Né Porco Né Cane Né Ladro. Il Suo Nome è Amore


Se mi sono mai vergognato d’essere italiano? In Italia no. All’estero qualche volta mi son chiesto perché noi italiani non siamo puliti ordinati, civili come loro. Ma per lo più mi sono sentito sempre orgoglioso d’essere nato sulla stessa terra che fu madre a Dante Alighieri, a Benedetto di Norcia, e Francesco d’Assisi, a papa Giovanni XXIII, e al ceppo maschile da cui è germogliato papa Francesco, argentino con sangue italiano:  è lui, infatti, il vero maieuta della Chiesa del Terzo Millennio.

Se mi sono mai vergognato d’essere cristiano? Naturalmente no. Anzi ho spesso ringraziato Dio per avermi “creato e fatto cristiano”, come si pregava un tempo, tutti i giorni, nella preghiera del mattino (Buon Dio! ci sono stati davvero tempi in cui i cristiani, svegliandosi, lo ringraziavano “d’averli creati, fatti cristiani e conservati in quella notte”? E se sì, di quanti secoli fa stiano parlando?).

Ma ci sono casi, e questi ahimè frequentissimi, in cui mi vergogno e tanto d’essere insieme italiano e cristiano. Questo però mi succede solo in Italia. Sì, proprio: perché solo in Italia mi capita di sentirmironzare intorno, con il suo assordante sibilo, la zanzara della bestemmia, e questo dovunque: in strada, dal barbiere, al pallaio dei bocciofili, al ristorante; ma in particolari nei suoi templi d’eccellenza: il bar dello sport e gli stadi di calcio.

Di che parlo? Ebbene, sì, parlo proprio della regina del trivio e di ogni villania. Parlo della bestemmia! Proprio: della BESTEMMIA!

Quest’orribile piaga che lorda il corpo della Chiesa più e peggio di ogni piaga di lebbra sul corpo umano in via di disfacimento. Una putrefazione in atto prima ancora di morire. Una malattia che si può contrarre o per ereditarietà (facile che un genitore blasfemo trasmetta la sua malattia ai suoi figli che passano tutta la loro infanzia accompagnati dalla colonna sonora che fa: porco maiale cane schifosoladro bestiaassassino, con infinite variazioni sul tema. E questa è solo la prima strofa.

Perché poi c’è la seconda strofa e questa tutta al femminile: maiala troia puttana schifosa ladra zoccola mignotta (e un altrotitolo ancora che non riferisco perché a nessuno, che non l’avesse mai sentito, venga mai in mente di dirlo). La sentii volare un sera, ero davanti alla porta della mia chiesa. L’aveva sputata dalla sua sgraziatissima bocca un raffinato cultore del bel parlar triviale che fece rabbrividire me e chi mi stava vicino. Non l’ho più potuta dimenticare).

Nessuno pensi che l’elenco delle cortesie rivolte alla Madre di Dio, alla Vergine finisca qui (che se non era vergine se le sarebbe senz’altro risparmiate tutte). La fantasia di certi poeti del trivio è pressoché  inesauribile.

Così avviene che l’Italia sia conosciuta nel mondo anche per questo, e forse si potrebbe suggerire  di aggiungere alla celebre iscrizione che campeggia sulla facciata del Palazzo delle Civiltà, il famoso Colosseo quadrato dell’EUR di Roma, e che descrive  gli italiani come un «Popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori» l’aggiunta “di bestemmiatori”.

Poi ce la prendiamo con i turchi, dicendo, bestemmia come un turco!: ma è un’ignobile calunnia: i turchi non bestemmiano. Essendo musulmani, anche se la pena di morte in Turchia è stata abolita nel 2004, che volete? un po’ di quel terrore ce l’hanno ancora nel sangue. Così i turchi hanno lasciato a noi la fama e la gloria di più accaniti consumatori di bestemmie del mondo. Una delle più fulgide glorie dell’Italia, culla di civiltà, di bellezza e di poesia.

A me è capitato anche questo:  in Germania una volta mi è capitato di sentire un uomo, certamente tedesco, bestemmiare in italiano. Che ne dite: da chi l’avrà mai sentita dire una bestemmia in italiano?

Così mi si è messa in testa un’idea che da qualche settimana mi è sempre presente. Questa.

Che futuro può avere una religione che tratta così il suo Dio? Che tratta così il suo divino  Profeta e Fondatore? Che tratta così la Madre del suo Profeta?

