Giuda: dannazione e redenzione


Ebbene sì, l’ho tradito. Perché, che avreste fatto voi se foste stati al mio posto?
Gli ho regalato tre anni della mia vita, gli sono andato dietro come uno scolaretto, attento a tutto quello che lui ci diceva: a me…a noi… a tutti noi che lo seguivamo dovunque, come pecore, convinti come eravamo d’aver trovato il pastore… Così credevamo. Tutti!
Tutti, sì, proprio! Andrea, Giovanni, Tommaso… Ce lo mangiavamo con gli occhi: il Maestro ha detto, il Maestro ha fatto, il Maestro dice… Sempre il Maestro. Vivevamo di lui. Pietro poi! Non aveva altro in bocca, non pensava ad altro! Aveva lasciato il padre, la barca, le reti, la moglie! Focoso com’era… in tutto, ve lo assicuro io.
Quando m’incontrò, che eravamo già amici, mi gridò, correndomi incontro come un pazzo: è arrivato finalmente, l’abbiamo trovato! Chi? gli fo io. E lui, quasi fuori di sé: LUI! Non capisci? Il Messia!
Cercai di calmarlo: io se non vedo con i miei occhi, se non tocco con le mie mani, se non vedo il miracolo, io non credo: io!
“Appunto” mi rispose: “io l’ho visto! Dovevi vederlo l’indemoniato! Schiumava che faceva schifo, la bava gialla, verde, gli occhi strabuzzati, la lingua fuori come quella d’un cane sotto il sole d’agosto, e Lui che gli fa: Vattene, esci da quest’ uomo… E quello con un ultimo urlo… Dio che urlo!… cade a terra, stramazza, rimane lì come morto, libero dal demonio ma sfinito, esausto… Come potevo non credere?”. Così mi parlò Pietro.
Allora gli sono andato dietro anch’io, fedele, sempre il primo… perché lui si fidava di me… m’aveva affidato anche la borsa…
Sì lui si fidava di me! (Con rabbia) Non credete a Giovanni! Lui si fidava di me.
Parlava bene Gesù, oh se parlava bene! Lui parlava, parlava e la gente rimaneva lì, ad ascoltare, non si stancava mai, avrebbero voluto che non smettesse più… non sentivano né fame né sete, né stanchezza… niente… Mandavano giù quelle parole come fossero acqua fresca, pulita…
Io non perdevo una parola, mi si scolpivano tutte nella mente. Lo sentivo parlare del Regno e mi si apriva il cuore. L’avevamo aspettato per secoli e ora… ora era lì, a portata di mano e noi ogni tanto, impazienti, lo spronavamo “Maestro quando instaurerai il tuo Regno”?
Avevamo anche imparato a pregare per il regno: Venga il tuo regno, ci faceva pregare… e noi pregavamo con tutto il cuore. Ci pareva questione di giorni, al massimo di mesi. E più tardava, più litigavamo per stabilire chi sarebbe stato il primo e il più grande fra noi…
Un giorno cominciò a parlarci d’un altro regno; ci disse che si sarebbero visti segni nel Cielo… Drizzammo gli orecchi: era musica per noi; diceva che il suo Regno non era per i deboli, ma per i forti; che vi sarebbero entrati solo quelli che sanno fargli violenza, e allora pensammo che sì, finalmente parlava proprio di quello che volevamo sentirci dire, del Regno di David che lui era venuto a instaurare con la forza per riunire tutte le pecore smarrite d’Israele.
Così cominciammo ad aspettare “quel giorno”, quando sarebbero suonate le trombe che annunciavano l’imminente liberazione, le trombe dell’assalto e della carica. Ma quell’assalto nessuno mai l’ordinava… e fu allora che cominciai a sospettare, a dubitare che quel giorno non sarebbe mai arrivato… E fu uno schianto.
