Mercoledì 23 Novembre 2016 – La buonanotte di don Antonio

Ecco ora qualche parola sulla bellissima
e amarissima ballata che Fabrizio de André.
ha dedicato a questa pia tradizione.
Intanto la prima parte del testo.
Voce:
«Forse fu all’ora terza forse alla nona
«cucito qualche giglio sul vestitino alla buona
«forse fu per bisogno o peggio per buon «esempio
«presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio
«Non fu più il seno di Anna fra le mura discrete
«a consolare il pianto a calmarti la sete
«dicono fosse un angelo a raccontarti le ore
«a misurarti il tempo fra cibo e Signore.
«Coro:
«Scioglie la neve al sole ritorna l’acqua al mare
«il vento e la stagione ritornano a giocare
«ma non per te bambina che nel tempio resti china».
In questa prima parte il poeta descrive ciò che secondo lui, potrebbe essere accaduto quel giorno, mito a parte. Egli colloca Il rito fra le nove del mattino e le dodici. Fa notare che la bambina è di rango modesto (sul vestitino alla buona). E qui la prima “velenosa” stoccata (dispiace dirlo di De Andrè): l’offerta della bambina al tempio non sarebbe stato ispirato da devozione, ma o “per bisogno” o “peggio per buon esempio” (guardate come siamo bravi!). Notate la durissima metonimia: si dice l’età della bimba (i suoi tre anni) per sottolineare la crudeltà della scelta dei genitori: “presero i suoi tre anni e li portarono al tempio”, privandola così della magia dell’infanzia e del conforto del latte e del seno materno, per affidarla a un angelo che non avrebbe mai potuto sostituirli efficacemente: tante ore al Signore, tante al cibo, tante al sonno, niente al gioco. E quando con la buona stagione tutta la vita e la natura si risveglia e torna a vivere, questo non varrà “per te bambina, che nel tempio “resti china” a pregare e a studiare le sacre scritture.
Per oggi chiudo qui. Domani terminerò. Benedizione
Don Antonio


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