Lo chiamano nuovo in un mondo sempre più vecchio


Sarà anche nuovo l’anno, ma guardalo bene in faccia: non le vedi tutte le rughe che lo tormentano, che lo bruttano, e la bocca sdentata e la bava tra i denti? Guardalo bene! Non ti fa un po’ orrore, e anche un po’ schifo?
Pensa quanti milioni di botti stanotte, tra i tappi di spumante e quelli, per le strade, dei petardi e dei bengala e dei fuochi d’artificio?
Pensa quanti milioni di euro, di dollari, di sterline di franchi svizzeri, per mangiare, per bere, per ubriacarsi, per ballare e per sballare, per andare a…, per poter dire alla fine che bella notte! Peccato che viene una sola volta all’anno!
Domani gli spazzini avranno più lavoro del solito, i secchi dell’immondizia e dei cassonetti saranno più pieni del solito e forse ci saranno più sacchetti anche fuori, per terra, e non solo a Napoli, anche sotto casa nostra.
Mi ispira sempre malinconia l’alba del 1 gennaio, l’alba più malinconica, come il primo giorno di scuola: le vacanze sono finite, si torna al lavoro, tra i banchi, ciao come le hai passate le vacanze, dove sei stato, era pulito il mare, macché uno schifo, anche in montagna ormai trovi le lattine di coca cola sui prati, a duemila metri, i compiti li hai fatti, macché figurati… e domani mi scade la rata del mutuo e dove li trovo i soldi che ho perso anche il lavoro e il mio era l’unico stipendio sicuro… e sì, la badante se n’è andata, s’è presa le ferie proprio per natale, e m’ha lasciato a badarli io, i miei vecchi, così addio sciate a Saint Moritz, beh io m’accontento di Selva di Val Gardena e io del Terminillo, quando c’è la neve, che a Natale non c’è quasi mai.
E lo chiamano Anno Nuovo, ‘sta specie di anno che comincia proprio come è finito il vecchio, ci fosse niente di diverso, solo che sei più stanco e con meno quattrini in tasca, che anche la televisione è diventato uno schifo e la radio che t’ha fatto?
Poi, hai sentito? Battisti rimane in Brasile, tanto i morti so’ morti e mica li risuscita se anche torna in Italia? Lula l’ha… ben bene il Berlusconi con tutte le moine che gli fatto, come la monnezza a Napoli e il terremoto a l’Aquila e il Bacchiglione a Vicenza e i muri di Pompei.
Però la riforma dell’università l’hanno votata, e quei bardassotti che volevano la piazza possono manifestare certo, ci mancherebbe altro, ma governare è un’altra cosa, l’ha fatto capire anche il Presidente della Repubblica, firmandola. E adesso a rimboccarsi le maniche e a studiare sul serio! La ricreazione è finita.
Anche la Chiesa ha battuto un colpo, l’hai sentito? Cià pensato il cardinal Cañizares, il prefetto del culto divino: basta con la messa creativa, le chitarre e le batterie e con i canti che non si sa cosa cantano, col silenzio scomparso, con le preghiere che non si capisce cosa chiedono e cosa e chi pregano. Vuoi mettere quelle belle messe in latino dove nessuno capiva niente, e tu potevi dire quello che ti pareva tanto nessuno capiva che sbagliavi e anche quando predicavi c’era sempre qualcuno che andava avanti a dire il suo rosario…
Però, non esageriamo, non tutto è negativo: anzi, pare proprio che questo secolo già così bene iniziato (le Torri Gemelle, lo tzunami in Indonesia e a Sumatra, il terremoto all’Aquila e ad Haiti) promette anche dei record: dei disoccupati, per esempio, dei precari, delle violenze sulle donne, dei preti pedofili, delle frane, delle alluvioni e dello scioglimento dei ghiacciai.
Non basta ancora? Siamo proprio insaziabili!
