Penso che siano molti, fra chi mi legge, quelli che ricordano e che amano la famosa canzone dal titolo “Piange il telefono”, grande cavallo di battaglia del Mimmo nazionale.
L’ho risentita un paio di volte in questi ultimi giorni, e sempre con un groppo in gola, e una gran compassione verso quella voce maschile che invoca e supplica e piange un po’ di comprensione, di tenerezza e perfino di pietà da parte di colei che, dall’altra parte del telefono, si nega ostinatamente al dialogo.
Una prima annotazione: la madre non ha nemmeno rivelato alla bambina chi sia suo padre. E questa è già una crudeltà. Lui telefona, la bimba ne riconosce la voce, ma non sa che quella voce al telefono è di suo padre. Per lei è solo “il signore dell’altra volta?”, cui la mamma s’ostina a non rispondere. Ma che gli hai fatto alla mia mamma per trattarti così? Chiede la bimba. “Digli che non ci sono”?
E lui: “Dille che son qui / dille che è importante/
che aspetterò/ Che sono già sei anni che aspetto.”
il discorso continua tutto su questo registro di sconsolata disperazione. Alla fine lei se ne andrà e lui assicura che non richiamerà mai più. Un addio senza speranza e senza ripensamenti.
Ho voluto riprendere questo tema per ribadire un concetto che tante volte ho espresso scrivendo e parlando nelle più diverse occasioni.
Ci sono divorzi che si possono anche capire. Una legislazione che tenga conto dei casi disperati la capisco e l’accetto. Non mi va di imporre, a chi non condivide la mia fede di cattolico, di adeguarsi a ciò che la mia fede esige.
Ma se quel sì che i due si scambiarono all’altare o in municipio era un gesto adulto, consapevole e maturo e non un giochetto alla “o la va o la spacca”; se non erano due mocciosetti alla prima cotta, ma due persone mature e consapevoli che sapevano quel che facevano: allora come sopportare che valga per loro il principio: ”Noi ci siamo uniti, noi ci dividiamo.” Se ci sono figli di mezzo, questo non potrà più essere vero.
I loro diritti dovranno cedere davanti ai diritti dei figli.
Così parlò e insegno Gesù di Nazaret. E la sua parola è ancora legge per chi crede in Lui. Che Lui ci benedica.
Don Antonio