Alla Chiesa io DICO: e adesso che PAX sia


Sarà una ‘lectio brevis’ la mia oggi, sia perché il tempo mi manca sia perché l’argomento ‘mi fa male’. Finalmente i PACS sono morti e sono nati i DICO: e io dico benvenuti DICO.
La penso come Mons. Bettazzi: il ddl sulla vexata quaestio non mi sembra poi tanto male, anzi fondamentalmente buona. E c’è una cosa che mi sento di elogiare apertamente: il colpo di fantasia, forse di genio, che rende questa legge forse unica in Europa (così dicono quelli che di legge e di leggi ne sanno più di me e francamente si fa presto a saperne più di me): l’aver inserito nella categoria dei DICO anche le convivenze di solidarietà, di parentela, di assistenza e via dicendo. Il poter vivere insieme a un/a zio/a, a un/a nipote, a un/a cugino/a, a un/a amico/a senza nessuna intenzione sessuale, anche solo per il conforto di non essere solo in casa, solo a pranzo e a cena, solo quando stai male; e tutto questo senza dovermi aspettare che qualcuno pensi necessariamente di me che lo faccio per “quello”; mettendo in conto perfino la ‘scandalosa’ (per i tempi che corrono) possibilità che io lo faccio solo per sentirmi più ‘umano’ o per solidarietà di parentela, d’amicizia o di carità: non è tutto questo meraviglioso? Sì, davvero splendido, davvero geniale! Forse davvero, come ha detto qualcuno, «solo due donne potevano avere un’idea simile». Sta a vedere che un giorno forse potrebbe accadermi che divento un DICO pure io!
Beh, fin qui mi sono un po’ divertito, ma ne ho avuto voglia solo perché davvero la cosa mi ha messo di buon umore. I cattolici ne stanno uscendo con onore, e con i tempi che corrono non è poco. Questi ultimi mesi ci han fatto respirare aria pesante. Una pressione simile da parte della CEI e della Santa Sede era tempo che non la si registrava più. Personalmente sono convinto che queste contrapposizioni millottocentoquarantottesche e simil-porta-pia non ci giovino. Colpi di coda del ruinismo? È possibile. Il guaio e che nessuno ci garantisce che non potranno esserci epigoni.
Personalmente, preferirei una Chiesa che, abbandonando l’agone politico, si dedicasse di più al semplice annunzio e alla umile, profetica proposta dell’ideale evangelico e dei grandi modelli morali della nostra storia. Troppi Savonarola e troppi Giordano Bruno hanno illuminato con i sinistri bagliori del loro supplizio le nostre piazze, e ogni volta che ciò è accaduto folle di cristiani hanno abbandonato le nostre chiese. I cattolici italiani, i cattolici in genere, farebbero bene a convincersi che loro non sono obbligati a ‘salvare il mondo’: possono accontentarsi di indicare le vie che conducono alla salvezza, accontentandosi del ruolo che il Signore assegnò a Ezechiele profeta: tu sei una sentinella e tuo dovere non è difendere le mura della città; tu devi solo gridare che il pericolo è vicino e quando tu l’avrai fatto, nessuno potrà rimproverarti per non essere andato di letto in letto a tirarne giù i dormienti. Tu avrai fatto la tua parte e tu avrai salvato la tua anima; quanto a loro, avranno quel che si meritano (Ez 33,6-7).
La Chiesa che io sogno è una Chiesa che propone l’ideale evangelico, che mette in guardia contro i pericoli che forse a lei è dato di vedere meglio perché gode della luce che le viene dalla fede, mentre gli altri, dal cuore grasso e dai sensi ottusi, continuano ad illudersi che la spada è ancora lontana (ivi). Chissà che non avremmo da guadagnarci accontentandoci di parlare a quelli che vogliono venire a sentire nelle chiese ciò che abbiamo da dire loro?! Tanto se scriviamo sui giornali i nostri «non possumus» ci sentiremo rispondere ‘io non capisco il latino’ (è già successo e a dirlo era una che quel latino lo capiva benissimo); o se lo gridiamo dalle televisioni, otterremo solo che qualcuno usi più spesso il telecomando.
Ho nostalgia del volto buono di Papa Giovanni, molto più che del pastorale brandito come la spada di Giovanna d’Arco da Giovanni Paolo II. Negli anni del Papa Buono e in quelli del primo Paolo VI le chiese erano tornate a riempirsi. Dopo è cominciata la fuga. E da allora non si è fermata più.

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