E allora eccone un altro di record, il più improbabile, il più impensabile, perché va al di là di ogni nostra immaginazione. Eccolo: se continua così, il XXI secolo sarà ricordato come quello che avrà avuto più martiri cristiani di qualsiasi altro secolo precedente.
Chi sono le vittime? Tutti, senza ingiustizie: vescovi, preti, diaconi, vanno tutti bene. Ma anche, e soprattutto, povera gente, cristiani qualunque, di quelli che vanno in chiesa per le feste comandate, che vanno in processione… ecco proprio contro di loro si accaniscono gli assassini, sparando sul mucchio, sicuri di prenderci perché tanto ndo’ cojo cojo, l’importante è che a terra ce ne siano il più gran numero possibile e che si possano contare a decine, come quei 50 di Bagdad il 31 ottobre scorso!
Ecco, tanto per fare qualche esempio, con quali rosee prospettive si apre il nuovo anno, dal quale tutti si aspettano tanto, nel quale tutti ripongono tante speranze.
Tutti? Mah, forse. Certo non io.
Oh sì, certo, anch’io ero in piedi, l’altra notte, a mezzanotte, aspettando il rintocco delle dodici ore, mentre dalla strada salivano le salve dei botti che facevano impazzire i cani e i gatti, che si rifugiavano dove potevano perché loro, povere bestie, che ne sanno de «’ste nostre usanze scojonate» de ‘sti botti e ‘ste sbornie di fine d’anno?
Certo, anch’io ho brindato a spumante, ma dentro dentro non ero affatto allegro. Pensavo a quanti, in quel momento, non avevano nessuna voglia di far baldoria, perché malati, sofferenti, timorosi di quel che poteva essere domani, o anche solo perché non potevano esserci anche loro tra chi faceva baldoria. O perché non aveva con che brindare, dato che i nostri tempi non sono quelli della «signorinella pallida, dolce dirimpettaia al quinto piano», quando fra studenti si facevano «brindisi coi bicchieri colmi d’acqua, tanta felicità fatta di niente». E no!, oggi ci vuole il caviale o almeno il salmone e uno spumante di prezzo, magari un Ferrari o un Franciacorta, meglio se uno champagne francese, almeno un Moet Chandon anche senza andare su un Veuve Clicquot, tutta roba non certo alla portata di tutte le borse.
E pensavo anche ai terremotati dell’Aquila che non hanno ancora la loro casa, agli sfollati per le frane del Sarno, di Maierato, di San Fratello e delle qualcosa come 470mila frane in Italia negli ultimi 50 anni, con una tendenza ad accelerare anziché a frenare questi eventi sui quali in troppi ridono e mangiano e brindano pensando al conto in banca che lievita.
E lo chiamano Anno Nuovo! un anno in cui sai già che tutto questo è ferita ancora aperta; di cui sai già che tutto questo si riproporrà inesorabilmente, fatalmente, scientificamente, perché in realtà si vuole che tutto questo ritorni, si ripresenti, perché fa parte del menu del capodanno: tutto sarà come l’anno prima, proprio come identico all’anno prima è il menu del cenone dai 60-80 ai 1200 euro a persona in tutt’Italia, dove il piatto base sono le lenticchie e il grappolo d’uva perché chi mangia lenticchie e uva conterà tanti quattrini.
E il bello è che poi, alla fine della cena, di quattrini ne hanno meno del giorno prima.
E allora? Che dovremmo fare, fasciarci la testa e dare zuccate agli spigoli?
No, non è necessario. E sarebbe del tutto inutile. Meglio sarebbe rientrare un poco in sé stessi, e riflettere sul mistero di questo tempo che corre via, e che ci interpella e che ci invita a riflettere sul senso d’una vita che corre e ci trascina con lui verso la verità delle cose.
Ma è proprio la verità delle cose che ci è sgradita, e allora meglio stordirsi, bere, mangiare, ballare, stancarci fare bunga bunga e poi dormire. Tanto si sa: domani è un altro giorno. Anzi, è un altro anno.