Da allora tutto cambiò: continuai a seguirlo, ma solo per meglio osservarlo: non lo ascoltavo più, non lo ammiravo più… lo spiavo! Volevo vedere, volevo sapere, volevo capire…
E lui continuava a parlarci di amore: amate i vostri nemici ci diceva, anzi pregate per i vostri nemici, ricambiate il male col bene, perdonate le offese ricevute. Quante volte Signore? gli chiedevamo noi; e lui, tranquillo, settantavoltesette!
Ma come settantavoltesette? E noi quando lo liberiamo Israele? Quando li scacciamo i Romani? Noi lo seguivamo per questo, o almeno io, Giuda Iscariota, lo seguivo solo per questo, per scacciare i Romani e aver parte con lui nel suo Regno. Non poteva lasciarci così, a bocca asciutta, schiavi dei Romani per chissà quanti anni ancora.
Capite perché io gli ho voltato le spalle? Perché mi aveva ingannato! Mi aveva fatto sognare il Monte Sion che s’innalzava sui monti più alti secondo la profezia, e invece era sempre lì, sempre quello, come l’avevamo sempre visto: una montagna neanche tanto bella, un torrentello miserabile, il Cedron, quasi sempre asciutto, più pietre che gocce d’acqua; e tutt’intorno il fumo e gli odori asfissianti della Geenna.
Capirete anche voi la delusione, la nausea, la rabbia, il rancore di chi su quel nome aveva puntato tutto e ora si ritrovava con un pugno di mosche in mano… un ciarlatano, un venditore di fumo e di speranze impossibili…
Proprio questo era ormai diventato, ai miei occhi, Gesù di Nazaret, in quella primavera del mio terzo anno con lui! Allora giurai che non ce ne sarebbe stato un quarto.
Furono mesi d’inferno per me. Io continuavo a spronarlo e lui continuava a dirmi di avere pazienza, che non era venuto per fare la guerra: a nessuno.
Non dormivo più, non mangiavo più, litigavo sempre con tutti, con Pietro, con Giacomo… con Giovanni soprattutto: Dio quanto l’odiavo! Ogni volta che Gesù si appartava con loro tre, mi sentivo ribollire. Non eravamo tutti uguali? Perché queste parzialità? Io non le sopportavo.
E poi, ogni tanto, quell’orrendo ritornello: bisogna che il figlio dell’uomo patisca, sia rinnegato, tradito, maltrattato e infine ucciso… Noi protestavamo, tutti, specialmente Pietro protestava: Signore che dici? Dio te ne guardi! E lui, per tutta risposta: va indietro satana, tu non mi parli con parole di Dio, ma con parole di uomo. Oh che non lo non sapeva che noi eravamo uomini, appunto?!
Ma fu quando fece quel discorso sulla fine di Gerusalemme, che gli occhi mi si aprirono del tutto. Dunque lui sapeva! Allora chi era veramente Gesù? Certo non il Messia. Fosse stato il Messia non avrebbe parlato così! Non doveva il Messia ristabilire il regno e il trono di Davide? E invece era lì che piangeva come una donnicciola.
Allora capii. E decisi. Se non si decide lui, se non si muove lui, gliela darò io la scossa: vedremo se si muoverà.
Non dissi niente a nessuno. Feci tutto da solo. Mi presentai a uno di loro: e gli dissi: e se lo metto nelle vostre mani? Senza battere ciglio, quello rispose “trenta sicli d’argento”. Non era moltissimo, 120 giorni di lavoro sui campi. Meglio di niente, pensai. Non tirai sul prezzo. Non era per soldi che glielo consegnavo. Era solo per odio. Per le speranze tradite. O forse, più ancora, per metterlo alla frusta. O per i tre anni di vita buttati. Trenta sicli d’argento, potevano bastare per ricominciare una vita. Di mio non avevo più niente. Avevo dato tutto per la causa.
Come potevo rimanere con lui aspettando i Romani che mettessero Gerusalemme a ferro e a fuoco, sì che della Città santa non restasse pietra su pietra? Perché questo ci aveva detto. E Lui? Piangeva! Capite? Piangeva! Te l’immagini tu un Messia che piange?
