Lettera dall’anticamera dell’aldilà


Questa lettera la sto scrivendo dall’anticamera dell’aldilà. È la camera d’una clinica di degenza per malati terminali, dove sono chiuso da sette giorni accanto a una donna che sta lottando tenacemente contro un inesorabile male che la sta uccidendo, che non la molla ma che non sa finirla. Il robusto cuore tiene duro e a tutti i colpi risponde in silenzio, senza proteste né lamenti, ma senza cedimenti di sorta. In silenzio, senza una sola parola – l’unico suono che si sente ininterrotto qui dentro è il respiro della morente, reso difficile dal catarro, e il gorgoglìo dell’ossigeno nell’ampolla a muro – ella se ne va, discreta come era sempre vissuta, senza disturbare.
Quant’è difficile e lento lo spegnersi d’un vivente che ha amato la vita senza riserve e che non sa risolversi a lasciarsi andare al gelido abbraccio di Sorella Morte! Sarai anche sorella, sembra dir la morente all’aggressore che non le lascia illusioni, ma io non so risolvermi a seguirti. Senza fretta, prendendosi tutto il tempo necessario per assolvere la sua missione, appoggiato al manico della sua falce, il bianco mietitore le risponde: mi seguirai, mi seguirai!
Di questo muto contrasto io sono testimone non imparziale. Con l’inferma dico anch’io sarà anche sorella, ma resta sempre la Morte, e questa volta ha il torto d’accanirsi contro una donna che per nessuna cosa al mondo vorrei vedermi strappare dopo quanto ha saputo fare per me, quando a lottare con la morte ero io: insieme abbiamo vinto! Anche se, non dimentico certo!, non eravamo soli a lottare, ma in molti.
Ora invece io so che non potrò strapparla alla sconfitta, che non potrò dire a lei, come lei ha detto a me: visto che ce l’hai fatta! Lei non ce la farà, e io sarò sconfitto con lei. E mi mancherà. Nel silenzio della notte profonda sento il respiro faticoso che sa di catarro e non so risolvermi a coricarmi sul divano-letto già pronto per me accanto al suo letto. Nella mia mente tornano domande antiche mille volte dette, mille volte sentite, mille volte evase.
Dov’è ora il tuo Dio? Hai confidato in lui, ma non è venuto in tuo aiuto. Laura rimane sul suo letto, proprio come Cristo sulla sua croce, senza nessuno che venisse a tirarlo giù dal suo legno di morte. Non è questa la prova che il tuo Dio non esiste? O che, se esiste, non serve perché ha ben altro da fare che pensare a noi? Che l’uomo non può far conto su di lui? Che viene sempre a mancare quando più se ne avrebbe bisogno? Che, se anche esistesse, meglio sarebbe rassegnarsi a vivere come se Dio non ci fosse? Sono mesi che lo stai pregando, ma il cielo ti resta chiuso. Eppure non t’era stato promesso chiedete e vi sarà dato? Nessuna risposta ti viene. E mentre il suo cuore si spegne, il tuo sanguina.
Tutto questo è anche vero, lo so, eppure… Pure mi considero fortunato. Perché quel poco di fede che ho mi basta per guardarla morire sapendo – o, forse sarebbe meglio dire credendo e certamente sperando – che non la perderò, come non ho perduto nessuno di quelli, e sono molti, che ho amato e che mi hanno lasciato, perché, in realtà, io sono sempre vissuto con mia madre dopo che l’ho perduta; con Peppina, dopo che m’ha tragicamente lasciato; con Orlanda dello Schwarzwald, dopo che non ha più potuto aiutarmi perché non c’era più. Potrei continuare in un elenco che sarebbe lungo, che è lungo, ma tutto ugualmente presente e vivo nel ricordo e nel cuore, soprattutto nella preghiera: perché è soprattutto allora che le ritrovo, tutte ugualmente vive, tutte costantemente presenti e pronte a ripetermi ciò che mi dicevano allora, a donarmi il coraggio che mi donavano allora con il loro consiglio, con il loro affetto, con il loro sapermi ascoltare; perché no? con il loro amore.
Tra pochi giorni, forse tra poche ore all’elenco si aggiungerà anche Laura, e per qualche tempo il cuore sanguinerà soprattutto per lei, come prima fu per Peppina, per Orlanda, per Mamma. Poi il cuore smetterà di sanguinare e tornerà la serenità, e il senso di pienezza e di pace: perché il dolore cederà il posto alla serena coscienza che tutto ciò che è stato vive ancora, è tutto dentro di te, solo che per trovarlo non devi più andare in Germania, rimanere a Casalina, aspettare che qualcuno ti arrivi da Brescia: ti basterà entrare in te stesso e riavrai tutto: tutto sempre, tutto insieme, tutto dovunque. Perché quel Dio nel quale tu li sai tutti vivi, è sempre tutto e dovunque. Questo mi ha condotto a pensare questa settimana di esercizi spirituali accanto a una donna che ho amato e che mi muore proprio sotto gli occhi: dopo la sua morte la mia casa, priva della sua pur saltuaria presenza, ne sarà più povera, il telefono sarà più muto. Il mio cuore, ormai confortato dal sapersela sempre vicina, ne sarà tanto più ricco.