Sono un uomo qualunque che ogni tanto (una volta alla settimana, in media) si atteggia a homme pensant, a uomo che pensa.
Bene: oggi voglio scrivere per quello che sono: un uomo qualunque che pensa quello che pensano tutti gli uomini come lui, quegli uomini qualunque che per una breve stagione ebbero, nell’Italia postbellica, il loro portavoce ufficiale nella persona di Giancarlo Giannini, commediografo e giornalista, fondatore del Movimento dell’Uomo qualunque (1994-48) e dell’omonimo settimanale che, partito da una prima tiratura di 25.000 copie, un anno dopo ne vendeva già 850.000, roba da far diventare verdi di rabbia i più titolati settimanali dei nostri giorni, Sorrisi e canzoni compreso (che però si indirizza di preferenza alla Donna qualunque, e si sa che di donne ce ne sono più degli uomini).
Ma veniamo a noi e all’argomento di cui intendo occuparmi oggi.
Lo spunto me lo ha offerto il Matteo nazionale, il Renzi, a cui quell’altro Matteo, il Salvini, quello leghista, comincia a dare qualche pensiero: questo infatti cresce nei sondaggi (e quanto cresce!) quello nazionale invece comincia ad accusare cali pesanti.
Quello nazionale, dunque, ieri ha detto che “questi politici gli fanno schifo”. Alludeva a quelli di cui si fa un gran parlare a proposito d’una mafia romana, autoctona e slegata da quella siciliana (se ho ben capito) della quale, quella romana, non condivide i metodi né di affiliazione né di gestione. Quella trinacriciuta, infatti prospera essenzialmente, sembra, sulla paura: timore reverenziale (lo vogliamo chiamare per una volta terrore?), sul ricatto, sulla vendetta, sull’estorsione, sulla lupara senza disdegnare il tritolo. Quella romana, invece, certamente più civile (forse anche per effetto della vicinanza della curia papale e dei modi felpati e impeccabili di cardinali e dei grandi istituti religiosi), preferiscono evitare il sangue (non lo sopportano) e allora ripiegano sugli appalti, sulle intimidazioni, sulle promesse, sulle dazioni, sulle raccomandazioni, sugli amici degli amici, sui parenti dei parenti, e sulle escort che una volta si chiamavano in altro modo, ma il mestiere è sempre quello, (ma vuoi mettere un’escort con una zoccola)?
Ecco, per riprendere il filo, ribadisco che questa volta, mi trovo in pieno accordo con il Matteo nazionale: quelli che fanno schifo a lui fanno schifo anche a me. E molto anche. E non solo quelli che fanno schifo a lui, ma anche tanti altri che a lui forse schifo non fanno più. Probabilmente perché lui ormai a certi odori si è dovuto abituare anche lui e non ne avverte più l’ intollerabile tanfo. Un fenomeno naturale questo, ben conosciuto e di cui non c’è da stupirsi. Ma del quale non possiamo non indignarci se appena appena te ne danno il pretesto.
Dunque pare che nell’attuale ansia di riformare il senato, qualcuno sia stato colto come da un gelido brivido di morte: non è che ci vorranno togliere il vitalizio!? E no! Il vitalizio no! Il voto ce l’ha dato, guai a chi ce lo tocca!
Sembra infatti che Renzi di vitalizio ai senatori non voglia neppure sentir parlare, ma che i senatori, gli ultimi ( si spera) di un senato di questo tipo, siano scesi sul sentiero di guerra, dissotterrando l’ascia al grido “vitalizio o niente elezioni”, almeno non a breve e a meno che non sia stato prima garantito a tutti i nuovi senatori di raggiungere il tempo minimo per l’acquisizione di tale diritto a vita.
