Ma il Dio di Gesù Cristo è un’altra cosa


L’ultima opera di Stephen Hawking, uno fra i più grandi fisici viventi, ha messo in rumore il mondo del pensiero di mezzo pianeta.
La tesi è presto detta: Dio è inutile, Dio non serve né all’universo né all’uomo. Né al singolo individuo né all’umanità nel suo insieme.
Il pensiero di Hawking è riassunto in modo efficace da Francesco e Luca Cavalli-Sforza in un articolo su La Repubblica di ieri, di cui qui riprodurrò, ampli stralci della conclusione.
«Non ci risulta che l’esistenza o meno di Dio possa essere provata logicamente. Anche fra gli scienziati si trovano persone di fede religiosa… Se ragioniamo sulla nostra specie, troviamo entusiasmante il fatto che ogni comportamento, ogni etica, ogni filosofia e scienza, ogni politica, sia una semplice creazione umana, … nel corso dei circa 100.000 anni di evoluzione dell’uomo moderno. E che non vi sia un parametro divino su cui misurarsi, né alcuna verità assoluta, solo la certezza di nascita e morte. Questo investe di responsabilità ogni nostro gesto. Delle sue azioni l’uomo ha da rispondere solo a sé stesso, agli altri uomini e alla natura. Dipende da noi esseri umani fare della vita un paradiso o un inferno, del pianeta un giardino o un deserto. La personale responsabilità di ciascuno davanti a tutto e a tutti è la radice di una moralità vera, che ci apre la possibilità di sviluppare i migliori potenziali umani. Di dare, per così dire, forme nuove a noi stessi. Sarebbe così se fossimo stati formati con un “progetto” che ci precede?».
Subito due annotazioni:”Non ci risulta che l’esistenza o meno di Dio possa essere provata logicamente». Dunque né l’esistenza né la non esistenza di Dio può essere provata logicamente. Ciò vuol dire che credere o non credere non è una questione di logica o di scienza, dunque di conoscenza.
Credere o non credere è, e sarà sempre, un’opzione, una scelta personale e, in fondo, un rischio: comunque tu scelga, potrai sempre sbagliare.
La seconda osservazione: «Sarebbe così se fossimo stati formati con un progetto che ci precede?». È evidente che a Hawking e agli autori dell’articolo, piace l’idea dell’ uomo “faber fortunae suae”, autore del suo destino. E poiché a loro piace pensare a un uomo che non dipende da nessuno nelle sue scelte e nei suoi progetti, a un uomo libero da ogni volontà che lo condizioni e lo limiti, Hawking e chi lo commenta, concludono che di Dio si può benissimo fare a meno. Ma come non basta credere che Dio esista per farlo esistere davvero, così non basta credere che non esista perché Dio non esista davvero. Questo discorso, se preso sul serio, porta a una sola conclusione: poiché non è possibile né dimostrare l’esistenza di Dio né la sua non-esistenza, resta che tutto dipenderà dalla scelta di ciascun individuo e dalla risposta che ognuno preferirà darsi. Proprio qui si pone il secondo passo di questo processo di conoscenza.
Il duo Cavalli-Sforza (padre e figlio) continua: «Che vi sia o non vi sia un Dio, l’umanità ha mostrato di averne bisogno, per lo più, almeno nel corso degli ultimi millenni. L’incertezza del futuro, la paura del dolore e della morte, le condizioni miserabili di vita, il trionfo perenne della violenza e dell’ingiustizia: proiettiamo la speranza di un riscatto al di fuori di noi e al di la delle schifezze della vita. quindi al di là della vita stessa, se questa non ha altro da offrire. La fede religiosa si può così rivelare un vantaggio, dal punto di vista evolutivo, perché la speranza di una vita migliore nell’aldilà attenua il terrore e dà forza per andare avanti a vivere, per dura che sia, e la speranza di un giudizio divino che si abbatterà sui colpevoli conforta chi non spera più nella giustizia umana».
Quanto si legge in queste righe concorda con tutte le diverse ricerche scientifiche che sono state condotte nel mondo.
Credere aiuta a vivere, a vivere meglio, più serenamente, più in pace. E, probabilmente, anche più a lungo. Esse rappresentano un buon antidoto allo stress, all’ansia, alla paura del domani. E questo lo riconoscono anche i nostri Autori. Anzi essi arrivano ad affermare che «la fede può così rivelarsi un vantaggio, dal punto di vista evolutivo». Non male!
