Il cristiano fra giustizia e pietà


Oggi non scriverò e non proporrò un articolo, ma proporrò un intenso scambio di opinioni avvenuto in questi pochissimi giorni, via e-mail, tra me e un lettore, dopo il mio doppio articolo di domenica e lunedì scorsi.
Un signore, che si firma correttamente, mi scriveva così:
«Nel suo articolo di oggi, apparso sul Corriere dell’Umbria, ha dimenticato (di chiedere) un altro “atto di coraggio”: la scomunica di qualche migliaio di sacerdoti cattolici pedofili, e di quelli che li hanno coperti. Credo, se non vado errato, che occorrerebbe un nuovo concilio, per ridiscutere il Sacramento del Sacerdozio.
In tono accattivante, Monsignor Fisichella ha detto, nella trasmissione di Santoro…: “quei sacerdoti non sarebbero dovuti diventare sacerdoti”.
Però lo sono diventati. Farei una domanda al Monsignore: “Perché non scomunicate quei sacerdoti, che sono a migliaia, e tutti coloro che li hanno coperti, altre migliaia? Perché ancora non allontanate dall’altare quel vescovo brasiliano che minaccia quella povera nonna, che ha avuto solo il torto di vedersi suo nipote violentato?”
Io non ho modo di porre questa domanda a Monsignor Fisichella, perché non gliela pone lei? Se la ritiene giusta, è ovvio
». Segue la firma.
Ecco la mia risposta, sempre per e.mail: «La ringrazio per la sua nota di commento ai miei due articoli. Ebbene, io non tendo tanto a schierarmi contro i colpevoli; sono molto più severo contro chi li ha messi in questa insostenibile condizione. E non ho neppure fiducia in questo tipo di sanzioni. Se quegli “sciagurati” (è il termine del Manzoni per la Monaca di Monza) hanno avuto il coraggio di sfidare il pericolo dello scandalo e della condanna dell’opinione pubblica, non sarebbero certo indietreggiati davanti al pericolo d’una scomunica.
Lei cita la frase di mons. Fisichella che io stesso gli ho rimproverato: non erano i candidati che dovevano desistere dal proposito di farsi preti: era qualcun altro che avrebbe dovuto impedirglielo. Nessuno diventa prete, oggi per lo meno, sapendo che farà il pedofilo o l’adultero o comunque il libertino: ciò poté essere vero nel passato, quando fare il prete era spesso il frutto della decisione della famiglia, e quella condizione ti garantiva distinzione, privilegio, non di rado ricchezza e licenza (la condizione clericale era un autorevole lasciapassare per le corti, i salotti e i circoli mondani). Ma oggi…! Non per nulla i casi venuti alla luce, almeno da noi, riguardano per lo più uomini di una certa età, spesso molto avanzata, di gente che il sesso l’ha scoperto troppo tardi, perché il seminario li aveva cresciuti ‘sotto vuoto’, in un ambiente sterile, al sicuro dalle tentazioni. A molti preti è capitato così di arrivare alla scoperta del sesso privi dei necessari anticorpi. Molti si sono mantenuti casti anche così, soffrendo e stringendo i denti. Altri hanno trovato un precario equilibrio nel compromesso. Se i primi meritano ammirazione e plauso, agli altri non togliamo almeno la speranza nella misericordia di Dio.
Odiosa e particolarmente ripugnante la scelta della pedofilia. Gravissimo il delitto, perché il minore, specialmente se ancora nella fanciullezza, è incapace di resistenza, sia fisica sia morale. Gravissimo perché le conseguenze non sono solo fisiche (deflorazione) o morali, ma si tradurranno in gravi deficit di apertura e di fiducia verso il mondo degli adulti, con gravi complessi psicologici e comportamentali dai quali sarà ben difficile uscire senza danni. Per questo, pensando a un prete pedofilo, assai più che disprezzo e voglia di punizione, sento per lui una pena profonda e chiedo per lui misericordia a Dio e compassione agli uomini. Certo, sospenderlo definitivamente dalla cura pastorale sarà quasi inevitabile, ma non senza aver predisposto per lui per lui una via di salvezza. Ecco perché, pensando a quei fratelli, non invoco scomuniche; io prego per loro che non possono neppure contare sulla pietà dei loro simili e spesso neppure su quella dei loro confratelli preti. 
