L’Immortale Poema Di Gesù Di Nazaret


Era l’autunno inoltrato del 2006, quando rimasi folgorato da un verso del poeta australiano Les Murray che aprì nuovi insospettati orizzonti alla mia fede. Rafforzandola. Ve ne citerò qui alcune frasi nella traduzione italiana di Gaetano Prampolini. Rimasi colpito, qualche giorno più tardi, scoprendo che lo stesso mio entusiasmo per quei versi era stato espresso da Elena Loewenthal, autorevolissima voce della cultura ebraica a livello mondiale.

Un ultima premessa: L’Autore, Les Murray, è uomo di religiosità profonda e praticante, non dunque d’un sentimento vagamente o ironicamente religioso. Un uomo religioso a tutto tondo.

Titolo:   Poesia e religione.

«Le religioni sono poemi. Concertano / la nostra mente, onirica e diurna, le nostre / emozioni, istinti, respiro e identità

«nell’unico modo totale di pensare la poesia.

Niente è detto finché non è tutto sognato in parole / E niente è vero che solo in parole consista. /

«Religione piena è il gran poema che itera amore; / come ogni poesia, dev’essere inesauribile e completa / con punti in cui chiediamo Perché il poeta ha fatto questo?…

«… Dio è la poesia còlta in ogni religione / còlto, non imprigionato…».

La citazione è lunga e forse neppure facilissima, ma troppo preziosa per poter rinunciarvi. Va proprio nel senso che volevo dare a questa mia riflessione pasquale. Un pensiero che mi ha accompagnato nella liturgia delle ultime due settimane, coi brani del Vangelo di Giovanni e delle lettere di Paolo dai quali risulta, con assoluta evidenza,il processo di trans-significazione delle parole più direttamente e più propriamente “storiche” (quelle uscite dalla bocca stessa di Gesù),più facilmente rintracciabili nei tre Vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca.

Fu proprio per la riflessione di Paolo e di Giovanni, che la realtà storica di Gesù di Nazaret –con la sua parola e il suo messaggio, con la sua vita morte e risurrezione, col suo insegnamento e il suo esempio, – apparve all’uomo come la risposta di Dio alla tante volte invocata redenzione e liberazione del suo popolo.

Davanti alla risposta divina,gli apostoli, continuatori della sua opera sulla terra, si sentirono impegnati a dare,a loro volta, una risposta alla risposta di Dio; e ognuno di loro lo fece come meglio seppe. Così Giovanni, così Paolo, cosi Pietro e Giacomo e Giuda, e chiunque abbia posto mano a predicare o a scrivere di lui.E ognuno lo fece a genio proprio, senza ripetere lezioni mandate a memoria, secondo ciò che a ciascuno di loro era stato dato di intendere e ricordare.

Fu così che ciascuno di loro, raccontando e predicando, elaborò un suo “poema”, tutti ugualmente fedeli,nello spirito, all’originale, ma ognuno diverso nei particolari. Lo stesso avvenne dopo la morte dei testimoni oculari, ma con in più l’inevitabile pericolo che, più l’evento si faceva lontano nel tempo, più cresceva il pericolo di errori e manipolazioni del messaggio.

Così nacquero le deviazioni, le eresie, gli scismi: tutti pericoli gravissimi per la Chiesa e presenti anche nella tradizione più sana. Rischi inevitabili, perché mai può accadere che di dieci che ascoltano lo stesso racconto, tutti ne offrano la stessa versione o ne abbiano ricavato le stesse impressioni; è ciò che giustifica quel “secondo Matteo, Marco, Luca, Giovanni”, che a volte sembra disorientarci un po’. Ciò vale per tutti, dal letterato al teologo, dal mistico al poeta.

Se ciò vale soprattutto per Giovanni e Paolo, nessuno deglialtri testimoni è sfuggito a questa legge. Ma sono soprattutto gli scritti di Giovanni e di Paolo che ci fanno pensare alla grandiosità del poema,ben al di là della “poesia piccina” che il poeta australiano lamenta in chi non sa volare con la grande poesia delpoema. Ed è proprio su quei grandiosi “poemi” che agì lo Spirito di Dio

Riflettendo su questo, non ho potuto fare a meno di pensare a un opera fondamentalissima sia per l’esegesi biblica sia per la teologia biblica del XX secolo, che ha rappresentato una sferzata salutare anche per l’esegesi cattolica.

Alludo al celebratissimo Jesus di Rudolf Bultmann, fondatore e teorico della Entmythologisierung, odemitizzazione. Bultmann parte dall’idea che il Gesù dei cristiani, soprattutto cattolici, è il risultato di un grande processo di mitizzazione che ha fatto del profeta (colui che annunzia) lo stesso oggetto della sua profezia (colui che è annunziato), e addirittura il figlio di Dio, anzi Dio egli stesso. Bultmann voleva riportare le cose alla loro vera proporzione,sfrondandole di ogni incrostazione mitica.Nella sua visione, è chiaro,chi fa storia non può far posto alla poesia. Dunque, neppure alla religione.

Ma un mondo così, senza poesia e senza religione, non fa per me. Fra il Gesù di Bultmann e il Cristo di Paolo e di Giovanni, la mia scelta è già fatta da un pezzo. Non saprei rinunciare né al cuore né alla poesia. Dell’uno e dell’altra devo dire che raramente mi hanno deluso.

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