1° maggio


Amarcord i Primi Maggio della mia fanciullezza, quando, partendo dalla piazza (si fa per dire) del Comune, attraversava il centro di Marsciano (io sono di là) per distendersi poi verso via 24 Maggio. Il punto di partenza era sempre quello, la Vaccaretta, una mini Vaccara marscianese (per scimmiottare Perugia) a venti metri dal Comune.
Era quella la tribuna di tutti gli oratori, politici sindacali o religiosi che venivano a rivelarci il loro Verbo con comizi, contraddittòri o missioni religiose. In un epoca senza televisione (non tutti avevano la radio) era quello l’unico modo offerto all’epoca per uscire dal proprio guscio e di ascoltare voci diverse. Quei volti, quelle voci bastavano a farci sentire aperti sul mondo.
Da lì dunque partivano i cortei, su per via XX Settembre, giù per Largo Goldoni, avanti per via 24 Maggio, la via dove abitavo e l’aspettavo io. In quella strada abitava anche Pio Briziarelli con tutta la sua famiglia; ieri detestato dai più, oggi gloria e vanto dell’intero comune (così va il mondo).
Proprio su quella via, vivevo anch’io con la mia famiglia, e amavo veder sfilare quel corteo, con banda e bandiere. Sembravamo tutti bravi scolaretti in attesa.
E i genitori: “mi raccomando, ragazzi, fermi a sedere, qui, sul greppetto”, quasi che quella gente fossero tutti orchi o lupi cattivi.
Ho gli occhi ancora pieni di quella gente che veniva avanti in un tripudio di bandiere rosse con la falce e martello, cantando “Bandiera Rossa” e “Fischia il vento”, “l’Internazionale e il sol dell’avvenire“. E quasi per miracolo quelle voci, sguaiate, scomposte, stonate, non si stancavano mai, e parlavano d’una fede da spaccare i sassi.
Oggi sanno tutti che fu un bene per tutti che quel sogno non si sia mai avverato. Ma oggi io dico che quella fede avrebbe meritato di più, e di meglio. E a voi, fratelli che le cantavate, Dio conceda nel suo cielo quello che non vi è stato dato quaggiù.
Don Antonio