E se la colpa di tutto fosse nel peccato?


Mi immagino le reazioni: questo è ubriaco! Si può andare avanti ancora a parlar di peccato, di un Dio che punisce il peccato? Ma dove vive costui? Non sa che siamo ormai nel Terzo Millennio e che il Medioevo è finito da un pezzo?
Certo che lo so. Ma so anche qualche altra cosa, che altri o non sanno o dimostrano di non sapere. So che per punirci di un nostro peccato non c’ è bisogno di Dio: è il peccato stesso che s’incaricherà di punirci.
Mi spiegherò con un paio d’esempi. Il fumo fa male e io lo so, ma fumo lo stesso. Nessuno può darmi ordini, penso io; nemmeno un medico. E fumo, e anche molto. E mi busco un cancro. È Dio che mi punisce? Macché! è il tabacco che si vendica: tu mi dai fuoco e io, col mio fumo, ti massacrerò i polmoni. Non avrò misericordia. Il mio fumo è il sicario che mi vendicherà.
O ancora: io amo la montagna, ma la montagna io non l’ho mai “studiata”: non ho mai imparato l’arte dello scalare: non conosco né i tipi di roccia, né le leggi del tempo, né le differenze fra chiodi e chiodi, fra corda e corda, fra rampone e rampone, ecc. Non conosco bene neppure me stesso: le mie forze (che non ho mai coltivato con duri allenamenti in parete), i miei limiti, la mia resistenza alla fatica, al freddo, alle vertigini. Semplicemente mi piace vedere il mondo da lassù. E la montagna, sentendosi sottovalutata, si vendica. La montagna è crudele come solo certe bellissime donne sanno esserlo. Come Turandot. Se non sei degno di loro, non esiteranno a darti la morte.
In tutti e due i casi – ma sai quanti se ne potrebbero ancora citare – nessuna di quelle “vendette” potrebbe mai essere imputata a un Dio che vive “in excelsis”, oltre le nuvole: che del nostro non sembra mai interessarsi, se non per punirlo.
A che mira tutto questo lungo cappello? A consentirmi di porre la scandalosa domanda: e se tutta la crisi che attanaglia e minaccia di stritolare l’Europa e gran parte del mondo, almeno quello occidentale, più che alle avverse congiunture e alla cattiva sorte, fosse da attribuire alle cattive leggi degli uomini? E se fossero proprio quelle i veri e più gravi peccati dell’uomo?
Qui però s’impone una precisazione terminologica.
Che cos’è dunque il peccato? E cosa intendo io qui usando questa parola? Mi immagino che per molti la risposta sarà: peccato è fare tutto ciò che è proibito da Dio e dalla sua legge. E il male che ce ne viene è diretta punizione divina. Basterà negare Dio, e nessuna pena sarà più da temere. Non più peccati: solo reati. Azioni contro leggi dell’uomo. Basterà prevedere i reati e comminare pene adeguate. E ogni malattia avrà la sua cura.
Orbene: questa risposta non è errata, ma è gravemente insufficiente. La risposta giusta suona più o meno così: peccato è un’azione in sé gravemente o lievemente perversa che, per il fatto stesso di essere posta, è capace, per sé stessa, di produrre del male (poco o molto che sia): a qualcuno, a molti, a tutti coloro che in qualche modo ne saranno raggiunti o, al limite, anche solo a colui che pone quell’atto. Non è un problema di pena: il veleno, comunque tu lo assuma, ti ammazza sempre. Anche se lo credi una medicina.
Così il peccato: atti innanzitutto contro l’uomo, prima che contro Dio. Anzi, atti che Dio proibisce proprio in quanto sono contro l’uomo. Su dieci comandamenti, sette riguardano atti contro l’uomo e solo tre contro Dio.
Ancora: nessuna azione è cattiva solo perché è proibita o è buona solo perché è comandata. Ogni azione è buona o cattiva nella misura che giova o fa danno all’uomo.
Questa legge morale universale può conoscere delle eccezioni? La risposta è sì e no allo stesso tempo, ma in relazione a due campi diversi dell’agire umano: cose in sé legittime possono a volte diventare illegittime (o viceversa) secondo casi e situazioni diverse (per legittima difesa sono permesse azioni che mai potrebbero essere consentite in condizioni normali); altre sono tali che mai e poi mai potrebbero cambiare natura e dunque ottenere un diverso giudizio da una coscienza ben avvertita: i valori della vita, dell’onestà, della giustizia, della verità. Ma anche qui con quante sfumature diverse, caso per caso!
