Donna prete? Perché no? Se l’Ordine guarda oltre


Oggi parlerò di me stesso. Racconterò d’una conversazione che ho avuto con Francesco Matteucci, giovane e sensibile editore di Marsciano. Si sta preparando un incontro a Marsciano per aprire un dibattito pubblico sui temi del mio ultimo libro dal titolo: L’Ordine sacro Oltre. Un tentativo di fare il punto su una serie di questioni su cui da anni si discute vivacemente nelle Chiese con soluzioni molto diverse le une dalle altre. Eccole.

1. Può un uomo sposato diventare prete?

2. Può un uomo già prete prendere moglie?

3. Sarà mai possibile una donna prete?

Queste le tre domande che Matteucci mi ha posto.

Don Antonio: Quelli che oggi sono visti come gravi problemi, un tempo furono prassi comune nella Chiesa. Per qualcosa più di 1000 anni (fino all’XI secolo) uomini sposati poterono diventare diaconi preti e vescovi. Quando si sceglieva uno per farne un vescovo, gli si chiedeva subito se era sposato o no e, se sì, se aveva sistemato le cose della sua famiglia (a evitare “conflitti di interessi” diremmo oggi). L’Oriente cristiano, invece, sia cattolico sia ortodosso, ha sempre avuto preti sposati e preti celibi, ma i preti sposati non possono diventare vescovi. È probabile che prima o poi (forse neppure tanto poi) un giorno sarà così anche tra noi.
Matteucci: una seconda domanda: potrebbe un prete, oggi necessariamente celibe, domani prendere moglie?
Don Antonio: Questo è più difficile. Sia in Oriente sia in Occidente i preti sposati devono essersi sposati già prima della ordinazione presbiterale. Una volta preti non si possono più sposare, e se rimangono vedovi non possono risposarsi. Se si risposassero sarebbe visto quasi come una dichiarazione che Dio non basta loro. Inaccettabile finora. In futuro? Non sono un profeta. In assoluto a me non sembra impossibile. Si sa che papa Francesco è molto sensibile al disagio dei preti. Io non mi opporrei certo.
Matteucci: Veniamo alla terza e ultima e più delicata domanda, certo la più complessa: Che ne è della donna prete? Quali prospettive ci sono perché questo accada? Quante speranze hanno le donne di poter un giorno salire l’altare e dire messa?
Don Antonio: Qui si impone una premessa: io parlo solo per me stesso. Sono uno che cerca le sue risposte nei testi liturgici, i quali quasi mai ne parlano direttamente. Ma a saperli leggere, dicono molte più cose di quanto solitamente non si pensi. Confrontando questi dati con quelli della Sacra Scrittura e della storia della Chiesa, spesso vengono fuori cose di grande interesse.
Detto questo bisogna riconoscere che il parere tradizionale che esclude le donne dall’esercizio del sacerdozio, oltre a essere antichissima, anzi, praticamente da sempre, è probabilmente ancora oggi prevalente. Questa idea si basa sui seguenti argomenti:
1. Gesù non ha avuto donne fra i dodici apostoli.
2. Gli apostoli stessi hanno continuato sulla linea di Gesù e non hanno avuto donne né fra i loro collaboratori alla guida delle chiese che via via fondavano, né fra i presbiteri (preti), né fra i loro successori, i vescovi.
3. Tutta la tradizione successiva fino a pochi anni fa, quando apparvero le prime eccezioni fra i protestanti, né in Oriente né in Occidenti ci furono mai donne preti.
4. Lo stesso papa Francesco, rifacendosi a una parola di Giovanni Paolo II, ha detto che da questo punto di vista l’argomento potrebbe essere considerato quasi chiuso. Eppure…
Matteucci: Eppure?
Don Antonio: Eppure potrebbe non essere la soluzione giusta considerare chiusa la questione. Questa convinzione me la sono formata studiando la storia della liturgia che ho insegnato per 35 anni, diviso fra l’Istituto teologico di Assisi e le università e facoltà teologiche romane.
Matteucci: Cosa l’ha convinto in questo senso?
