Di che parlarvi stasera? Del virus in posta elettronica che mi sono trovato nel mio cellulare due o tre giorni fa, e che mi minacciava di 15 anni di carcere per pubblicazione indebita di corrispondenza privata, punita a termini di legge, oltre che con il carcere, anche con il sequestro di tutti i beni e gli averi del malcapitato?
Chiamato un amico avvocato, mi ha detto subito: quello dei 15 anni? Ho risposto di sì. E lui: lo cancelli, lo cancelli subito e mi raccomando non lo apra. Così ho fatto e ora spero che il virus riposi senza pace nella sua tomba.
Però no, non vi parlerò più di questo, tanto ormai l’essenziale per raccomandarvi di stare sempre molto attenti ad aprire posta elettronica o altro, ve l’ho già detto.
Di che vi parlerò allora, in questo uggioso pomeriggio di un giugno completamente sbagliato?
Della mia Messa di stasera, nella nostra chiesa vuota se non per la mia presenza e per quella di Mariella che, per il solo fatto di esserci, mi ha consentito di celebrare.
Solo in casi eccezionali, infatti, o con esplicito consenso del vescovo, il prete può celebrare da solo, a chiesa vuota, o in casa propria.
Mentre celebravo, si sentiva l’acqua che batteva sulla strada e qualche brontolio di tuono in lontananza. Niente più. Ma è stata una mezz’ora di paradiso. Ho potuto fermarmi quanto ho voluto, su questo o sul punto, riflettere su questa o quella parola, esprimere questo o quel sentimento che mi urgeva dentro, al di là delle parole del messale.
Ora io sto facendo quello che fa il bue quando ha mangiato: rumina; rimastica infinite volte ciò che ha già nello stomaco per meglio digerirlo e assimilarne il potere nutritivo.
Così capita ora a me. Stasera mi addormenterò ruminando la mia messa bagnata di rugiada di grazia.
E con questo vi benedico.
Don Antonio