A Francesco. Vescovo di Roma e mio


In piazza San Pietro, ieri mattina c’ero anch’io. Per il primo Angelus di Francesco, vescovo di Roma, e anche mio. Ancora una volta. Come ci fui per l’ultimo di Papa Benedetto.
Solo 17 giorni sul calendario. Secoli e secoli nell’immaginario di chi li ha visti tutti e due. Dovremo tornarci a lungo, e ragionarci, perché quei 17 giorni equivalgono a secoli. Quei giorni equivalenti a secoli che fanno il mistero e la grandezza della Chiesa, santa e prostituta, madre di santi e di peccatori, speranza e disperazione di chi crede in essa, gloria e vergogna dei suoi figli che ha nutrito del suo latte ma a cui non ha saputo risparmiare il disprezzo dovuto ai suoi vizi.
Ma quasi in preparazione al grande giorno della sua presa di possesso della cattedra che fu di Pietro, vorrei farvi conoscere questa mirabile lirica del grande poeta Davide Maria Turoldo, un profeta dei nostri tempi, dei frati dei Servi di Maria.

Mio prefazio a Pasqua

di Davide Maria Turoldo osm

Io voglio sapere
se Cristo è veramente risorto
se la chiesa ha mai creduto
che sia veramente risorto.
Perché allora è una potenza,
schiava come ogni potenza?
Perché non batter le strade
come una follìa di sole
a dire: Cristo è risorto, è risorto!
Perché non si libera dalla ragione
e non rinuncia alle ricchezze
per questa sola ricchezza di gioia?
Perché non dà fuoco alle cattedrali,
non abbraccia ogni uomo sulla strada
chiunque egli sia,
per dirgli solo: è risorto!
E piangere insieme,
piangere di gioia?

Perché non fa solo questo
e dire che tutto il resto è vano?
Ma dirlo con la vita .
con mani candide
e occhi di fanciulli.

Come l’angelo dal sepolcro vuoto
con la veste bianca di neve nel sole,
a dire: «non cercate tra i morti
colui che vive!».

Mia chiesa amata e infedele
mia amarezza di ogni domenica,
chiesa che vorrei impazzita di gioia
perché è veramente risorto.

E noi grondare luce
perché vive di noi:
noi questa sola umanità bianca
a ogni festa
in questo mondo del nulla
e della morte.

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