Il Grande Inquisitore: Una Leggenda Per Tutte Le Stagioni

 

Un mio affezionato Lettore mi ha dato l’occasione di riprendere in mano La leggenda del grande Inquisitore, una delle pagine più celebri della letteratura russa e non solo.

Un tema che mi è congeniale, ma che sarà difficilissimo comprimere in tanto poco spazio, anche considerando la solenne e complessa architettura letteraria dei romanzi di Födor M. Dostoevskij, vere cattedrali del pensiero e dell’arte. Malgrado l’inadeguatezza dei miei poveri mezzi, mi ci proverò. Avverto subito che qui parlerò solo della Leggenda. Del romanzo neanche una parola.

La vicenda ha luogo a Siviglia, affascinate città andalusa, ricca di storia di miti di leggende e di arte. L’epoca è il XVI secolo, l’età in cui, in Spagna, imperversa l’Inquisizione, “quando ogni giorno ardevano roghi per la gloria di Dio”.

Erano giorni di orrore e di terrore: così il giorno prima che avesse luogo ciò che sta per essere narrato, la città aveva assistito a un grandioso autodafé (parola composta che sta per “atto di fede”) con più di cento eretici sui tanti patiboli predisposti. Negli autodafé la collettività celebrava la sua fede mandando al rogo,per la maggiore gloria di Dio, decine o anche centinaia di eretici, tutti condannati alla stessa sorte dallo stesso  Sacro Tribunale.La gente ne era rimasta profondamente impressionata. E ora, deposti i solenni abiti cardinalizi del giorno prima, sotto le semplici spoglie di un monaco qualsiasi, il Grande Inquisitore si fa lui stesso spettatore di ciò che accade sotto i suoi occhi. Ed ecco che il Vecchio “LO  vede” avanzare in mezzo alla folla che dal canto suo, subito lo riconosce, gli si fa intorno, vuol vederlo, toccarlo. Gli chiedono miracoli e lui risponde ridando la vista a un cieco e risuscitando una bambina, proprio come risuscitò la figlia del capo sinagoga (Mc 5,41).Egli passa fra la folla sorridendo benevolmente: tende loro le braccia e li benedice.

Il vecchio cardinale ha seguito tutto da lontano con lo sguardo e ciò che ha visto non deve essergli piaciuto.Egli fa un cenno con un dito della mano, e LUI viene preso da un manipolo di servi e viene condotto nella prigione dell’Inquisizione dove viene lasciato solo.

Ma a notte fonda quella porta sia apre per lasciar entrare il Grande Inquisitore. Ora i due sono soli e possono parlare apertamente fra di loro. La domanda suona strana, perché è domanda e risposta al tempo stesso: “Sei tu?” Dunque il Vecchio ha già capito tutto. Ma la risposta, come già davanti a Pilato e a Erode, sarà solo silenzio. Il Vecchio sta al gioco: “Non rispondere, taci. Che cosa potresti dire? So fin troppo quel che dirai. Tu non hai alcun diritto di aggiungere una parola a ciò che hai già detto. Perché sei venuto a disturbarci? Perché tu sai bene che ci disturbi. Ma sai che ti accadrà domani? Ignoro chi sei tu e non voglio saperlo. Tanto se tu sei Lui o soltanto la sua apparenza, domani ti condannerò e tu sarai bruciato come il peggiore degli eretici, e questo stesso popolo che oggi ti baciava i piedi, si precipiterà domani, a un solo mio cenno, ad alimentare il tuo rogo. Lo sai? Forse lo sai”…

Il senso di tutto questo ci viene spiegato dallo stesso Inquisitore, il quale ricorda allo Sconosciuto come ormai il potere sulla Chiesa è tutto nelle mani della Chiesa stessa. Ciò è avvenuto quando «tutto è stato trasmesso da te al Papa, dunque tutto ora dipende dal Papa. Non venire, ora, a disturbarci, almeno prima del tempo…tu non hai il diritto di aggiungere niente a quello che hai detto allora. Sarebbe come togliere agli uomini la libertà che difendevi tanto sulla terra…”.

