Se non vuoi di te si dica, non ti dare alla politica

A me fanno rabbia, e io li ripago con il disprezzo, quelli che vengono a chiedermi il voto e poi pretendono che delle loro magagne morali io non debba tenere alcun conto perché son cose loro, private. Il privato è sacro e inviolabile, dicono. Per tutti. Anche per il politico. Ma io non sono affatto d’accordo. Per tutti, meno che per il politico, dico io. Da chi ha scelto il pubblico come professione; più ancora, se lo presenta come una vocazione o una missione, allora divento esigentissimo.
Adesso è la volta di François Hollande, che con la sua faccia da amabile parroco di campagna si fa sorprendere – quella stessa faccia nascosta da un casco da motocicletta! – in compagnia di una bella attrice di cui si sarebbe innamorato.
Peccato mortale per un parroco di campagna, un po’ meno grave per un uomo normale, lo si vuol far passare come del tutto veniale per ogni politico in carriera. Anzi, qualcuno sembra farsene una medaglia d’onore al petto. Guarda quello scorfano (diceva mio padre d’un uomo piccolo e insignificante) di Sarkozy che t’ha saputo combinare. Non è stato il primo e non è certo il solo. Le prodezze in camera da letto sono state sempre una passione per i grandi di Stato: imperatori re, duchi, baroni. Non escluse le regine, almeno se si sta alla storia della grande Elisabetta I, malgrado venga spesso ricordata come la Regina vergine. Di vergine non aveva più niente, se non il titolo, dovuto al fatto che non s’è mai voluta sposare con nessuno dei suoi amanti.
La realtà è che sesso e potere vanno molto bene insieme. Anche perché quasi mai è complicato da quel rompiscatole che siamo soliti chiamare amore. Dite sesso e avrete detto tutto. tutt’al più si potrà parlare di capriccio, d’infatuazione. Al Caffe Sport si direbbe sbornia, cotta.
Questa legge quasi non conosce eccezioni. Neanche in Vaticano ne ha conosciute. Specialmente nel lontano passato. Oggi, va molto molto meglio. Non che manchino rogne da grattare, ma soprattutto su altre parti del sacro corpo della Chiesa.
Potere e sesso: li ritrovi sempre insieme: non solo alla corte del Re Sole né a quella di Napoleone, ma a Palazzo Venezia come alla Casa Bianca; e perfino sui nostri campi fra il padrone e la sua contadina (e spesso le sue figlie), fra il padrone della fabbrica e la sua operaia. Del resto, non è da sempre e per sua stessa natura che la femmina sente il fascino e l’attrazione dal maschio dominante, del potente, del divo, del ricco, del bello, del vincente? E più vicino a noi, non abbiamo noi avuto il Cavaliere furioso, l’utilizzatore finale delle ragazze del bunga bunga, con le sue Rubi Rubacuori e le olgettine?
Ma qualcosa è cambiato: se ieri tutto ciò faceva scandalo, oggi non interessa più a nessuno: coi propri soldi ognuno fa quel che gli pare. Anzi lui faceva anche un’opera buona aiutando quelle povere ragazze a non finire sulla strada, e chissà quanto avrebbe potuto fare di più senza tutti quei magistrati comunisti che gliel’ avevano giurata. Lui si faceva gli affari suoi, e loro lo volevano rovinare. Intanto hanno rovinato l’Italia.
Perché poi, fateci caso: quand’è che esplodono questi casi, questi scandali? Sempre un mese prima delle elezioni, perché bisogna azzoppare questo, gambizzare quell’altro, mettere in cattiva luce quell’altro ancora. Quando si dice la giustizia a orologeria!
Avessero almeno aspettato le elezioni: un mese o due prima o dopo, che volete che conti sulla correttezza delle indagini e sull’ esito delle stesse? No, bisognava colpire, far male all’avversario, azzopparlo, eliminarlo, meglio ancora, sotterrarlo! Un ritornello che ci ha accompagnato per vent’anni, ma il cui copyright va riconosciuto al PSI di Bettino Craxi.