«Se non aiutassero a sopravvivere e riprodursi, del resto, le religioni sarebbero scomparse da un pezzo dalla faccia della terra. Soddisfano il bisogno di un padre e di una madre, di una guida per vivere, di sperare che la sorte ci riservi qualcosa di meglio e di speciale. Fantasie, che per millenni sono stati quasi una necessità ma di cui il mondo moderno tende a fare progressivamente a meno. La moralità laica, di chi sa di dover rendere conto solo a sé stesso e agli altri, ci sembra di gran lunga preferibile e più avanzata della moralità di chi agisce in base a criteri fissati da enti esterni o magari per timore di punizioni post mortem» nell’aldilà.
Se fino a questo punto ho potuto seguire il passo dei due Autori, ora le nostre strade sono destinate a separarsi. Voglio solo sottolineare come, ancora una volta le preferenze dei due Autori, non si fondano su argomenti logici, scientifici, storici, ma esclusivamente su una preferenza che chiamerò “estetica”: vuoi mettere la bellezza, la dignità, la nobiltà d’un umanità che opera non in base a precetti eteronomi, ma da una scelta autonoma, consapevole, e soprattutto libera! È qui, secondo gli Autori, tutta la superiorità dell’etica laica sull’etica delle religioni. Ma per vedere quanto sia parziale e miope questo argomento, basterà scorrere le ultime righe dell’articolo.
«Se vogliamo, la vera prova dell’inesistenza di Dio non viene dalla logica, ma dalla storia: è negli orrori, negli eccidi, nelle iniquità senza fine di cui si sono rese responsabili le religioni, le confessioni, le chiese. L’idea di Dio è naufragata nella marea di infamie compiute in suo nome, spesso promosse dai suoi sommi sacerdoti. “Gli uni lo chiamano Ram; gli altri lo chiamano Rahim; poi si ammazzano l’uno con l’altro”. Così diceva Kabir, mistico indiano vissuto nel Quattrocento, dei musulmani e degli indù suoi contemporanei. In lingue diverse, sia “ram” sia “rahim” significano “amore”».
Sono veramente grato ai due Cavalli-Sforza padre e figlio, per avermi offerto, su un piatto d’argento, tutto ciò che è necessario per confutare i loro argomenti. Chi mi ha seguito in questi ultimi anni, sa bene quante volte ho insistito su questo punto: è quasi incredibile come, chi parla delle responsabilità delle religioni nelle stragi, nelle carneficine, nelle violenze compiute in nome della religione, dimentichino che tutte queste scelleratezze non provengono da un qualche Dio, nel quale del resto spesso neppure si crede, ma sempre! sempre! sempre! dall’uomo che le concepisce, le vuole, le ordina, le perpetra con le proprie mani, scaricandone prima, e anche poi, la responsabilità su Dio che gliele avrebbe comandate. La verità è che l’uomo, quasi sempre, quando dice di credere in Dio, finisce col credere in un Dio che lui stesso (l’uomo) si è creato a propria immagine e somiglianza. Ne risulta quasi sempre un Dio odioso, crudele, sanguinario, spietato, stupidamente feroce come sa esserlo solo l’uomo quando tortura per divertirsi a veder soffrire, urlare, contorcersi l’uomo nei supplizi. Solo che qualche volta quest’uomo arriva a scaricare sull’ordine divino la sua crudeltà.
Qualcuno mi griderà in faccia: e il Dio dell’Antico Testamento quante stragi ha ordinato? Personalmente credo che LUI, non ne abbia ordinata neanche una. Sono letteratura d’un’epoca che faceva risalire a Dio tutto ciò riguardava il suo popolo. La terribilità del Dio era la prova della grandezza e della predestinazione d’un popolo.
Devo ammettere però che c’è una cosa che mi turba nell’articola in questione: quell’aneddoto su Ram e Rahim, tutte e due che significano amore e nel nome dei quali i rispettivi adoratori si scannano. Anche il Dio di Gesù Cristo è amore e in nome di quel Dio quanta gente è stata ammazzata nel corso della storia. Ma appunto, chi brandiva le spade erano uomini! uomini! uomini! che piantavano le spade nelle terre di conquista e nei petti dei nativi a significare la croce. Ma quella croce non era quella su cui era morto Gesù: era quella con la quale migliaia di uomini uccidevano milioni di altri uomini! se la nuova umanità stenta tanto a nascere, è solo perché tutti gli uomini sono solo uomini. E di quegli uomini anche il Vangelo stenta a far dei santi.

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