Me ne sono convinto quando ho costatato che nessun Sacramento, quale più e quale meno, è rimasto immune da cambiamenti profondi e perfino fra loro contradditori, e questo anche dopo che papi importanti, concili ecumenici e sinodi regionali avevano stabilito in passato l’assoluta immutabilità di certe norme. Eccone alcuni esempi.
Confermazione: In Oriente per i primi quattro secoli non si parlava di cresima, poi hanno cominciato a praticarla anche là. Con delle differenze rispetto all’Occidente. In Occidente all’inizio era solo il vescovo che la dava, in Oriente indifferentemente preti e vescovi.
Unzione degli infermi (già estrema unzione): nel sec. V i preti di Gubbio negano al vescovo il diritto di dare l’olio santo ai malati. Il papa dà ragione al Vescovo e anzi ricorda con forza che anche i laici ne possono fare libero uso nei propri malanni;
Battesimo cresima e comunione: in antico i bambini ricevevano insieme battesimo cresima e comunione proprio come gli adulti convertiti. In Oriente è ancora così, mentre da noi, oggi, fra battesimo e cresima passano dai dodici ai sedici anni.
Ancora sulla cresima: in Occidente il ministro proprio è il vescovo, in Oriente ogni prete lo può dare.
Matrimonio. Per i primi due-tre secoli la Chiesa non se ne occupò affatto; sappiamo solo che “i cristiani si sposavano come tutti”. Ai vescovi bastava che ne venissero informati. Più tardi (sec. IV-V) la sera delle nozze gli sposi ricevevano una benedizione in casa loro. È solo nel sec. X che il matrimonio comincerà a essere celebrato “sulla porta” della Chiesa (né fuori né dentro).
La Penitenza (confessione) ha conosciuto cambiamenti sensazionali: per i primi 150 anni si ritiene che non ci fossebisogno né di riti né di precetti penitenziali. Il primo grande segno di novità è del sec. II: il perdono dei peccati si potrà ottenere una sola volta nella vita e solo dopo mesi o anni di durissime penitenze. La durezza della penitenza e la paura di morire senza riconciliazione (si ricordi: una volta sola!), erano tali che nessuno chiedeva più il sacramento se non in punto di morte. Questo durò fino ai sec. VI-VII Fu quando in Irlanda, dove vivevano solo monaci, la gente prese a confessare a loro i propri peccati, a ricevere una penitenza e a ottenere sempre la riconciliazione. Le penitenze erano ancora durissime, ma si mise un atto un sistema di commutazione che faceva sconti grandiosi sulla pena da scontare. Così fra molti contrasti la nuova forma prevalse. Ancora 5 o 6 secoli, e nacque la confessione come tutti noi la conosciamo. Infine con la riforma del Vaticano II si è introdotta anche la possibilità di dare l’assoluzione dopo una confessione generale e prima della confessione individuale dei peccati.
Matteucci: E sul sacramento dell’ordine?
In tutto il primo millennio si poterono ordinare diaconi preti e vescovi anche uomini sposati, ma allora, in Occidente, con l’obbligo della castità (dal sec.IV). In Oriente invece quest’obbligo non c’è mai stato.
Un’altra curiosità: per nove secoli un vescovo che accettava il trasferimento a un’altra sede, fosse anche quella di Roma, veniva scomunicato. Era considerato come un adulterio. Oggi invece è la regola.
Cambiamenti importanti che ci dicono che il Signore, lasciando i suoi, si è fidato della sua Chiesa.
Conclusione: Perché dunque solo per la donna non dovrebbe cambiare niente?
Gesù non le avute tra gli apostoli? Ma i tempi non lo avrebbero permesso. Ora fra i miracoli del Vangelo perché non includere anche questo: la fine della discriminazione verso le donna e la totale pari dignità? La Chiesa lo deve aver capito subito, infatti prese subito iniziative audaci e profetiche. La istituzione dei diaconi e la sostituzione di Giuda non gliel’aveva comandate Gesù. Hanno fatto tutto da soli. E se ieri sì, perché oggi no? Oggi, che lo stesso papa Francesco intende proporre, o forse imporre, la comunione eucaristica per i divorziati risposati e per gli stessi gay?
Matteucci: Don Antonio, sarebbe bello se il suo sogno diventasse realtà. Auguri a Lei e al suo libro.