Tranquilli! Non ho nessun rimpianto per le forche e decapitazioni di Mastro Titta, il più celebre dei boia vaticani,  e tanto meno per i suoi squartamenti. E nessun rimpianto per una Chiesa che dà lavoro al boia.

Ma un rimpianto grande, struggente, per una Chiesa che non si ricorda più di ricordare ai suoi fedeli che fra i dieci comandamenti, assai prima del sesto viene il secondo, e che se qualcuno ha potuto vaneggiare che in materia di sesto comandamento non esiste niente che possa essere considerato peccato veniale o leggero (al punto che non si è esitato a correggere in senso di maggiore severità la stessa parola del Sinai, parola sacra e immutabile per eccellenza) così da rendere un non commettere adulterio con un assai più severo non commettere atti impuri), non ha poi vegliato abbastanza sull’osservanza di quello che tutela l’onore, la santità e il rispetto del nome di Dio.

Si rileggano con attenzione le sue parole: «Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano». Notato? Non dice non bestemmiare: probabilmente al buon Dio non sarà nemmeno potuto venire in mente che qualcuno si sarebbe mai permesso anche solo di concepire una tale enormità, quale il bestemmiarne il santissimo nome di Dio.

Non nominarlo invano! E noi l’abbiamo preso tanto sul serio, che non lo nominiamo più neppure per pregarlo. Ma per bestemmiarlo sì! Ché “quando ci vuol, ci vuole!”.

Ecco allora che le famiglie, dove non c’è più nessuno che insegna le preghiere del mattino e della sera ai propri figli, si trasformano in scuole di bestemmia e di parole volgari. Dove né la madre né il padre né i nonni sentono più il dovere di guidare la preghiera dei piccoli alla sera prima che si addormentino, tanto meno al mattino, prima di colazione e di andare all’asilo o a scuola. Al contrario non mancano bambini che a otto-dieci anni bestemmiano già, facendosene anche un vanto: “bestemmio dunque sono grande” sembrano pensare orgogliosi delle loro prodezze, poi vanno tranquilli al catechismo (solo perché devono), alla  la messa domenicale (idem), ma per il resto tutto come gli altri: io sono mio! sembrano già pensare i moderni rampolli, ponendo le basi su cui sarà costruito il loro futuro cristiano e il futuro del nostro popolo che di cristiano avrà in realtà sempre meno.

Ebbene, io penso che su questa strada la Chiesa stia già pagando le conseguenze della nostra ignavia. Già non sono pochi i convertiti dal cristianesimo all’Islam. “I cristiani mi paiono un po’ rilassati” mi diceva, giorni fa, una ragazza che pensava di passare all’Islam. E noi a chi è alla ricerca di autenticità che abbiamo da offrire? Un dio che si meriti i titoli di cui sopra?  Un cristo che nessuno in Italia vuol più vedere nei locali pubblici? Una Marylin Monroe in camera da letto al posto di una madonna con non sai più se sia la madre di Gesù o la Ciccone? Che a natale, sempre più spesso abolisce il presepio in favore dell’albero di natale? E intanto che fa l’albero, il padre bestemmia col ragazzino che gli dà fastidio?

Allora io mi chiedo e chiedo a tutti i preti come me  e ai vescovi che ci guidano e ci sono pastori: non sarà il caso di dare una bella svolta all’andazzo? E un bel segno della svolta non potrebbe essere un bel giro di vite sulla bestemmia? Si pensi alle conseguenze sulla stima che ne riceve la nostra fede nel mondo: nuoce più all’edificazione del popolo di Dio la comunione a una coppia di risposati o a vedere quelle povere Particole entrare nelle bocche sgraziate di chi lo ha bestemmiato in pubblico fino a poco prima? Che potranno pensare di noi i nostri fratelli mussulmani o valdesi o altro che siano? E non penso certo al dovere che resta di confessare la bestemmia perché il confessionale non cancella lo scandalo. Penso proprio al mettere fuori legge la bestemmia. A sancirla magari in qualche modo. A colpa pubblica, penitenza pubblica sanzionava la Chiesa in tempi migliori dei nostri. Quale pena possa essere non sta a me stabilirlo, e neppure suggerirlo. Ma che sia pubblicami pare essenziale. Anzi è essenziale. All’inizio perderemo forse qualcosa. Alla lunga potrà venircene molto.

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