Ecco perché, già da tempo, nei miei articoli auspico una Chiesa che non abbia fretta a imporre le mani (ordinare) ai suoi preti: li avvii pian piano al ministero, ma da laici, con pazienza e saggezza e li inserisca gradatamente ai diversi servizi; li osservi mentre crescono nella prudenza, nella saggezza, nella virtù, nella pazienza e in tutte quelle doti di cui un vero prete ha bisogno. Allora e solo allora, con trepidazione e tremore, li ammetta al ministero: e solo avanti negli anni, dopo aver dato buona prova di sé nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Oggi il giovane prete non può più contare nemmeno sul tirocinio di viceparroco, vicino a un uomo maturo e prudente, capace di vegliare discretamente su di lui, col consiglio e l’incoraggiamento. Ora un prete, appena ordinato, è mandato a reggere una, due, o anche tre parrocchie; senza esperienza e senza nessuna guida».
A strettissimo giro di posta ho ricevuto questa risposta che posso riportare solo in parte, per ragioni di spazio:
«Né turbato né indignato, capisco il suo punto di vista. Io però intendo proprio scomunica esecutiva, una volta accertati i fatti, e i fatti sono stati accertati, a migliaia, ma coperti. Che faceva l’Ecclesia mentre pregava per loro? Non pensava alle vittime passate, presenti e future? Lei dice che quegli “sciagurati” non sarebbero “indietreggiati davanti al pericolo di una scomunica”, avendo sfidato l’opinione pubblica. Ma non sono indietreggiati neanche davanti alle preghiere. Essi continuano, perché protetti… Può constatarlo anche lei. Gesù ha perdonato la prostituta, e altri ancora, ma disse: “Guai a chi scandalizza questi piccoli. È meglio che si mettano una pietra di macina al collo…”.
Che lei sappia, ha visto questi “sciagurati” dichiarare un mea culpa? Stanno ancora lì, a nascondersi dietro il silenzio e le preghiere degli altri. Ridendo e sghignazzando, forse!
No; come dicevo a un sacerdote che amavo, non posso pregare per loro. Si parlava di mafia, allora, e lui mi diceva di pregare e perdonare. No! I mafiosi non si sono fermati davanti alle preghiere. I commercianti d’armi, si sono fermati davanti alle preghiere? Gli usurai, si sono fermati davanti alle preghiere? L’elenco è lungo.
So una cosa, di certo, Antonio, mio nonno è stato scomunicato, ed è morto sotto scomunica, perché comunista. La mafia, no, non è stata scomunicata. Io non posso prendere i sacramenti, perché divorziato. Un pedofilo, sacerdote addirittura, si. Anche i mafiosi, e i politici corrotti fino al midollo! Questa Chiesa è ipocrita!
».
Caro signor Angelo, in molte cose la seguo, in altre no. In me la pietà è più forte della giustizia. Cerco di non pensare a quanto spregevolmente si procurano il loro piacere. Mi chiedo invece in quale abisso di disperazione devono essere caduti per averne bisogno. Per non soffocare nel lezzo atroce che essi stessi emanano, come si raccontava del mitico basilisco. Di questo si diceva che solo se si fosse visto a uno specchio sarebbe potuto morire, ucciso dal suo stesso sguardo col quale dava morte a ognuno che lo incontrasse, e dal suo stesso fiato che lo specchio gli avrebbe rivolto insieme con la sua immagine. Ecco perché mi fanno pena: perché nessuno è più solo e disperato di chi fa schifo a sé stesso. E penso allora al principe che solo il bacio d’una principessa ha potuto liberare dal sordido rospo che lo teneva prigioniero. E mi piace pensare che la Chiesa, ‘coprendoli’ nei limiti concessi dall’obbligo di garantire i minori, non pensi alla propria onorabilità, ma solo alla salvezza del peccatore.
Mi creda: non pretendo convincerla; mi basterebbe che potesse capirmi.
P.S. I testi hanno subito lievi correzioni dovuti alla necessità di tagliare a causa dei limiti di spazio. 

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