Lunedì 15 Agosto 2016 – La buonanotte di don Antonio

15 agosto 1270. Nella Chiesa di Casalina, viene firmato dall’abate Raniero Coppoli in rappresentanza del monastero di San Pietro di Perugia e da Golato Benentese, procuratore della comunità degli uomini di Casalina, alla presenza del giudice Ranaldo di ser Salomone di Deruta, un lodo (contratto, convenzione, accordo) con cui si conveniva che:
il monastero “emancipava” e rendeva liberi e franchi gli uomini di Casalina, presenti e futuri, sciogliendo da ogni vincolo anche i loro beni mobili “ affinché essi possano godere di piena libertà, in quanto uomini liberi e cittadini Romani”.
Si pesino bene queste due parole “cittadini romani” (Romani cives): in quell’epoca erano ancora il segno della più alta dignità civile e dei più prestigiosi diritti mai posseduti nell’ambito dell’antico codice civile e penale di Roma. In base a questo accordo, il Castello e le immediate pertinenze dello stesso verranno chiamate d’ora in poi “Villa dei Franchi” e i suoi “villani” (abitanti delle” ville”, cioè borghi e piccoli centri rurali) potranno fregiarsi e godere del titolo e dei privilegi degli “uomini liberi” (Homines franchi).
Non è la prima volta che ve ne parlo. Ma è perché non se ne perda mia più la memoria, come era avvenuto fino alla fine del secolo scorso, finché Bruno Tiacci, vecchio falegname di Casalina, non si lasciò sfuggire la frase “una volta a Casalina c’erano i Franchi”. Chi fossero questi franchi lui non sapeva, ma a me bastò per mettermi sulla buona strada. Grazie alla sua “imbeccata” noi sappiamo ciò che vi ho appena raccontato”.
Mi fermo qui. Qualcuno ricorderà anche qualcos’altro di ciò cui spesso io ho fatto riferimento, con la parola e con lo scritto.
Oggi voglio sottolineare la coincidenza: siamo diventati “homines franchi” proprio nella più solenne delle feste dedicate a Maria. A Maria allora vi raccomando tutti, perché vi benedica.
Don Antonio


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