Quando la profezia fa male, allora ci salva


Non è raro che i profeti ci azzecchino. Non è raro neppure che sbaglino. Il problema è tutto qui: come riconoscere il vero dal falso profeta?
Proprio di una profezia voglio oggi parlare, che ha tutta l’aria d’essere in via di avveramento.
Non è una profezia di questi giorni (il © è del 2003), ma proprio in questi giorni essa sta rivelandosi esatta, perché proprio in questi giorni il mondo “dei ricchi” (parlo del ricco Occidente), incomincia a tremare di fronte ai primi segni del suo avveramento. Per oggi non vi dirò il nome della “profetessa”: un personaggio forse unico nel panorama dell’Umbria mistica, di quell’Umbria di Benedetto e di Scolastica, di Francesco e di Chiara che ha saputo, nell’ultimo secolo, proporsi al mondo come una specie di nuova Tebaide o di nuova Cappadocia. Figure significative, maschili e femminili allo stesso modo e con la stessa autorevolezza, vi hanno creato piccoli e meno piccoli centri di spiritualità, tutti improntati a grande fervore e povertà. Di lei scriverò prossimamente.
Orbene: la profezia che oggi voglio proporvi si inserisce in questo filone aureo, che è quasi un’eco profonda dell’antica profezia d’Israele. Eccola in una lunga citazione nella quale mi ritrovo integralmente.
Vi si parla, niente meno, di una guerra mondiale in atto.
« Ecco la guerra mondiale di oggi. Guerra nascosta, minaccia per l’intera umanità, anche se le popolazioni degli altri continenti ci guardano come modelli! Noi, invece, siamo agli sgoccioli della nostra antica superbia! E se non ci decidiamo tutti per un cambiamento radicale, finiremo nel baratro a fare compagnia alle civiltà morte! Non è permesso lasciare il mondo in mano di quelli che, da sempre, lo trasformano in campo di battaglia per servire il loro interesse, la loro prepotenza, le loro cattedrali di denaro. Non è possibile lasciar morire di fame milioni di fratelli, anche nei nostri paesi cosiddetti privilegiati e civilizzati, per rispettare i criteri economici, che hanno rimpiazzato i famosi criteri morali di un tempo! Si tratta sempre di rendere l’uomo schiavo. I nostri maestri di economia, insensibili di fronte all’esercito dei sottonutriti, dei senza lavoro, dei “piccoli” degli altri continenti e impassibili di fronte a milioni di disoccupati in Europa, hanno finito il loro tempo! Di nuovo l’uomo sta per rialzare la testa e prendere coscienza, giorno per giorno, della minaccia che pesa su di lui. L’ideologia è il nuovo idolo! Il Moloch di oggi che deve divorare i suoi figli!
Fabbrica pure tutti i tuoi bei macchinari che mandano a spasso milioni di uomini, privandoli di dignità, di scopo e di interesse nella vita. Il tuo tempo è contato! Da tutte le parti, anche all’interno della Chiesa questa volta, si alza la protesta. Ci sarà un tempo in cui le tue belle macchine, che, abbassando i costi di produzione, annullano il lavoro dell’uomo, verranno distrutte. Il tempo del capitale morirà e scomparirà, così come è quasi scomparso il tempo dell’altra maledizione: il marxismo puro e duro, che porta con sé 85 milioni di cadaveri, solo nell’ex Unione Sovietica.
Io non sono, e non lascerò fare di me, la rotella impazzita di un motore che corre verso non so quale luogo, ma che sicuramente mi porterà alla perdita della vita. Io non sono un ingranaggio del tuo motore economico. Io non sono fatta per correre da mattina a sera per sbarcare il lunario. Non sono fatta per nascere e morire al tuo servizio.
È venuto uno che ha detto: «Sono venuto perché la vostra gioia sia perfetta».
E siamo ormai milioni a saperlo. Non hai paura di noi? Dalla nostra parte abbiamo Dio che rimette, a suo tempo, ogni cosa a posto. Perfino dal Faraone ha saputo salvare il suo popolo!
A Lui, alla sua sapienza mi affido perché ci ispiri il modello di una ribellione totale ai tuoi progetti di morte sull’umanità intera.
Sotto i tuoi piedi sporchi del sangue di tutte le famiglie ridotte alla mendicità in nome dei tuoi criteri economici, nuovo Baal, tremerà la terra. Nel tuo bel cervello, aiutato dai circuiti informatici più avanzati, presto o tardi si anniderà un inferno peggiore di quello che hanno dovuto attraversare i tiranni del nostro mostruoso secolo.
Il re di Babilonia si credeva il maestro dell’universo: cerca le sue ceneri. Neanche queste rimangono di lui. Anche di tutti voi potenti, miliardari di tutti i continenti, che volete mangiar la torta dell’umanità intera da soli, rimarrà solo un ricordo odioso; sarete, per tutti, i malfattori di un mondo che avrebbe potuto essere liberato dalla miseria se aveste usato la vostra intelligenza al servizio dei fratelli, invece che per accrescere il vostro potere e continuare a restare nel clan dei numeri uno».
Alla profezia segue un appello alla conversione: Provate a «mettervi insieme e accettare di condividere le vostre qualità per il bene dell’uomo!… Come sarebbe bello! Invece di aspettare, come altre volte nella storia, che esplodano le rivoluzioni»! Quanto sangue, quante sofferenze si risparmierebbero.
Leggere in questi giorni queste righe, mi ha profondamente colpito. Quando furono scritte era il 2003: il mondo stava appena riprendendosi dallo choc terribile dell’attentato alle Twin Towers. Ma l’esecrabile cupidigia dell’oro (l’auri sacra fames di Virgilio e di Seneca), di cui da sempre è preda l’uomo, stava già mettendo mano a un altro attentato, infinitamente più distruttivo di quello appena ricordato.
Da quella profezia sono passati solo otto anni e ormai da quattro, giorno dopo giorno, non sentiamo che parlare di fame di pane e di libertà; non ci raggiungono che urla di ribellione e di rivolta, di lutto e di disperazione: dalla Tunisia, alla Siria, dall’Egitto alla Libia, dall’Irlanda alla Grecia, dalla Spagna all’Italia è gente che manifesta e rivendica dignità e sicurezza, casa e lavoro: è gente rimasta senza lavoro, senza casa, senza prospettive, senza futuro: sono uomini e donne, giovani e vecchi, immigrati e indigeni; cori di popoli interi, masse innumerevoli a cui nessuno sa più né cosa rispondere, né cosa promettere. Con una novità: chi finora ha succhiato ai poveri anche il sangue, ora si lamenta che non ci sono più vene da prosciugare. E a questo grido di giustizia, la risposta del Potere ( che sia potere dei singoli o delle caste), risponde sempre col no!
Intanto i potenti hanno cominciato a cadere, uno dopo l’altro, e quelli che ancora resistono contro il volere e il diritto dei popoli hanno cominciato a tremare. Alcuni sono già stati sbalzati da sella, altri per non cadere si son fatti legare gambe e busto al corpo e al collo del cavallo imbizzito. Malgrado il terrore che li invade resistono, perché il giorno in cui lasceranno il potere nessuno potrà salvarli dal severo giudizio del popolo. Mubarak interrogato in tribunale in barella è uno spettro che toglie loro il sonno.
Che la profezia, di cui sopra, incominci ad avverarsi? Personalmente lo spero. Del resto chi mi segue in queste riflessioni settimanali, sa bene quante volte io stesso abbia espresso simili auspici e mi sia azzardato in analoghe previsioni. Ma appunto le mie erano solo previsioni. La voce dei mistici, invece, sa di profezia.

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