mutilati o uccisi per procurare organi per i malati facoltosi, disposti a pagare nelle cliniche compiacenti di chirurghi dalla coscienza disinvolta. E si potrebbe continuare.
E c’è “forse” un’altra strage degli innocenti, di cui sempre si parla, si discute, ci si contrappone senza fine e sempre di nuovo: quella dell’aborto legale. Ho scritto “forse”, non perché io abbia dei dubbi, ma perché voglio riconoscere, a chi la pensa diversamente da me, il beneficio della buona fede. So bene che c’è una scuola di pensiero diametralmente opposta a quella nella quale io mi riconosco: un pensiero che nega lo status e la dignità di persona allo zigote; che, a differenza di quello che insegna la Chiesa, riconosce a quella prima cellula ‘umana’ il solo statuto di possibilità: “potrà” diventare persona umana, ma non lo è ancora, e finché non lo è, non può essere soggetto di diritti; dunque il suo status ontologico e giuridico non si distingue da quello della madre (è solo una parte del suo corpo e della sua persona). Se le cose stanno così, ogni madre potrà privarsi (o sbarazzarsi) di quella sua parte, come si può liberare del suo utero malato, del suo fegato cirrotico, del suo arto finito in cancrena. Da sempre e per tutti, la parte è meno importante del tutto.
Queste le due scuole. Quale delle due ha ragione? Metterle d’accordo non sarà facile. La prima, quella nella quale io mi ritrovo, viene bollata come dogmatica dagli altri; la seconda viene giudicata, dalla prima, come non rispettosa del diritto naturale. Se ne discuterà ancora per generazioni.
Deponendo ogni atteggiamento dogmatico, io mi attesto su una posizione di probabilità: chi può escludere una personalità, sia pure ‘embrionale’, allo zigote? Su quali prove? La scienza è divisa, come la filosofia. A questo punto, chi potrà sparare sullo zigote? E se dietro la siepe non ci fosse una lepre, ma un bambino: il tuo bambino!? No, Donna, a questo punto l’utero non è più tuo: è ‘suo’! E tu non avrai mai ‘il diritto’ di gettarlo nella latrina.
Rachele piange ancora i suoi figli
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