Le proverbiali sette camicie non bastano più


Sarajevo e i ponti, i fiumi e i muri, la Sindone, l’enciclica Laudato si’, amore e castità, immigrati, cibo per tutti, “terza guerra mondiale a pezzi”, la teoria del genere (gender per i patiti anglofili)… Fate il conto: se disponete solo delle proverbiali sette camicie, già non ci state già più. Se poi, come me, di camicie ne avete una sola (dove camicia sta per articoli da scrivere ogni settimana, allora siete tutti inesorabilmente fuori gioco. E per di più una notizia dopo l’altra, anzi una sull’altra. Una vera ammucchiata. Con questo papa, che oltretutto non va mai in vacanza, non ci sono ferie. Per nessuno. Per di più neppure dorme (si alza tutte la mattine alle 4, dicono i suoi biografi e ormai già quasi agiografi. Non ho già scritto io stesso, da qualche parte, che questo papa è venuto dalla fine del mondo “a miracol mostrare”?
In queste condizioni, vaticanisti e commentatori (in quest’ultima categoria mi c’infilo anch’io) non hanno più pace. Non dorme lui e non lascia dormire noi. Che faremo allora? Niente! Come tutti gli altri, ci limiteremo a gridare, convinti: Viva il papa!
Tralasciando per ora tutto il resto, io mi atterrò a quanto avevo già deciso durante la visita di Francesco a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, città fatale come poche, entrata indelebilmente nella grande Storia con l’attentato all’arciduca austriaco Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico (28 giugno 1914), delitto che diede origine, come causa immediata, allo scoppio della prima guerra mondiale. Sarajevo fu ancora al centro dell’attenzione mondiale fra il 1992 e il 1995, quando fu teatro d’un atroce assedio da parte delle forze serbo-bosniache, con stragi e massacri di pulizia etnica fra le più feroci dei tempi moderni. La distruzione del suo storico ponte, simbolo e icona della città, universalmente noti nel mondo, commossero e indignarono il mondo intero. Proprio da Sarajevo, papa Francesco – che per l’occasione l’ha ribattezzata la Gerusalemme d’Europa, come crocivia delle tre religioni abramitiche – ha voluto lanciare il suo grido di dolore: basta costruire muri che dividono, costruiamo piuttosto ponti che uniscono uomini e popoli, aboliscono distanze, rendono concittadini e fratelli gli uomini e sorelle le razze. Mi è tornata in mente, in quell’occasione una vecchia canzone del Gen verde Perché non costruiamo i ponti?
Queste le parole del ritornello: «Perché non costruiamo i ponti sopra i fiumi, così ci rincontriamo? Perché non costruiamo i ponti?».
Perché è pur vero che se i fiumi sono vita per la terra e vie di trasporto per i commerci degli uomini è pur vero che i fiumi creano un di qua e un di là e spesso fanno confine fra stati e regioni, fra principati e baronie, ragione di rivalità inimicizie odi violenze, guerre. Per superare tutto questo, quasi come antidoto, gli uomini presero a gettare ponti di corde di liane di legno, di pietra e poi di ferro e ora di chissà che…; ponti che durano secoli, millenni, preziosi per i traffici, per la convivenza pacifica, per la circolazione delle idee, per gli incontri d’amore… E se sui ponti passano gli eserciti per portare distruzione, morte e servitù, per essi sono passati anche sete preziose, aromi pregiati, spezie, sale, gemme, cibo… tanto da diventare presto punti strategici da abbattere e da difendere con tutti i mezzi. Sui ponti si sono sempre concentrati i colpi di cannoni e le bombe dell’aviazione militare, la letteratura e la cinematografia: Per chi suona la campana e Il ponte sul fiume Kwai: due titoli su tutti.
Ora anche il papa da Sarajevo, s’è unito all’immenso coro: Basta muri! Costruiamo ponti invece, che riducono le distanze e che, pur rimanendo aperti fanno da veri anelli di congiunzione (d’accordo un ossimoro), chiusi da due innamorati nell’abbraccio di due lucchetti che resteranno appesi ai lampioni, mentre le chiavi vengono gettate nell’acqua, sì che nessuno li possa più separare che non sia la morte. Perché questo è il solo amore vero!
Ma proprio in quei giorni in cui Francesco parlava di amore e di nostalgia della pace, a pochi chilometri da lì, veniva data notizia della volontà dell’Ungheria di alzare un muro di 175 chilometri fra la loro terra e l’Albania. Un colpo al cuore per l’Europa che s’è liberata da soli 26 anni del suo muro di morte e di vergogna, il più universalmente famoso muro del mondo, icona di tutti i muri della vergogna, quello di Berlino, caduto senza colpo ferire, scalato a forza di muscoli da una folla debordante di giovani e di uomini di tutte le età quella sera del 9 novembre 1989 (il giorno del mio 50° compleanno, e proprio in quella sera, davanti alla televisione che me ne portava in casa l’immagine, feci promessa a me stesso che mai più sarei sceso a patti con chi avrebbe mai voluto togliermi la mia volontà di pensiero e di parola.
L’anno dopo il 9 novembre ero anch’io a Berlino, a staccare a colpi di mazza un pezzo di quel calcestruzzo che ora mi sta sempre davanti agli occhi nel mio studio, col suo Cristo sul Muro di Berlino, che io vi ho composto sopra con due poveri resti del mondo agricolo da cui non vengo ma di cui faccio parte ormai a pieno titolo, da quando son parroco di Casalina, un piccolissimo centro, una Villa nel linguaggio medievale, un villaggio per noi oggi, ma dal 1270, orgogliosamente conosciuta nei libri e nei documenti di storia locale come Villa dei Franchi o in versione bilingue, Villa degli Homines franchi de Casalina. Più volte mi son chiesto se questa vocazione alla libertà non facesse parte del mio destino fin dalla mia giovinezza. Dal 9 novembre 1989, non ho avuto più dubbi circa la mia terza e quarta età, per quel po’ che mi sarà dato d’averla. La durata del resto non conta, conta la qualità.