Allora dissi basta! Per sempre. Non ebbi più dubbi… fino a quella sera nel cenacolo: “Uno di voi mi tradirà”! Non me l’aspettavo. Mi sfidava, era evidente. O tentò di riprendersi l’amico? Vi giuro lo pensai e per un attimo mi sfiorò il dubbio: Giuda che fai? mi son detto. Fui colto da un violento tremore…tentennai… ma poi lui stesso mi disse: Quello che devi fare fallo presto!
E fu la fine. Capite? Io dovevo farlo! Quello che devi fare, aveva detto. Mi aveva scelto per questo. Devi farlo, perché per questo io sono venuto. Se tu ora ti tiri indietro, io che sono venuto a fare? Posso forse tornare al Padre a mani vuote? Posso continuare a predicare, quando so che mio Padre vuole il mio sangue! È per dare il mio sangue che io sono venuto, mica per una bella vacanza mi ha mandato, ma perché io morissi sulla croce. A che m’avrebbe dato il nome di Salvatore? Perché questo significa Gesù! Guadagnati dunque il tuo nome.
I suoi occhi nei miei, i denti stretti tra le labbra semichiuse, “fallo presto” m’ha detto. E io l’ho fatto. Subito. Sono uscito, li ho cercati dove sapevo che li avrei trovati: Venite dietro a me, gli ho detto, quello che bacerò è lui. Prendetelo… E così fu fatto.
Lo trovai proprio lì, dove sapevo che l’avrei trovato… Lo guardai… Anche lui mi guardò. Alla luce delle fiaccole i suoi occhi ardevano. Credo avesse la febbre… Che mi dirà? ricordo che mi chiesi. Ero preparato a tutto. Anche al peggio di tutto. Ma lui mi disse…“Amico!”… Era l’unica cosa a cui non ero preparato!… “Amico” a me che lo tradivo… che lo consegnavo alla morte! E a quale morte! I ginocchi mi tremarono… la vista mi si annebbiò… Avvicinai le mie labbra alle sue labbra: “Ave Rabbi”, gli dissi e lo baciai. Solo allora egli completò la sua frase: “con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!?…”. Poi fu il niente!
Anzi no: l’orrore, lo schifo, il ribrezzo! Io, io avevo potuto far questo, a chi mi chiamava “Amico”! Correndo, inciampando sui ciottoli del torrente, scivolando sulle pietre bagnate, corsi dove sapevo che li avrei ritrovati a celebrare il trionfo. Spalancai la pesante porta con fracasso: erano tutti lì, sorpresi di vedermi, lo sguardo carico di disprezzo per la serpe strisciante, per il giuda che gli stava davanti.
“Ho tradito il sangue innocente!” gridai. “Affari tuoi”, m’hanno risposto. In mano avevo solo quel sacchetto di trenta monete d’argento. Forse mi sentii un Davide davanti a altrettanti Golia che glieli scagliai con tutta la forza e l’odio che avevo nel cuore?
Poi uscii, presi a correre, dove andassi non so, so solo che correvo, correvo… Da qualche albero vidi pendere una corda… la tirai a me con uno strattone, corsi verso un campo coltivato a olivi… Senza prendere le misure mi arrampicai su un ramo d’uno dei più vecchi e dei più alti… Tremando… come potei, vi legai un capo della corda, all’altro capo feci un cappio, largo abbastanza da farvi passare una testa. La mia. Infilai la testa nel cappio e…E non so più niente.
PS. Or sono un 45 anni fa, una voce mi raggiunse nell’inferno dove io languivo da allora: era la voce d’un prete. Mi mandava a dire: Io voglio bene a mio fratello Giuda.
Subito venne a me un diavolo, arrabbiato nero. Mi sciolse dalle catene e mi condusse fino alle porte dell’inferno. Si aprirono. Mi sbatté fuori in malo modo. Un Angelo mi prese in consegna. “Sei salvo”, m’ha detto. “Perché qualcuno ti vuole bene. Ricordalo sempre: tanto può fare l’amore”.

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