Ho avuto modo in questi ultimi giorni, di
rivedere le terrificanti scene finali di Titanic,
il film di James Cameron (1997) considerato unanimemente uno dei più belli e fortunati film della storia cinematografica americana.
Se ho deciso di parlarne qui, è solo per le sue ultimissime scene, con la nave ormai completamente in balìa delle’acqua che tutto invade, spazza via, tutto distrugge: uomini e cose allo stesso modo, con la violenza d’una terrificante cascata di montagna.Tutto: saloni delle feste e sale da pranzo, cabine, sale macchine, corridoi, fino al momento in cui l’intero bastimento si piega su sé stesso spezzandosi in due.
È in quel momento che un violinista che aveva fin lì contribuito ad animare la festa di ballo, comprendendo che nulla ormai avrebbe più potuto salvare nulla più della nave e del suo carico umano, torna ad imbracciare il violino che ha ancora in mano, lo appoggia alla spalla e con braccio e mano sicura attacca la splendida melodia Nearer, my God, to thee, su parole della poetessa inglese Sarah Flower Adams, composte nel 1841 e musicate dalla sua stessa sorella Eliza Flower.
È un canto questo che nel mondo di lingua e cultura anglosassone viene eseguito soprattutto in occasione di funerali e di eventi tragici, come ultimo grido della creatura che si sente minacciata, ormai senza più speranza per la sua vita fisica e nella sua disperazione si affida ormai solo a Dio. Una melodia struggente e tuttavia sicura nella sua fede: “Ordina ai tuoi angeli di condurmi più presso a te Signor, più presso a Te”.
Che dirti Signore? Grazie per aver dato anche a me questa fede. Fa che mi sostenga sino alla mia fine. Portami allora più vicino a Te Signore, più vicino… ancora più vicino”! Don Antonio
Ho avuto modo in questi ultimi giorni…….
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