Davvero la fede ci rende cattivi?


A parlare è Christopher Hitchens, un antiteista fra i più conosciuti e combattivi del pianeta, morto pochi mesi fa. «Ho con me un testo del cardinale Newman. Il cardinale Newman è stato beatificato recentemente ed è ormai ben avviato verso la canonizzazione. Il testo recita: «Per la chiesa cattolica sarebbe meglio che il sole e la luna cadessero dal cielo, che la terra fosse distrutta, e che con essa milioni di persone perissero in una terribile agonia, piuttosto che una sola anima, non dico venisse persa, ma commettesse anche un solo peccato veniale, o dicesse intenzionalmente una bugia, o rubasse un solo spicciolo, senza giustificazione». Fin qui il card. Newman.
E ora il commento del grande intellettuale scomparso: «Voi forse penserete che quel che vi ho letto risenta dello stile aulico e apologetico dell’epoca e dell’autore. Per me, invece, quello che vi ho letto, è un distillato di tutto ciò che può esservi di contorto e immorale nella forma mentis di un credente. Questo breve testo è l’essenza del fanatismo, quel fanatismo che considera la natura umana come “materia bruta” e che nutre l’ossessione per la purezza». Fin qui Hitchens.
Cosa ne pensi io, di tutta la questione, cercherò di dirlo al meglio, per quel poco che so e posso, qui di seguito. Sono d’accordo anch’io: nessuno potrà mai negare che la religione è stata e potrà continuare a essere una delle più micidiali fonti di odio, di rivalità, di guerra, di atrocità, di distruzione, di stragi, di sterminio che la cultura umana abbia mai potuto inventare e mettere a disposizione dell’oscuro cupio dissolvi che distingue l’umanità «dal dì che nozze e tribunali ed are / diero alle umane belve esser pietose / di se stesse e d’altrui».
Sono parole del grande poeta Ugo Foscolo, neppure lui credente, ma che, almeno a quanto pare dalle parole appena citate, doveva nutrire un concetto molto più positivo della religione di quello che Hitchens ostenta con tanta sicurezza e arroganza.
Se ben comprendo il pensiero dello sfortunato Poeta, esso va proprio nel senso opposto a quello di Hitchens: l’apparizione dell’intuizione e del pensiero religiosi costituì un grande progresso nella storia della civilizzazione e dell’umanizzazione di quelle che fin lì erano state niente più che «umane belve». Fu quello il momento in cui la scoperta dell’amore come base civile della famiglia (nozze), del diritto come fondamento della vita civile (tribunali), e di una fede religiosa come apertura verso il regno del “mistero” (are per altari), permisero alle “umane belve” il salto di qualità che separa la carne dallo spirito.
Fu quello il momento in cui le “umane belve” scoprirono il valore della pietas verso sé stessi, verso i propri simili e verso un Essere Supremo che si convenne di chiamare, ognuno nella propria lingua e secondo schemi mentali e linguistici propri, col nome “Dio”.
E nessuno potrà sorprendersi se, una volta individuato (altri diranno: costruito) questo Essere supremo, a lui sia stato demandato il compito di condurre e di sostenere l’umanità nel suo cammino verso l’appagamento di quell’istinto di giustizia, di pace, di ordine, di sicurezza, di rispetto reciproco che gli Umani venivano via via scoprendo e coltivando.
Uscendo dalle caverne, ritrovandosi gomito a gomito con altri esseri più o meno simili a loro, non meraviglia che abbiano sentito il bisogno di assicurarsi la protezione di Qualcuno più forte di loro e di tutti, per sconfiggere i nemici e superare gli ostacoli che la molteplicità e la rivalità dei gruppi creavano sia per gli individui sia per i gruppi stessi.
Ci sarebbe allora da meravigliarsi se essi, stretti da bisogni, aspirazioni, paure, limiti invalicabili, abbiano fatto ricorso a una categoria extraumana, extraterrestre, extra mondana, extra-tutto-ciò che era loro già noto e da loro sperimentato?
Che poi a questo Essere o a questi Esseri superiori abbiano fatto ricorso per difendersi dai pericoli e per dotarsi di leggi e di norme coerenti con i loro disegni e la loro visione del mondo, nessuno potrebbe meravigliarsi. A ogni gruppo, a ogni clan, a ogni popolo il suo dio o i suoi dei, spesso l’uno contro l’altro armati. Perché no?
Quante tavole della legge da un qualche Sinai, quante stele di un qualche Hammurabi sono state date al mondo, riconosciute come autenticate dalla Divinità, come infallibili leggi di vita in cambio d’un patto di culto e di obbedienza? Dalla Mesopotamia al Messico la storia ne è piena. Strumenti potenti di legittimazione e di controllo.
Troppo forte la tentazione: un Dio tutto per me, per il mio gruppo, per la mia nazione. Anzi, meglio ancora (ma più raramente): e se un solo Dio bastasse per tutti i popoli? Pensa: tutti i popoli uniti sotto un solo re e un solo Dio!
Prevedo l’obiezione: ma allora è proprio vero? Non Dio ha creato l’uomo, ma l’uomo ha creato Dio?
La Bibbia ci dice il contrario, l’antropologia culturale e la storia delle religioni ci assicurano che proprio così è stato. Qui per me è indifferente. A me basta pensare che Dio abbia saputo servirsi di questa scala di corda che l’uomo stesso gli avrebbe lanciato per invitarlo a scendere sulla scena di questo mondo e inserirsi di persona in questo “gioco”, per entrare a far parte lui stesso nella storia umana. Ecco questa è la mia fede: che il Dio creatore del mondo abbia saputo imprimere alla storia umana un movimento di amore e di redenzione capace di riscattare tutti i disastri combinati dall’uomo.
In questo disegno Gesù di Nazaret è il punto di incontro e di scambio tra l’uomo e Dio.
Hitchens mi risponderebbe: Ma dove? Ma quale salvezza? Guarda piuttosto i disastri che il tuo dio ha combinato, le stragi che il tuo odioso dio del vecchio testamento ha ordinato, gli innumerevoli sacrifici degli innumerevoli Isacco della storia, la perfidia dei suoi preti, antichi e moderni: sapresti negarli?
La mia risposta è: no, non potrei negarli. E se lui, insistendo: e allora perché non deponi questo ferro vecchio e non lo butti in discarica?, io gli risponderei, non posso. Immagino il suo urlo: ma perché? E la mia risposta sarebbe: «Ma non capisci che se io lo facessi, non mi resterebbe in mano nient’altro che l’uomo? L’UOMO, capisci? Io non ho visto mai Dio ammazzare qualcuno, torturare qualcuno, né tirare una bomba; né una pietra alle adultere. Quando l’ho visto fare, era sempre un uomo che lo faceva. Perché Dio gliel’ ordinava, mi dici? No, ti rispondo, ma perché l’uomo si appellava a Dio per dar più forza alla propria parola. Ad ammazzare Abele è sempre stato un Caino, checché ne pensi Saramago, e tutti i saramaghi come lui! Perché quando Dio lanciava i suoi anatemi, a pronunciarli erano sempre uomini che poi pretendevano di conoscerne la volontà più di Dio stesso.
Per questo la mia fede, nata con Gesù di Nazaret, si è fermata a Gesù di Nazaret, perché prima di Gesù di Nazaret ci sono millanta anni di Umani e dopo Gesù di Nazaret ci sono altri duemila anni di Umani che non importa chi invochino e in nome di chi parlino, sempre uomini sono. Sono essi che condannano a morte e se ne fanno un merito perché obbediscono a Dio. E questo, Gesù di Nazaret non lo ha mai detto, per questo è tanto scomodo, che né i vecchi preti lo hanno accettato né i nuovi: Caifa e i Grandi Inquisitori sono sempre in agguato. E Gesù finisce sempre crocifisso. E poiché la sua parola a noi non piace, oggi come ieri e come domani, la sentenza sarà sempre una sola: Questo Gesù deve morire. E sulla stessa croce anche il suo Dio, un giorno o l’altro, dovrà morire con lui.