Ed è qui che il Grande Inquisitore porta il suo affondo, proprio sul tema della libertà: quello che a noi modernista più a cuore. Quell’affondo infatti va a toccare proprio i gangli nervosi di tutto l’organismo Chiesa: le tre tentazioni subite e improvvidamente respinte da Gesù nel deserto. Averle respinte: quello fu il grande errore. “Quelle tre domande provano da sole, col miracolo della loro comparsa, che qui si ha a che fare con una mente eterna e assoluta, e non con quella umana, che necessariamente passa”.

Quelle tre “domande” sono il vero spartiacque della storia. È lì che si manifesta il senso e lo scopo dell’opera di Gesù. Ed è lì che si è giocata la gran parte del destino degli uomini.

Le si consideri bene: hai fame? Fa dunque, di queste pietre, altrettanto pane, e la gente ti correrà dietro per farti re; tu invece offristi loro il pane del cielo. Se tu avessi assicurato loro il pane della terra, te li saresti fatti tutti devoti servitori, perché, liberandoli dalla necessità di procurarsi il pane, li avresti resi liberi per sempre dalla necessità di scegliere a chi affidarsi per soddisfare questo bisogno primordiale.

E neppure gli era bastato. Gli era stato proposto: Gettati nell’abisso, Dio ti salverà e tutti conosceranno chi sei e te li farai tuoi fedeli adoratori. Come dire: t’era stato offerto la via al successo e lo hai rifiutato. Ti avevano offerto una seconda possibilità: scendi dalla croce e crederemo in te; ma neanche questo hai voluto fare, sempre in nome della tua fedeltà. Come hai potuto rifiutare il possesso e il governo del mondo e il potere necessario per attuarlo?

E non era neanche accorto che noi “non siamo più con te, ma con lui! Già da otto secoli abbiamo ricevuto da Lui questo ultimo dono, che tu respingevi con sdegno quando ti mostrava tutti i regni della terra. Noi invece abbiamo accettato Roma e la spada di Cesare e ci siamo dichiarati unici re della terra, benché fino a ora, non abbiamo avuto il tempo di concludere la nostra opera”. Ma tu no! Tu ii volevi liberi, ma  della tua libertà non sapevano che farsene. Perché agli uomini della loro libertà non interessa niente. Anzi essi sono in continua ricerca di chi tolga loro il peso e il pensiero della libertà “perché non c’è, per l’uomo rimasto libero, affanno più costante e più cocente di quello di cercare un essere davanti al quale inchinarsi”. Perché nel giorno stesso in cui gli uomini avessero perduto chi li guidi e dica loro cosa dire pensare e fare, “quel giorno gli uomini comincerebbero a farsi guerra e a distruggersi a vicenda per darsi altri idoli e altri sovrani”. Proprio per questo popoli interi si sono fatti guerra e si sono sterminati.

Ecco, continua il Grande Vecchio: noi eravamo riusciti in quest’impresa; avevamo dato loro un Dio nei cieli e un sovrano (il papa) sulla terra. A loro bastava questo. Ora immaginate cosa potrebbe succedere se gli togliessimo anche questi punti fermi di riferimento. Per questo noi continueremo la nostra opera che è poi anche la nostra missione: impedire che questi punti fermi vengano minacciati e messi a rischio. Perciò domani io ti condannerò e tu sarai bruciato come l’ultimo degli eretici.”

Cosa che poi, nella Leggenda non avverrà: perché Lui saprà spiazzarlo con una mossa a sorpresa: a colui che gli annunciava la condanna al rogo, Lui si avvicina e come a Giuda, per tutta risposta,lo bacerà sulla bocca. Il Grande Vecchio forse a capito e,sicuramente toccato da quel gesto, lo lascerà allontanarsi indisturbato. Con le labbra che ancora gli bruciano il Vecchio va alla porta, l’apre e gli dice: “Va, e non tornare mai più”.

Noi, invece,  lo stiamo ancora aspettando.

Antonio Santantoni


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