In una delle vie più celebri amate e visitate del mondo, la Via Appia antica, nel tratto fuori Porta San Sebastiano, superate le catacombe di san Sebastiano, la chiesetta del Quo Vadis, le catacombe di Callisto e la Tomba-fortezza di Cecilia Metella, ci sono due ville pressoché gemelle, proprio a lambire la strada per la quale gli Apostoli Pietro e Paolo, in momenti diversi, giunsero alla Città dei Cesari e dei Papi.
Umili all’apparenza, preziosissime per ciò che rappresentano, essi hanno due nomi anch’essi pressoché gemelli, squisiti nel gusto e nel significato. Questi i due nomi: “Beata Solitudine” l’una, “Sola beatitudine” l’altra. Fra loro pochissime centinaia di metri.
Per i miei vent’anni era un doppio tuffo nel sogno, nella beatitudine, nella felicità… con l’unico rammarico che in quella “beata solitudine” o “sola beatitudine” io non avrei mai potuto affogare.
Oggi mi domando se sia nata lì la mia sete e fame di solitudine che ancor oggi, anzi soprattutto oggi mi invade, quando mi trovo ad affogare nel chiasso, nella confusione, nel traffico, nel bla-bla-bla della televisione, delle conversazioni inconcludenti. Allora la mia anima si rifugia immancabilmente nella cella della mia anima dove hanno accesso solo i miei ricordi più felici e più belli, e mai che io ne senta il rammarico d’averli perduti, ma solo il conforto d’averne potuto un giorno godere. Non mi mancano, no, quegli oggetti del mio ricordo, perché essi son tutti lì, vivi, presenti, vividi, freschi, apportatori di pace.
Con tutti loro l’appuntamento è per domani, in Cielo. Dove so che essi mi aspettano.
A presto anime care. Nell’oggi eterno d’un beato domani.
Don Antonio