Il colore della memoria


Stasera vi parlerò del colore della memoria.
Certo, perché anche la memoria ha i suoi colori. Perché di colori ne ha tanti la nostra memoria, quanti la nostra vita. Anzi, proprio questo arcobaleno di colori, l’uno che sfuma nell’altro, che si confonde con l’altro, che gode di perdersi nell’altro, ne può rappresentare il suo aspetto più affascinante e più bello.
Per esempio, se qualcuno di voi mi chiedesse qual’è il colore della mia memoria pensando alla Promenade des Anglais di Nizza, io risponderei sicuro: tanti e tutti bellissimi. Tutti quelli che io vidi quando vi fui in visita.
Questi soprattutto: il blu intenso del mare lungo i due chilometri di passeggiata (questo in italiano il significato di promenade), e poi il verde delle palme fra l’amplissima strada e la curatissima spiaggia,e poi il minuzioso, delizioso ricamo dei colori fra un’aiuola e l’altra; e poi l’oro caldissimo, prezioso della sabbia, dalla quale, se ti ci stendi una volta, vorresti non rialzarti mai più; e poi l’azzurro del cielo, il rincorrersi delle candide nubi in un cielo geloso della bellezza di quella striscia di terra che tutto il mondo invidia ai francesi che furono così accorti dal volerla in cambio dall’Italia per l’aiuto prestatoci nelle lotte per l’unità d’Italia: sgarbo che non ci perdonò mai Giuseppe Garibaldi che a Nizza era nato in uno dei pochi anni in cui Nizza era stata francese (1807).
Ebbene, come la storia ci dimostra spesso, sono proprio queste terre, quasi sempre di confine e le più belle fra tutte, a cambiare più spesso colore di bandiera e di sangue. E di sangue ne corse molto, sempre, su quelle terre, tanto che i francesi lo vollero scritto anche nel loro Inno nazionale, con due versi che più atroci non si può: “che un sangue impuro, abbeveri i nostri solchi”.
Ora io mi chiedo: e se invece di vederlo scorrere nei nostri solchi lo lasciassimo correre tranquillo nelle nostre vene? Ma ora pare che quella sia stata una maledizione per sempre, già dai tempi di Caino e Abele. Come i fatti recenti han dimostrato.
Speriamo per l’ultima volta.
Don Antonio