Francesco anno 2 su 3: ovvero Francesco delle meraviglie


Meraviglioso Francesco! Stavo notando, sui quotidiani che abitualmente frequento, che nelle ultime due o tre settimane Francesco era spesso assente dalle prime pagine, e non solo dalle prime. Ed ecco che, come nel Barbiere di Siviglia si dice della calunnia, nella Chiesa è risuonato «un tremoto, un temporale/ un tremoto un temporale/ un tremoto un temporale/ che fa l’aria rimbombar».
È accaduto ieri, ma io, come è di ogni tuono che si rispetti (il tuono segue sempre il lampo) ne ho avvertito il rimbombo solo stamattina. E il rimbombo del tuono tramortisce e spaventa assai più del lampo che loprecede. Il suono, per sé assai più lento della luce, si prende così la sua rivincita sull’eterna rivale, del suono infinitamente più veloce.
Ed eccomi qui a mettere da parte l’articolo che stavo concludendo per oggi, e a ricominciare daccapo per tentare di non arrivare fuori tempo massimo a dire la mia su questa notizia del pur “giovane secolo” (solo al suo 15° anno di vita) che certamente resterà nella storia come il secolo di Francesco e, sarei pronto a scommetterci, come il secolo della vera seconda primavera del cristianesimo.
Dico cristianesimo, perché sono altresì convinto che il cristianesimo del terzo Millennio non somiglierà molto poco al cattolicesimo del 2° Millennio, meno ancora a quello della fine del 1° Millennio, quello dei “secoli di ferro”, quando papato e clero toccarono i punti più infimi e tenebrosi della intera storia cristiana.
Il secolo di Francesco, così sarà ricordato il secolo iniziato solo 14 anni fa, più due mesi e 15 giorni per chi legge, e che darà il la e imprimerà la sua impronta sul cristianesimo di tutto il terzo Millennio, proprio come Gregorio VII impresse il suo sigillo sul secondo dei millenni dell’era cristiana , quello da cui ci ha fatti provvidenzialmente uscire proprio papa Francesco con la sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, l’esatto anti-dictatus-papae (1075) che aveva invece condizionato, viziandolo profondamente, tutto il secondo Millennio, come scrivevo già nell’autunno 2013, proprio su questo giornale.
E poiché le cose di Dio non avvengono mai per caso, ma dalla sua provvidenza sono sempre guidate con sapienza e amore, anche in questo caso la rivoluzione bianca di Francesco è stata con previdenza amorevole preparata dalla Provvidenza divina. Fu proprio questa la parte di eredità e il calice toccati in sorte a Papa Roncalli, il Papa Buono, come fu universalmente chiamato Giovanni XXIII, quello che aveva fatto uscire la Chiesa del Vaticano I, del Sillabo e del Non expedit dal suo arroccamento, per farlo entrare nella più straordinaria avventura della Chiesa dei tempi moderni, il Concilio Vaticano II, anch’esso indetto a sorpresa (proprio come l’Anno Santo della Divina Misericordia annunciato ieri), il 25 gennaio del 1959, nella basilica di San Paolo fuori le mura, proprio nel giorno della conversione del persecutore della Chiesa, lo stesso che ne sarebbe stato poi il più grande missionario e il vero padre costituente per i secoli a venire.
Mentre scrivevo le ultime 4 righe, mi ha colpito la coincidenza: San Paolo fuori le mura! Toh, mi son detto, una coincidenza o qualcosa di provvidenziale, di profetico? Non abbiamo oggi come papa il teorizzatore della Chiesa in uscita? E non è che quando uno esce è sempre per andar fuori? Sarà davvero solo un caso? O Dio, che sa giocare molto bene anche col caso e del caso servirsi (come dimostra il fatto che egli ha saputo farne un uso talmente sapiente da farne chiave di volta per dare compimento e forme sempre nuove alla sua creazione preferita, quella della vita, come ci ha fatto notare Charles Darwin, attirandosi molti anatemi dalla Chiesa), ora, imparata bene quell’arte, se ne serve anche per guidare la sua Chiesa affinché possa servire al meglio al conseguimento dei suoi disegni di misericordia e di salvezza?
