Li guardavo dalla mia finestra virtuale sul mondo (ahimè solo virtuale) e li vedevo laggiù, in quella piazza nella quale più volte ho passeggiato anni addietro.
Quella piazza che non sembra neppure una piazza, e difatti non si chiama nemmeno piazza del sole ma porta: Puerta del Sol, e il suo nome lo deve per metà a una porta dell’antica cerchia muraria, oggi scomparsa, e per l’altra metà a un sole dipinto sulla lunetta del portale d’una chiesa, anch’essa scomparsa. Di quel passato resta solo quel nome.
Puerta del Sol: un emiciclo sul quale confluiscono sette strade non distante dal Palazzo reale, dalla Plaza Mayor, dal Teatro Real del Opera. La sua posizione strategica di centro e di snodo, ha giocato un ruolo importante nella fortuna del movimento de «los Indignados», facendo da cassa di risonanza a quella protesta.
INDIGNATI! Magnifico nome!. A volte basta un nome a stabilire le distanze e le differenze.
Indignato: adirato, sdegnato (Palazzi). Io aggiungerei anche “arrabbiato”. Essenziale, però, l’idea d’ingiustizia, d’un’offesa subita che ferisce, che umilia, che induce alla protesta.
Indignato: un participio passato aggettivato, scelto dai giovani madrileni (studenti, operai, senzalavoro, precari, minacciati di licenziamento senza prospettive di riassunzione), che è anche la misura della civiltà di quella gente.
Provate a immaginare quale participio passato, anch’esso aggettivato, avrebbe scelto la Santanchè per esprimere lo stesso concetto: sai una di quelle parole che riempiono la sua pur capacissima bocca che se non sente sapore di sconcio non l’apre neppure.
Tre settimane sotto il sole e la pioggia, di giorno e di notte, sostenuti dal favore di chi solidarizza con loro, portando anche generi alimentari e a dir loro: non mollate!
Li osservavo, li ammiravo, facevo il tifo per loro, mi rammaricavo (e mi rammarico anche ora, mentre scrivo) di non essere lì, con loro, mentre fanno la storia.
Sì perché questo è un vero modo di fare la storia. Questo scendere in piazza, questo gridare lo sdegno, questo invocare giustizia, questo affidare al linguaggio d’un corpo disteso sull’asfalto a dormire per rialzarsi sentendosi a pezzi e ricominciare subito a cantare, a danzare, a gridare slogan, a stringere mani a disegnare cartoni.
Non è questa una quaresima di impegno civile, umano, sociale, cristiano? Sì, proprio: cristiano!
Impegno civile ecumenico: che parla l’unica koinè che l’uomo d’ogni parte del mondo e d’ogni idioma capisce all’istante, d’istinto, senza bisogno di dizionari o di interpreti,.
È la stessa lingua di piazza Tienanmen, col suo serpentone di tank a cannoncini puntati che avanzavano verso la piazza simbolo del comunismo maoista, la più grande piazza del mondo, dove qualche anno prima avevo fatto un giro su una bicicletta prestatami da un cinese. Ecco: lo fronteggia un giovane uomo, armato di solo coraggio: la camicia bianca, la stessa che vedevi indosso a tutti, uomini e donne, nella Cina comunista. Se il tank accenna a spostarsi sulla destra, il giovane va a destra, se il tank va a sinistra, a sinistra va anche lui. Quei giorni le vittime si contarono a migliaia. Anche la Cina ha le sue Madri di piazza Tienanmen, come il Cile di Pinochet ebbe le Madri di Plaza de Mayo.
Né quelli né questi furono sacrifici inutili. Sia a Ovest delle Ande sia lungo le rive del Fiume Giallo molte cose sono cambiate. Altre ne cambieranno ancora. Nessun concime è più efficace del sangue dei martiri. Basta saper aspettare. Qualcuno mangerà dei suoi frutti. Sempre.
Anche i moti della Puerta del Sol sono, essi stessi, il frutto di primavere sbocciate già altrove. Anch’esse con le loro vittime. Da 6-7 mesi è un susseguirsi di primavere. In Bahrein, nel Magreb (Tunisia), in Egitto, in Libia, ora anche in Siria; non è scampato neppure l’Iran di Ahmadinejad. Anche in terra greca c’è già chi s’indigna. Né mancano “rumors” nella nostra Italia.