Già, perché è proprio qui lo scandalo: che ha a che fare un vitalizio con il titolo di senatore? Anzi, per prendere due piccioni con una fava – anzi, se il principio che vorrei difendere avesse davvero valore – potremmo forse dire che di piccioni ne potremmo prendere un autentico stormo, perché sai quanti piccioni, affamati per professione e viaggiatori per diletto, si nascondono fra quella gente? Tutta quella gente che intasa le due Camere del parlamento italiano (e sono tanti!, qualcosa più di mille, addirittura… da Guinness dei primati, che sai quanto ci costano?) già riceve un’indennità. Sta scritto infatti che “i membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge“. Sacrosanto!
Quest’indennità ha infatti due scopi più che validi, tre se si vuole essere pignoli: il primo è remunerare un lavoro svolto con notevole sacrificio in favore della comunità nazionale: niente da ribattere. Il secondo è quello di garantire la possibilità economica del parlamentare di sostenere le certo gravose spese connesse con l’esercizio del nuovo impegno che spesso esige una sospensione, almeno temporanea, dal precedente impiego (spostamenti, alberghi, segreteria ecc.): diversamente solo i ricchi potrebbero fare il parlamentare. Terzo: mantenere l’onorevole nella sua piena libertà di agire secondo coscienza, senza dipendere dai ricatti di nessuno che volesse limitarne la coerenza, la lealtà, la fedeltà alla propria coscienza. Proprio per queste tre ragioni viene corrisposta loro l’indennità.
Che ci fa dunque un vitalizio, un assegno di tutto rispetto a vita per aver svolto – un tempo – un lavoro che è già stato profumatamente pagato? Se hai già ricevuto il tuo compenso, perché un vitalizio? E si noti che sono migliaia, dato il numero scandalosamente alto dei nostri integerrimi parlamentari e consiglieri regionali. Quello che dovrebbero fare tutti è di seguire l’esempio dell’ottimo Cincinnato che dopo aver salvato Roma, se ne tornò a coltivare il suo orticello. E sì che quella era una minaccia per la stessa esistenza di Roma: oggi il pericolo sta soprattutto nei bivaccatori alla Crozza, (peones li chiamavano una volta – mandriani a cavallo), che stan lì perché optati dal capomandria, spesso senz’altro merito che non sia un’obbedienza passiva a tutta prova.
Discorso qualunquista ho titolato quest’articolo. Stilisticamente qualunquista, spero non nella sostanza. Perché se questo è certamente quello che pensa e dice qualsiasi uomo della strada, lo stesso dicono fior d’intellettuali italiani i quali si chiedono con ansia dove si nasconderà la pars sana del popolo italiano: qualcuno che non si accontenti di mungere e di tosare questa serva Italia che da donna (signora) del mondo s’è ridotta a essere il bordello che tutti hanno ormai a schifo (anche Renzi, stando alle sue parole).
Fate caso: ricordate il 27 marzo u.s., alle 7 del mattino, i politici in San Pietro a messa da papa Francesco? La ramanzina che si sentirono fare? Classe dirigente di cui non si può non arrossire: noi per loro, certo, perché loro ad arrossire non ci pensano neppure. Forse neppure lo possono, perché per arrossire ci vuole una faccia e del sangue e forse a qualcuno di loro manca sia l’una sia l’altro. Hanno anche inventato (o l’han preso dal sindacalese? non saprei…) anche una formula che, presa per come suona, può anche apparire accettabile, ma in bocca ai nostri parlamentari, consiglieri ecc. è una bestemmia quasi oscena: diritti acquisiti li chiamano, e neppure gli si impunta nel dirla tanto sono abituati a ingoiare tutto, e soprattutto a farli ingoiare a noi. Piangono: come faremo a vivere se ci levate il vitalizio? Ma lo dicono solo perché non si sono mai posti il problema di sapere come fanno a vivere i senza lavoro, i pensionati a 350 euro al mese, o a 500, o anche a 700 che, per chi ha famiglia, è quasi fame nera, mentre al popolo lasciano solo gli ossi che loro hanno già spiluccato.
Se non gli è bastato neanche lo schiaffo di papa Francesco, forse non c’è proprio speranza. Mentre er popolo se gratta (Trilussa).