Ci sono giorni in cui l’unica canzone che
vorresti cantare è “La vie en rose” e magari
rimpiangi di non avere la voce della grandissima
e minutissima Edith Piaf, (nome d’arte, dove piaf, nel gergo parigino, significa passerotto).
E anche quando gli ormai innumerevoli ammiratori, più che a pensare a un passerotto, cominciarono a parlare di lei come di un “usignolo” (sempre comunque di un piccolissimo uccello si trattava), la sua piccola statura fu resa ancora più esile dai colori scuri dei suoi abiti, raffinati certo, ma mai ostentanti ricchezza.
Ma non è del piccolo Usignolo che intendo parlarvi qui, stasera, ma dei casi della vita, di ogni vita, di quelle che sembrano consumarsi sugli altari della più consacrata celebrità, fino a identificarsi con un’epoca, con una stagione della vita e forse d’una civiltà; e di quelli più umili e modesti, dove non i trionfi dell’Olympia e del Moulin Rouge di Parigi, o della Carnegie Hall di New York stanno a consacrarti per un domani che conserverà il tuo nome e la tua memoria, ma le cose umili di ogni giorno, quelle “buone cose di pessimo gusto” che amavano tanto i poeti decadenti del primo Novecento (Guido Gozzano su tutti).
Ebbene, è di queste che vi dico stasera, di quelle che sono alla portata di tutti, alla mia e alla vostra portata: cose di casa nostra, delle piccole gioie per tutti, che i palati raffinati spesso disprezzano, ma solo perché essi stessi drogati, perché chi di droga si nutre, solo di droga può vivere. Decadente anch’io, stasera, come Gozzano? Forse. Ma almeno, tu avevi ancora un sapore di vero, vecchia cara “Nonna Speranza”. Oggi dove lo trovi più un sentimento vero? È quello che oggi ci manca tanto.
Antonio Santantoni
Venerdì 27 Gennaio 2017 – La buonanotte di don Antonio
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