Provvidenza divina o invincibile naturalissimo anelito alla libertà comune a ogni uomo?
Ognuno si dia una risposta. Io ho pronta la mia, nella quale c’è posto sia per la Provvidenza divina sia per la responsabilità storica dell’uomo.
La mia risposta io l’articolerò così: l’uomo, è nato come ogni animale. Il più feroce degli animali. L’unico che non uccide solo quando ha fame e nella misura della sua fame, ma che ama uccidere per gioco, per sport, per divertimento. Soprattutto per bramosia di denaro e più ancora di potere. E non ammazza solo animali. Molto più si diverte ad ammazzare uomini. A straziarli.
Lo scoiattolo mette da parte ghiande e nocciole quante gliene servono per l’inverno, per un inverno. L’uomo vuole accumulare per le generazioni a venire (dice: devo pensare ai miei figli). Così facendo dispensa i propri figli dal guadagnarsi da vivere. Dice che questo è amore, ma questo amore vorrà dire stenti dolore morte per milioni, miliardi di figli di altri uomini. Un 20% di uomini, detiene l’80% delle risorse e della ricchezza globali.
E poi: vuoi mettere il gusto di far chiudere bottega al concorrente? Del resto il capitale cresce solo sottraendone parte ai concorrenti. Ciò provocherà povertà per i meno forti, per i meno abili, per i meno intelligenti? È la legge del mercato, bellezza! Così l’uomo inventò la meritocrazia: sacrosanta per le responsabilità, cannibalesca in termini di compensi. La giraffa con collo e zampe più lunghe mangia più della giraffa piccola. È risaputo: dove sarebbe lo scandalo?
Un esempio preclaro. Il deputato italiano avrà un vitalizio di 3000 euro al mese per tutta la vita. Solo per aver messo piede un volta a Montecitorio da deputato. È giusto? No. Hanno messo ai voti la proposta di sopprimere il vitalizio: favorevoli 22, contrari 498. Per il mantenimento hanno votato anche i cattolici!!!
Fate il conto 3.000×12 = 36000 (magari anche la tredicesima? Non so). Moltiplicate 36.000×20 (30,40,50, 60 anni quanti ne può vivere una Irene Pivetti). Poi moltiplicateli per tutte le irene pivetti che vivono in Italia, probabilmente migliaia: giovanissimi deputati degli anni 40-50 sono ancora vivi, senza essere più in parlamento. E l’Italia ha un parco peones fra i più numerosi del mondo: più di 1000 per volta. E noi paghiamo!
La mia vicina di casa prende meno di 500 euro al mese. Dice che non le bastano per vivere! Le credo.
È Beppe Grillo questo? No. È Vangelo.
Se poi l’unico che parla come parla il Vangelo, in Italia, è Beppe Grillo, (che creda o non creda è lo stesso) allora povera Italia! E povera Chiesa!
Sì perché io la vorrei sentire parlare, la mia Chiesa, sempre come parlano i poveri. E i difensori dei poveri.
Vorrei che la Chiesa si ricordasse che Gesù moltiplicò i pani per chi aveva davvero fame e rovesciò i tavoli dei cambiavalute che trafficavano nel Tempio.
Vorrei che la Chiesa fosse molto più cauta nel manifestare i suoi favori ai politici: la speranza di riceverne in cambio dei favori non è titolo sufficiente.
Perché parlo così? Perché sono un Indignato anch’io.
P.S. In diretta: dalla mia finestra virtuale sul mondo, vedo Antonio Fazio sul banco degli imputati che ascolta la sua condanna a 4 anni (il resto, spiccioli).
In questi giorni un altro potente abbiamo visto sul banco degli imputati, ugualmente distrutto: il potentissimo DSK.
Abbiamo visto anche Mubarak. Anche Bel Ali. Forse vedremo presto Gheddafi. A volte mi par di capire che Dio e l’uomo qualche punto in comune lo trovino.
Io per parte mio continuerò a pregare ogni giorno il buon Dio perché umili severamente i potenti che non stanno lì solo per servire.
Il mio libero canto su los indignatos
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