Nel mio giardino rabbrividiscono i fiori intirizziti.
Sembra che si vergognino d’esistere, nude come sono dei fiori e delle foglie di cui andavan superbe.
Freddo, e pioggia e grandine perfino, ieri l’altro,
a punire chi non vuole, chi non si rassegna a dormire.
“Dormire, è bello” sembrano sussurrarsi l’un l’altro:
non sentire più freddo, non vedere più i petali,
– la vostra gloria! – ingiallire, cadere,impoltigliarsi nel fango.
Poi verrà la brina: sai, quella grossa come fili di lana, che su tutto sa stendere “un merletto – da metter da-cuperta sopra al letto” (stornello umbro).
Poi verrà la neve e la magia d’un Natale che tutti s’aspettano bianco, e che noi, a Casalina – che più in pianura di così non si può – abbiam avuto per ben due volte negli ultimi 50 anni: una volta e mezzanotte (e fu,quello “il miracolo dei bambini di Casalina”) e la seconda fu la mattina alla “messa delle donne”, che tutte e due le volte a mezzogiorno, manco più l’ombra.
Intanto nel mio giardino spicca sul bordo del pratino, una croce bianca a ricordarmi tre morti: uno è colui che m’ha donato il fegato (braccio lungo e dritto della croce); gli altri due (brevi) a ricordarmi gli unici due di Casalina che non hanno voluto aspettare di vedermi con il fegato nuovo. “Perché l’avete fatto?”, gli ho chiesto una notte: E loro, impertinenti: “Per noi, andava bene anche col vecchio”.
A riverderci tutti un giorno: lassù. Benedizione!
Don Antonio