Una risposta a “Davvero la fede ci rende cattivi?”

  1. IL DIO NEL QUALE CREDO.

    Da bambino mi hanno raccontato che Dio è il creatore del mondo, non capivo bene se il mondo era la terra o l’intero universo, e mi hanno raccontato che dopo tutte le cose e gli animali, ha creato l’uomo ( maschio e femmina, come dice Benedetto XVI ) prendendo del fango e soffiandoci sopra dopo aver sagomato una statuina.

    Ha soffiato la vita dall’esterno in un corpo inanimato.

    Dopo un po’ di tempo ho capito che Dio non ha le mani, e neanche la bocca e forse neanche i polmoni per soffiare, però la Bibbia dice che ha “compiuto un lavoro”, e che dopo la fatica si è riposato al settimo giorno.
    Ma cos’è l’uomo che ha creato?
    Se analizziamo i componenti fisici che lo costituiscono ci troviamo di fronte un organismo, cioè una struttura organizzata capace di molteplici attività, che è scomponibile in strutture anch’esse organizzate sempre più piccole: organi, cellule, molecole, atomi, particelle elementari – protoni, elettroni, quark – e alla fine scopriamo che quella struttura che sembra così consistente, il corpo umano è costruita con elementi sempre più piccoli che lentamente si dissolvono fino a scomparire: diventa una cosa impalpabile! Energia.
    Da studente ho dovuto faticare non poco per capire il concetto di energia, è un concetto assolutamente astratto, impossibile da immaginare e da individuare da qualche parte, se ne possono conoscere soltanto gli effetti che può produrre: è definita infatti “capacità di compiere un lavoro” non sappiamo cos’è, sappiamo che c’è perché vediamo che produce effetti.
    Basta infilare un dito nella presa della corrente per sentire gli effetti di quella che chiamiamo energia elettrica.
    L’energia viene classificata in varie categorie, che non sto ad enumerare, c’è un tipo di energia capace di concentrarsi in uno spazio isolato e di produrre corpuscoli, che chiamiamo materia, e questi hanno la capacità di combinarsi fra loro per formare organismi sempre più complessi, quelli che partendo “dal basso” si trasformano con l’evoluzione e diventano “uomo”.