Ma è tempo di tornare ai muri e ai ponti.
Vorrei deliziare i vostri occhi con un elenco di Muri della vergogna

Muro di Berlino (1961-1989), simbolo e icona di tutti i muri moderni.
Muro di Gorizia (1947), separava la frontiera italiana da quella jugoslava. Abbattuto nel 2004.
Muro di Nicosia e Cipro (1973): 180 km, fra turchi e ciprioti: taglia in due la capitale.
I muri di Belfast (1970), Irlanda, fra protestanti e cattolici.
Barriera fra Stati Uniti e Messico (1994).
Muro Marocchino ( dal 1983) fra Marocco e Rep.Dem. Araba dei Sahrawi .
Barriera anti-immigrazione di Ceuta e Melilla, Marocco: fra arabi e enclavi spagnole (11 km).
Muro tra Botswana e Zimbabwe, barriera elettrica alta tre metri(antiepidemie e immigrazione)
Muro tra le due Coree (1953) lungo 248 km
Muro in Olanda, contro la libertà di movimento degli immigrati illegali.
Muro di Gaza, Oslo (1994).
Barriera fra Israele e Cisgiordania (annessione di fatto di parte dei territori palestinesi: 2002).
Muro tra India e Bangladesh, 4000 km e alto 4 metri.
Muro tra Arabia Saudita e Yemen: (saudita: 2003)
Muro tra Arabia Saudita e Iraq: (fra Arabia Saudita e Irak, 900 km; saudita: 2006).
Muro tra Uzbekistan e Kirgyzstan, lungo 870 km, sensori e videocamere di sorveglianza.
Muro di Baghdad: fra quartiere sciita e resto della città. Esercito USA, caduto Saddam Hussein.
Muro in provincia di Cagliari, divide un quartiere popolare da uno residenziale!!!
Muro del Kashmir tra India e Pakistan.
barriere di Rio de Janeiro (2008), 11 km, alto 3: a escludere alcune favelas dalla città.
Muro di Buenos Aires (2009), alto 3 metri: fra i quartieri ricchi e quelli poveri, località S.Isidro.
Il Muro di Padova, in lamiere e strutture fisse lunga 80 metri, (2006), dal sindaco Zanonato per separare il ghetto di via Anelli dalle altre strade del quartiere. E Zanonato è uomo di sinistra!(NdR)
Il Muro anti-clandestini fra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros (2011).
Il Muro anti-clandestini in Bulgaria, (2014): rete metallica con filo spinato e telecamere tra Bulgaria e Turchia.Finanziamento dell’Unione Europea.
Muro della Vergogna, Italia, sella di Sant’Osvaldo, tra Cimolais ed Erto, per impedite il ritorno degli sfollati dopo il disastro del Vajont.

(N.B. La mia fonte è ovviamente Internet. E dove se no, per uno che vive e scrive a Casalina?).

Però posso chiudere con una buona notizia: se il papa piange, c’è Salvini che esulta. Gli italiani lo votano anche quando dice: «Il papa piange? Ha il Vaticano. Non mi risulta che in Vaticano ci siano tendopoli». Così parlò Cacasenno! Il turlulù.