E così sono anche giunto a parlare della misericordia divina, di quello che sarà il tema conduttore di tutto il giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, il quale forse non a caso s’è deciso a questo passo, anticipando di ben dieci anni la scadenza naturale del grande evento. “Il mio pontificato non sarà lungo” ha detto, fondando la sua – non sappiamo se profezia o previsione o semplice sensazione o misterioso presentimento – su null’altro che su un vago sentire che così potrebbe essere. E intanto ha posto per la seconda volta un gesto che gli deve piacere molto e essergli molto caro: tutto gettato pesantemente in avanti, appoggiato con gli avambracci alla mezza porticina dello stesso, in una posizione tanto irregolare e insolita quanto sgraziata e tutt’altro che solenne (ma questo glielo perdoniamo volentieri) che dev’essere il suo modo preferito di presentarsi al «Dio che atterra e suscita/ che affanna e che consola» (A.Manzoni, Il Cinque Maggio). Immagini ancora una volta a sorpresa, ancorché legate a un rito penitenziale che ben si prestava alla sua catechesi sulla divina misericordia e all’annuncio che aveva appena fatto o che stava per fare e che avrebbe sorpreso il mondo intero. Ma Francesco è così: prendere o lasciare. E noi prendiamo volentieri, mancherebbe altro. Anzi, anche più spesso Santità.
Queste le notizie del giorno. E le reazioni?
Sorpresa, manco a dirlo. Sorpresa grande, tanto più che non una parola era trapelata sull’intenzione del papa d’indire un anno santo. Non stupiscono certo le reazioni dei politici, Renzi e Marino in prima fila. Un’altra occasione d’oro da non perdere, anzi da sfruttare al massimo per l’azienda Italia. C’è chi ha già scritto che si possono ragionevolmente prevedere dai 25 ai 30 milioni di pellegrini a Roma per l’anno santo (29 milioni nel 2000 per l’anno santo di papa Wojtyla. Ma i nostri problemi non sono certo questi.
Io mi fermerò qui a considerare la capacità di stupirci di papa Francesco e dell’inesauribile “misericordia” di Dio verso la sua Chiesa. Pensateci bene: fino a due anni fa ci sentivamo seduti su una mina che poteva esplodere da un momento all’altro. Ci guardavamo intorno e non vedevamo che macerie e tutti si dicevano: “Alzo gli occhi verso i monti… Da dove mi verrà l’aiuto?» (Sal 121,1). Oppure con le parole di Geremia profeta:
«I miei occhi grondano lacrime,
notte e giorno senza cessare…
Se esco in aperta campagna,
ecco i trafitti di spada;
se percorro la città,
ecco gli orrori della fame.
Anche il profeta e il sacerdote
Si aggirano per il paese,
e non sanno cosa fare (Ger 14,17-18).
E non mi si dia dell’esagerato o del disfattista. Non è stato forse per questo che Benedetto XVI ha lasciato, una volta costatata la sua insufficienza di forze fisiche e, forse più ancora, di temperamento e di forza morale?.
Della sua coraggiosa scelta (della grandezza morale della quale detti subito atto il giorno stesso delle sue dimissioni) ha già più volte parlato anche papa Francesco, il quale ieri ha un po’ precisato il senso di alcune sue precedenti dichiarazioni: egli si è detto, ieri appunto, poco incline a dimettersi, pur senza escluderlo del tutto come possibilità magari remota. Ribadito che la vocazione del papa è un po’ speciale e che pertanto non ritiene opportuno porle un limite fisso come si fa per i vescovi, ha poi precisato che appunto lui non ritiene che avrà un pontificato particolarmente lungo: 4-5 anni forse, di cui due già trascorsi (questo per lo meno ho letto su alcuni organi di stampa.
Anche questo mi sta bene. Trovo già abbastanza crudele il limite dei 75 anni per i vescovi che non lo auguro certo a un papa: il mio augurio è che l’esempio di Benedetto XVI diventi contagioso e che le dimissioni di un papa, quando si rende conto di non essere più in grado di assolvere al meglio il suo difficile compito, diventino una prassi. Libera, ma prassi.
Chiudo così quest’articolo improvvisato e per di più costretto in un tempo brevissimo per la stesura (e credo che si senta). Ma non mancherà occasione per tornarci sopra.

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