Casalina, il Castello


Stasera comincerò a narrarvi la meravigliosa storia del piccolo Castello di Casalina. Casalina: sapete quel piccolo villaggio di cui da un po’ di tempo sempre più spesso si parla? Almeno il suo tetto e la sue due torri le hanno viste milioni e milioni di uomini, posto com’è a 60-70 metri d’aria dalla E 45 poco a sud di Deruta.
Ma se voi chiedeste loro e cosa son quelle torri, tutti vi risponderebbero boh!
Invece quella torre campanaria e quel mozzicone di “maschio” (torre rotonda d’angolo), se potessero, parlare racconterebbero una storia niente affatto banale.
La storia d’un popolo di circa 44 gatti o poco più (qualche centinaio forse) tutti “servi della gleba” (schiavi della terra) che un giorno dissero: “basta schiavi: vogliamo essere liberi!”. E batti e ribatti la testa contro gli spigoli del castello, finirono per vincere loro.
Casalina (villaggio di “casalini” o casette) era un piccolo castello di confine fra il Comune di Perugia e quello di Todi: e un cippo ce lo ricorda ancora. Padrone di quella terra era l’abate di San Pietro in Perugia, che a chi gli chiedeva libertà soleva rispondere picche! Manco a parlarne. Casalina era allora un “villa” (villaggio), un gruppetto di case di lavoratori della terra che vivevano in quel castello o nei “casalini” tutto intorno al castello.
Dire “servi della gleba” voleva dire che quella gente erano tutti “cose” del padrone (dell’abate in questo caso). Chi nasceva in quella terra doveva morire su quella terra. Nessuno la poteva lasciare né per lavoro, né per studio, né per cambiar aria. Se il padrone vendeva quella terra, con la terra vendeva anche chi la lavorava e nessuno poteva ribellarsi. Così un giorno quella povera gente si stufò e cominciò a chiedere libertà.
Ma il resto a domani. E vedrete che vi piacerà.
Parola di don Antonio che vi benedice.