Fu allora che si individuò il vero nemico: la magistratura comunista! La strategia era apparsa subito chiara: denunciate, denunciate, qualcosa rimarrà! Il capolavoro assoluto? Sicuro: “l’attentato” a Berlusconi, pochi mesi dopo che s’era insediato per la prima volta a Palazzo Chigi; quel criminale avviso di garanzia durante il G8 di Caserta, davanti agli occhi di tutto il mondo.
Ma intanto, complice anche la crisi era esplosa la grande fame. E cominciò la corsa ai forni di Stato, come nella Milano di Renzo Tramaglino. Allora i politici si convinsero che se non la loro incolumità, certo la loro fortuna era in pericolo, e un modo solo c’era per salvaguardarla: accrescerla il più possibile, a dismisura. Affondando le mani dovunque si poteva. Prendendo dovunque c’era da prendere. Mangiando tutto ciò che non ti strozzava. Scendendo a patti con tutti. Preferibilmente col diavolo (di gran lunga l’alleato più sicuro). Non tutto era legale? Aumentiamo la richiesta di privacy. I giudici? Tutti la fine di Mani pulite! Ragazzi che fine quel padreterno di Di Pietro! Per fortuna nel Cavaliere suo continuatore, sopravviveva lo spirito di Bettino Craxi. Qualcuno doveva pagare per la sua morte in esilio.
Intanto si cominciavano ad avvertire le prime doglie di un parto, forse doloroso, ma certo di fausto augurio. Il Sole dell’avvenire si chiamava ormai Seconda Repubblica. Che poi, dopo tutto quel vento, la madre di tutte le disgrazie partorisse il topolino della rachitica Repubblichetta nella quale ci troviamo ancora a starnazzare, non fu colpa di chi quell’ondata aveva provocato per reazione alla dilagante corruzione, ma di chi, da quella situazione seppe trarre profitto per esplodere ed imporsi come il Nuovo in politica, come l’atteso Messia.
E quei tristi figuri vorrebbero ancora imporre il rispetto per i loro segreti? No! Io e quelli che la pensano come me non ci stanno! Due i principi irrinunciabili: a me dev’essere permesso di sapere tutto dei candidati sui quali io sono chiamato a pronunciarmi col voto, e questo lo devo sapere ben prima del voto stesso. Io devo sconoscere personalmente colui che sceglierò: l’appartenenza a questo o a quel gruppo è troppo poco per me. Devo conoscerne la serietà, l’onestà, l’affidabilità, l’incorruttibilità. Perché questo sia possibile sarà necessario che chi avrà la responsabilità di mettere in lista i candidati si faccia giudice severissimo degli aspiranti. La prima selezione spetta a loro. Noi faremo la seconda. Sperando che nel mucchio non siano state nascoste troppe mele belle fuori e marce dentro. Fuori tutti i lacchè, gli yesman, gli arrivisti, i calabrache e gli arlecchini servitori di due padroni. Non è di loro che ha bisogno l’Italia.
Il secondo principio è questo: chi avrà il coraggio di candidarsi o di accettare la candidatura, deve convincersi che il tempo del suo inviolabile privato è finito: di lì in poi egli sarà un uomo pubblico e il pubblico non potrà mai essere privato «per la contraddizion che nol consente». Di lì in poi tutto di lui interesserà colui che gli avrà dato il voto, perché egli dovrà sapere se rivotarlo o no, se se lo merita o no. Vuol cambiare moglie? Può farlo, ma alla luce del sole. Le scappatelle le lasci ai liceali. Non son più roba per lui.
Quanto alle mazzette e simili, si ricordi che molti secoli fa, un prode cittadino romano, si lasciò bruciare la mano destra perché quella mano aveva sbagliato un colpo di spada. Un esempio per tutti. Temo solo che se i politici nostrani lo imitassero tutti, l’Italia diventerebbe tutta mancina (Scevola). Allora forse anche la sinistra italiana tornerebbe a vincere.


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