Ben Gurion, Nehru e Gli Altri


Chi mi conosce, sa bene che io non sono un politologo, specialmente di cose internazionali. Tuttavia mi lascio difficilmente sfuggire l’occasione di intervenire su ciò che riguarda da vicino la mia fede. E questo è certamente uno di quei casi.

Lunedì 6 giugno è apparso sulla pagina di R2 Cultura di la Repubblica, un articolo di Giancarlo Bosetti dal titolo assai promettente: Il grande errore laico dei padri fondatori, corredato da una bella immagine, assai intensa, di Ben Gurion, tratta da una banconota israeliana.

Chi fosse Ben Gurion e quale ruolo abbia giocato nella fondazione dello Stato d’Israele se lo ricorderanno in molti fra chi legge. Fondatore e primo capo di governo israeliano, fu un “convinto sostenitore dell’ “ottimismo laico”. Apparteneva cioè a quell’élite di pensatori che, “nel secolo scorso ritenevano la religione una forma tradizionale destinata a lasciare il passo alla modernizzazione dei costumi e alla razionalità scientifica che il nuovo Stato avrebbe incoraggiato”.

E questa è la conclusione del discorso: “Raramente previsione è stata più sbagliata. E raramente un errore è stato così diffuso fra le classi dirigenti di tanta parte del mondo. Israele non è in questo per niente un’eccezione”. Fine della citazione.

Riportando questo testo, mi è venuto spontaneamente di andare a un testo di Giosuè Carducci, in occasione di un discorso a San Marino nel quale egli affermò con forza che “né scelleranza di sacerdoti, oltracotanza di sofi sequestrerà Dio dalla storia…”. Esattamente il concetto che si evince dalla citazione riportata sopra, in cui la scomparsa del sacro sembra essere presentata come un inevitabile prezzo da pagare alle “ magnifiche forze e progressive” della modernità.

Ma il fallimento di questa presunzione e di questa ambizione, viene a riportare ordine e umiltà in un progetto che non sa tener conto della realtà complessa della modernità.

Si direbbe anzi, che questa “oltacotanza di sofi” ha ottenuto, o almeno sta ottenendo esattamente il risultato opposto a quello sperato, e cioè “il revival e la radicalizzazione delle religioni in vaste aree del mondo, fra le quali il filosofo Michael Walzer individua in modo particolare Israele, India e Algeria, ma senza trascurare l’Egitto, la Turchia e la Siria, fino all’impressionante fenomeno tutto contemporaneo dell’estremismo islamico dell’Isis. Le decine e decine di migliaia di morti per intolleranza religiosa è la riprova diretta e puntuale che la presunzione di poter cancellare dallo spirito umano l’istinto religioso e l’anelito a “un di più” della semplice convivenza tra differenti visoni della vita, è molto probabilmente destinata a collezionare sconfitte e smentite dalla straordinaria complessità della realtà umana.

E qui, con una mossa del cavallo nel gioco degli scacchi, sposterò il gioco da l’una all’altra parte della scacchiera, chiamando in gioco il matematico e molte altre cose ancora Piergiorgio Odifreddi che nel suo blog ha voluto esibirsi in un gioco al massacro di quelli che lui chiama “i grandi vecchi” dell’ateismo nostrano, colpevoli ai suoi occhi di alto tradimento nei confronti dell’ideale laico e dei sani principi dell’ateismo illuminato.

Oggetto del suo attacco sono i nomi più celebri della laicità italiana, da Marco Pannella a Dario Fo, da Eugenio Scalfari all’un po’ più giovane Corrado Augias, rei, tutti, di aver ceduto alle lusinghe dell’ammaliante sirena papa Francesco, che dall’alto del suo scoglio di Lorelei, attira i poveri naviganti fino a farli inghiottire dalle correnti e dai gorghi del Reno.

