Martedì 15 Novembre 2016 – La buonanotte di don Antonio


Sono appena rientrato dalla mia rincorsa alla Superluna di cui ci han tanto parlato gli organi di stampa in questi ultimi due o tre giorni.
Ho sempre molto amato la luna, e soprattutto amavo contemplarla davanti al mare o a un grande lago (acqua comunque e sempre) che si rifletteva tremula sulle onde, e in quel palpitare cercavo di capire anch’io quello che essa voleva dirmi.
Le mie erano sempre visioni di tranquillità e di pace, che anche quando il cuore era turbato, riuscivano a ridarmi serenità.
Ma stasera è delle parole di un grandissimo poeta che voglio farvi dono, specialmente dedicandole a chi le conosce. Sono parole di Giacomo leopardi che vi sto parlando, e del suo famosissimo idillio “Alla luna”. Eccolo.

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Vi pare triste? Perché non conoscete quella del “Canto notturno d’un pastore errante dell’Asia”.
Tristi tutti e due, ma con la luna a testimone e a conforto per entrambi.
Ma Giacomo Leopardi aveva perduto la fede. Noi, grazie a Dio, l’abbiamo ancora ben salda.
E in questa fede vi benedico tutti.
Don Antonio