    L’uomo è in sostanza è una concentrazione in un dato spazio, di energia organizzata, la quale ha prodotto il lavoro che chiamiamo “uomo”.

    E=M*C2

    Sembra una formuletta di qualche rebus, invece è la formula che dice:
    l’energia (E) è equivalente (=) alla massa ( M materia ) moltiplicato la velocità della luce (C) al quadrato.

    Cioè, materia ed energia sono la stessa cosa in forme diverse, possono essere trasformate l’una nell’altra.
    I corpi si costruiscono accumulando energia, la bomba atomica disgrega la materia in corpuscoli e radiazioni.
    La velocità della luce è di trecentomila chilometri al secondo circa, il che significa che nella materia è accumulata una quantità spaventosa di energia.

    Dio non ha creato l’uomo agendo dal di fuori, su un oggetto inanimato, ma ha costruito l’uomo facendolo crescere per virtù propria, dall’interno.

    La creazione questo è, qualcuno o qualcosa ha impresso nell’universo queste capacità di trasformazione e di costruzione di corpi sempre più complessi.

    Se le persone che hanno scritto e poi redatto le prime pagine della bibbia, avessero avuto le conoscenze che abbiamo noi oggi, sicuramente avrebbero raccontato la creazione in modo molto diverso.

    Dio non lo posso conoscere, se esiste ( ed io credo che esiste ) se lo penso, posso pensarlo soltanto come una forma di energia ( energia pura, tanto per definirlo in qualche modo ) capace di provocare una concentrazione di energia che diventa progressivamente tutto ciò che esiste, e in certi casi ha la capacita di auto – riprodursi,

    e in questo riprodursi diventa più complesso e la complessità lascia emergere capacità nuove che chiamiamo spirito, ma che tutto sommato non sappiamo cosa sia, perché non possiamo vederlo, conosciamo soltanto gli effetti che produce attraverso l’attività umana.

    Questo è quello che posso capire umanamente, con la mia ragione, e con le mie conoscenze attuali, per conoscere di più devo rivolgermi non più alla ragione, ma alla Rivelazione.

    Anche la Rivelazione però non è un dato fissato una volta per tutte, leggendo la Bibbia si scopre che le qualità attribuite al “creatore” si modificano nel tempo, diventano sempre più raffinate fino al momento in cui Gesù Lo definisce “Padre”, e poi complica le cose parlando di Spirito che invierà dopo la sua resurrezione.

    Non credo però che debba essere considerato padre nel senso “umano”, tanto è vero che nel caso dell’uomo si parla di creazione, non di generazione, ma padre in quanto “datore di vita”, e quindi può anche essere chiamato madre; però vedo che per dare la vita utilizza i meccanismi dell’evoluzione, non l’intervento diretto dal di fuori sulle cose finali prodotte.

    Ecco, questo è quello che io credo Dio: il promotore di un movimento grandioso che genera l’universo con tutte le caratteristiche in base alle quali emergerà quello che chiamiamo “spirito”, che non sappiamo bene cos’è, ma sappiamo che c’è perché vediamo gli effetti che produce.

    Una sorta di energia che produce energia, la quale concentrandosi e organizzandosi produce tutto quello che esiste, di materiale e di spirituale.
    Questo è il mio Dio.

    La speranza che coltivo, è che tutto questo non vada perduto con la morte, ma che sopravviva quella entità spirituale che si è costruita nel tempo con tanta fatica, e che chiamo io.

    Derna: mi piace molto pensare che noi siamo stati creati attraverso l’evoluzione, è una conclusione logica, vedendo come agisce Dio Padre. Non abbiamo avuto origine da quel pupazzetto che ci racconta la Bibbia, indubbiamente quando è stata scritta si aveva bisogno di quell’immagine per farci capire la nostra creazione. Io personalmente non amo leggere la Bibbia perché mi fanno vedere un Dio crudele. Ma nella Bibbia c’è raccontato un percorso di vita, anche questo fa parte dell’evoluzione.
    Penso che ad un certo punto Dio Padre, vedendo la nostra confusione ha voluto mandarci suo figlio Gesù per farci conoscere il suo vero volto; un volto d’amore immenso, di disponibilità, di pazienza, tutto quello che uno vorrebbe da un padre, e soprattutto ci lascia liberi di fare le nostre scelte, un padre con le braccia sempre allargate e pronte ad accoglierci in qualsiasi momento noi vogliamo rifugiarci.
    Forse questo è un pensiero un po’ ingenuo e fanciullesco. Ma io è questo padre che amo, pieno di amore e sempre pronto a braccia aperte che mi è accanto in ogni momento della mia giornata.