Al primo, Marco Pannella, Odifreddi rimprovera la sua stima per il papa, stima che “getta una triste ombra sull’ateismo del leader radicale, e retrospettivamente anche sul suo anticlericalismo. In particolare, al leader radicale, Odifreddi rimprovera in particolare queste parole: “questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere”, concludendo con un patetico: “ti voglio bene davvero”, in lettere maiuscole: stima e affetto ripetutamente espressi da Pannella, che più volte ha voluto incontrare Padre Lombardi, portavoce del papa, proprio per testimoniargli personalmente e con molto entusiasmo la sua grandissima ammirazione per Francesco”. La lettera, riferendosi all’azione di papa Francesco, dice infatti: “questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere”, e si conclude con un patetico: “ti voglio bene davvero”, in lettere maiuscole. Padre Lombardi riferisce invece che “l’onorevole Pannella diverse volte ha voluto incontrarmi proprio per testimoniare personalmente con molto entusiasmo la sua grandissima ammirazione per il Papa Francesco”.

Stesso trattamento per Dario Fo, colpevole, evidentemente ai suoi occhi, di essere passato da Mistero Buffo all’ammirazione sincera e senza veli per il papa argentino. Stesso trattamento anche per il primo, forse, inter pares, quell’Eugenio Scalfari, reo ai suoi occhi di aver svenduto la sua laicità in cambio di qualche intervista privata, da collezionare e aggiungere alla sua senza dubbio straordinaria collezione di trofei anche sul piano religioso, dal card. Martini allo stesso Francesco.
Nel novero entra anche il più giovane Corrado Augias, tutti accomunati in un destino di “tradimento” dell’ideale laico e dell’ateismo militante.

Si apprezzi questo pezzo di prosa per farsi un’idea del pensiero di Odifreddi, circa i personaggi appena ricordati, i quali, «dopo una lunga e onorata vita di ateismo e anticlericalismo apparenti e dichiarati, si ritrovano ad abiurare le proprie posizioni laiche con due motivazioni complementari: la prima è l’ingenua fascinazione per un papa che riesce evidentemente a irretire non soltanto il popolino sprovvisto di mezzi intellettuali, ma anche coloro che si poteva immaginare fossero intellettualmente più attrezzati a discernere il grano dal loglio nelle azioni che un gesuita compie dietro suggerimento di uno spin doctor (una combinazione, quella tra il gesuita e lo spin doctor, evidentemente vincente nel mondo mediatico : soprattutto fra i giornalisti, i politici e i commedianti». Sì perché alsosprach Odifreddi: chi non la pensa come lui al massimo si merita il titolo di commediante.

Ebbene, da un’élite intellettuale come questa sarà ben difficile aspettarsi e sperare un contributo a una crescita serena e armoniosa verso una convivenza di civile tolleranza e di serena collaborazione verso un ordine meno caotico e competitivo fino al tentativo di eliminare (non fisicamente certo, ma civilmente di sicuro sì, le fasce più retrograde della nostra società.

Certo, non è che il cristianesimo, nella sua realtà e nelle sue vicende storiche, non si sia mai reso colpevole di atti di intolleranza e di discriminazione, di esclusione e di sottomissione anche violenta e crudele. Di questo ogni cristiano-cattolico consapevole è ben cosciente. E se ne duole profondamente.

Ma la volontà di irridere e di ridurre nel ghetto dell’ignoranza e dello scherno non può far parte di una strategia dell’ esclusione. Ogni escluso è un protagonista mancato, una pedina preziosa sulla scacchiera della storia; e una sincera e schietta collaborazione fra le diverse ideologie e religioni, filosofie e visioni della storia e del mondo (Weltanschauung) può solo giovare all’avvento d’un mondo nuovo e migliore.

Questa a me pare la via maestra da seguire, il “sentiero dorato” d’un Mago di Oz dall’apparenza terrifica, ma alla fine benevolo e amico. Quanto a tutti gli Odifreddi possiamo anche lasciarli dove sono, a logorarsi “per la rabbia che l’ghe fa!

 

 

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