Anche per quest’anno è passata. Che cosa? La commemorazione dei nostri morti, naturalmente.
Ha comportato fatica, cambiamento di orari, ha richiamato alla mente memorie di afflizione. Non che sia solo un peso, anzi spesso diventa anche un piacevole diversivo: amici e parenti che si rivedono giusto una volta l’anno, solo al cimitero, che se una volta non ne vedi qualcuno, specie se d’una certa età, subito ti viene l’ansia: “non è che sarà morto anche lui?”. Poi, quando lo vedi spuntare da qualche parte, subito ti dici “meno male:è ancora vivo”.
Ed è tanta la gente, che non ti resta nemmeno il tempo per pregare, o per riflettere un poco e interrogarti se il tuo modo di vivere sia proprio il migliore di fronte a “questo immenso mister dell’universo” (Giosuè Carducci).
Ora che i cimiteri son tornati a essere i luoghi di un silenzio ai quali non siamo più abituati, e che anzi ci turba non poco, ora, ripeto sarebbe il momento migliore per ritornarvi e sostarvici un po’, a riflettere sulle parole di un altro grande poeta, Ugo Foscolo nel suo immortale poemetto “I sepolcri”. Foscolo non credeva né in Dio né nell’Aldilà, eppure non riesce a sottrarsi al fascino di questa speranza e vede proprio nella tomba “il “sacramento” di questa “immortalità affettiva”.
Leggete con attenzione:
……………………. “Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso,
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome…”.
Per chi questa fede ce l’ha, la vita ha un sapore diverso.
Sì, cari parenti e amici e sconosciuti che riposate su quel poggio: un giorno vi verremo a trovare anche noi. E sarà un ritrovarci per sempre.
Buon riposo anime care. E pregate per noi.
Don Antonio