Ciò premesso tento la mia spiegazione del titolo: Non sarà che la crisi mondiale (o almeno europea) che ci affligge è la conseguenza diretta di scelte etiche intrinsecamente perverse, ormai invalse e condivise in tutto il mondo della finanza, dell’imprenditoria e della politica mondiali? Una scelta basata sul principio, ormai universalmente accettato, che valore supremo che regola questo universo è il profitto, per cui ogni speculazione, ogni traffico, ogni compromesso, ogni sotterfugio, ogni via d’uscita dalla costrizione dell’etica diventa lecita se è funzionale agli interessi del potere? Il mondo della finanza come una savana o una giungla senza altra regola che non sia quella del più forte, del più scaltro, del meno inibito da scrupoli di coscienza? Il mondo della politica come un ring dove si combatte senza esclusione di colpi, senza altra legge che quella del consenso comunque ottenuto? Il mondo del profitto garantito, a prezzo di ogni lacrima e di ogni tragedia familiare? Il mondo del lusso nutrito col sangue di tutti gli affamati e di tutti i disperati della terra? Il mondo dell’imprenditoria senza scrupoli, dove pochissimi e potentissimi re Mida affamano miliardi di creature senza voce né difesa alcuna?
E chi potrebbe trovarci qualcosa di strano, se io proprio questa scelta etica di fondo la volessi chiamare, del tutto laicamente, peccato originale, e tutti i comportamenti a essa ispirati li volessi chiamare semplicemente peccati? Sarei davvero tanto lontano dalla realtà? Peccati contro l’Uomo, se dà fastidio il dire contro Dio.
Qualcuno obietterà: perché non chiamarli semplicemente reati? Perché un reato è la disobbedienza a una legge contenuta in un codice, civile o penale che sia. Ma sapete com’è: ci vuol mica tanto, a un Potente, costruirsi tutto un repertorio di leggi ad personam. Non alludo solo a fatti recenti: se ne potrebbero citare tanti da riempirci un’intera galleria di ritratti.
La speculazione? Detestabile quanto si vuole, ma assolutamente intoccabile in Borsa. Anche quando si avventa sulle economie agonizzanti? È la legge della savana, bellezza! Non è sull’animale più debole che s’avventano sempre i predatori? E l’uomo non viene egli stesso dalla savana e dalle sue leggi impietose?
Ma che c’entra il peccato? E perché scomodarci proprio Dio?
Ebbene sì: perché è proprio qui che Dio ha messo la sua faccia: quando è venuto a sostituire la legge della savana con la legge del Regno dei Cieli; la legge della forza con la legge dell’Amore; la legge dei crocifissori con la legge del Crocifisso.
Finché domineranno i Potenti, il mondo sarà sempre costruito a loro immagine e somiglianza: immagine dura, spietata, odiosa; proprio come la legge della savana dove lo sbranatore si lecca i baffi mentre riposa vicino ai resti sbrindellati della vittima, per i quali del resto solo gli avvoltoi mostrano interesse.
Dio sarà anche solo una favola: ma è una favola bella, alla quale non so rinunciare. Ma proprio in questo è la mia differenza dalla povera zebra che si contorce fra le zampe e le fauci del leone che la sbrana: per lei tutto finisce. Io posso ancora sperare in un “Oltre”. E in quell’Oltre avere la meglio sul mio sbranatore.

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Una risposta a “E se la colpa di tutto fosse nel peccato?”

  1. Condivido l’articolo è solo una questione di scelte ma a volte si è costretti a scegliere e ovviamete non di fumare o di scalare montagne ma scelte di vita molto dolorose che qualunque Dio, qualora ne esistesse uno, non saprebbe cosa consigliare. Non sono credente come avrà capito o meglio, credo nella capacità del pensiero umano, credo nel senso di appartenenza al genere umano credo nella giustizia sociale, credo in uno stato etico e in un Dio laico. Chi non crede nella capacità di discernimento del pensiero unano, Crede in Dio.
    Sono una carissima amica di Michèle Le chiedo scusa per l’ivasione Le porgo gli auguri di buon anno. Marisa