Solitudine: La Sorte Dei Grandi


Gian Franco Svidercoschi, autorevole vaticanista, nel suo articolo di domenica scorsa 13 marzo sul NCN, ha saputo mettere in un solo titolo due dei principali caratteri del pontificato di papa Francesco. Italiano d’origine e argentino di nascita, al nuovo papa son bastati solo 10 secondi dieci!, per spiazzare il mondo intero. Il tempo per pronunciare quell’ormai immortale saluto di sole 4 parole quattro! che suonava così: “Fratelli e sorelle (pausa di 5 secondi) buonasera!”.

E da allora sorprese, novità, invenzioni, improvvisazioni a getto continuo: un fuoco d’artificio che non ha smesso mai di stupire il mondo. Ricordate lo scolaretto di 78 anni, col suo grembiulone bianco, che porta il suo mazzolino di fiori alla maestra nel primo giorno di scuola? Quel ragazzino era il papa appena eletto, che lo portava alla Madonna Salus Populi Romani di Santa Maria Maggiore, protettrice dei romani (e dunque ormai anche sua). O la sedia vuota al concerto in suo onore? O la sua predilezione per le utilitarie rispetto alle grandi macchine di rappresentanza? O il suo salire e scendere dalla papamobile per andare a salutare un amico argentino riconosciuto tra la folla, o per baciare il disabile inchiodato sulla sua sedia a rotelle o sulla sua barella? O le sue dichiarazioni ai giornalisti al seguito dei suoi voli intercontinentali, con le preziose estemporanee, delizia dei cronisti? O le sue sortite, anche a piedi, per il centro di Roma? O i bagni e le docce sotto il porticato di San Pietro per barboni e senza dimora?

Qualcuno vorrà dire che questo è più folklore che sostanza. Ma nemmeno la sostanza manca: tali le grandi riforme già attuate o in via di attuazione o anche solo abbozzate. Tante le iniziative spiazzanti, cui questo papa ci ha ormai abituati, senza mai finire di stupirci.

Oltre queste però, ci sono quelle meno note, conosciute solo dagli addetti ai lavori, che sfuggono ai comuni mortali, fra i quali anch’io mi pongo.

Si pensi alla “rivoluzione di porpora” di papa Francesco (butto là questa nuova formula),che ha lasciato a bocca asciutta diversi predestinati al cardinalato in quanto titolari di sedi finora cardinalizie, i quali, per tradizione, dovevano solo aspettare il primo concistoro, per essere insigniti del prestigiosissimo titolo. Con papa Francesco non è più così. Ogni pariglia è saltata e tutti i giochi vanno rifatti. Così Venezia Torino, Palermo e Bologna, storiche sedi cardinalizie sono senza cardinale; sul versante opposto Ancona, Agrigento e Perugia hanno oggi un vescovo cardinale, nomine legate alla persona, non alla sede. Aggiungete a questa la riforma dello IOR, della Sacra Rota, dei vari dicasteri romani, la celebrazione in due sessioni del Sinodo sulla famiglia ecc. Svidercoschi ne parla come d’una “rivoluzione senza precedenti” e su questo si può essere d’accordo. Ma è proprio qui che l’autorevole vaticanista viene a un po’ meno alle attese, quando scrive che«queste sono le inevitabili contraddizioni di una rivoluzione senza precedenti. Che è opera, oltretutto di un papa lasciato solo, o che ha scelto di fare da solo, perché altrimenti rischierebbe di essere frenato, “normalizzato”. Sono passati solo tre anni ed è già storia. Ma una storia della quale è stato scritto soltanto l’inizio». Perché la vera questione è tutta qui: l’hanno lasciato solo, o è lui che ha voluto far tutto da solo?

È proprio a questa domanda, che noi, comuni mortali non sappiamo rispondere e che ci piacerebbe sentirci dire da chi di noi è più addentro nei segreti della Santa Sede come le cose stanno veramente. Perché è evidente che lo stesso giudizio su Francesco potrebbe cambierà di conseguenza. Altro, infatti si dovrà pensare del papa, se sono stati gli altri a lasciarlo solo, altro invece si penserà se sarà stato lui a volersi chiudere in una splendida torre d’avorio, e comandare da solo dalla sua stanza dei bottoni.

Perché se è del tutto normale – né potrebbe essere altrimenti – che ogni nuovo papa voglia assicurarsi di avere intorno a sé solo personaggi di cui fidarsi e che facciano al caso suo e alle sue intenzioni, non altrettanto normali, sono le resistenze, le difese, i tranelli, i processi ormai seriali  Vatileaks 1 e 2, con relativi corvi non importa se in calzoni (Paolo Gabriele per Benedetto XVI) o in gonnella (Francesca I. Chaouqui per papa Francesco).

È a questo punto che nasce la domanda: di chi è la colpa? Dei papi che non hanno saputo scegliere i loro collaboratori e che si servono di uomini inadeguati o addirittura corrotti; o della Curia, essa stessa marcia al suo interno, fortissimo contro potere contro il quale è destinato a infrangersi anche il più generoso sforzo riformatore del più generoso dei papi?

A questa domanda Io non so trovare risposta e mi piacerebbe che qualcuno, che ne conosce bene la trama, mi aiutasse a dipanarne la matassa.

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