Oggi Come Ieri, “Io Non Sono Charlie Hebdo”


Lo scrissi subito dopo il 7 gennaio 2015, dopo i tragici fatti di Charlie Hebdo, e fui facile profeta. Lo ribadii nelle tante, troppe occasioni in cui, ahimè, l’Occidente, vanesio e presuntuoso successore del “Secolo dei Lumi”, s’è ritrovato a piangere i propri morti, provocati dallo sciagurato orgoglio di chi ritiene  di non dovere mai chiedere né permesso, né scusa a nessuno per le proprie scelte, neppure le più suicide. Noi siamo noi, figli ed eredi dei Lumi, e quello che siete voi, fatevelo dire dal Marchese del Grillo.

Perché che altro senso possono avere le pretese di chi ritiene di aver diritto di ridere di tutto e su tutto per il solo fatto di non aver più, essi, nulla in cui credere, nulla da rispettare come valore intangibile e sacro che non sia la propria assoluta libertà di tutto irridere, profanare, sconsacrare, dileggiare, calpestare, vuoi che si tratti della barba del Padreterno, o della croce di Cristo, o dei baffi del Profeta Maometto? Perché da quando i Signori dei Lumi hanno creduto d’essere diventati i padroni della Luce, questa è stata equiparata alla Notte della Ragione, e ogni sforzo e ogni prezzo sarà sempre troppo poco, pur di assicurare il trionfo a questa nuova laica divinità che chiamano i Lumi. Che poi il termine lume evochi, per sé, assai più una luce debole e fioca che una fonte di luce celeste, questo poco importa: vorrà dire che penseremo noi ad aumentare sia il numero sia l’intensità dei lumi di cui disponiamo. E vedrete che, alla fine, saremo tanto stanchi di tutti questi “lumini” che ci tornerà nostalgia sia della luce piena del sole, sia di quella cara e perduta semioscurità senza la quale né una carezza, né un bacio, né un amplesso avranno più il senso e il valore di prima. Era così anche quando si illuminavano a giorno gli sterminati saloni per i pranzi e per i balli nei palazzi reali, sempre attenti a non far mai mancare spazi a un’intimità più riservata.

Oggi invece l’uomo, avendo lui stesso scelto di oscurare “il Sole” e avendo scelto di accontentarsi dei suoi surrogati, (i Lumi appunto), sta anche imparando (ma a qual prezzo!) che tutti quei surrogati hanno un costo: tutti, nessuno escluso! Solo che contro ogni legge di mercato, l’Uomo dei Lumi pretende d’essere lui a fissarne il prezzo;ma sta facendo male i suoi conti, e ogni giorno si ritrova davanti a nuove richieste e a rivendicazioni una più dura dell’altra. Vorrebbe allora reagire, ma continuamente egli vien posto davanti alla sua nuova realtà di uomo privo di luce che, da quando ha rinunciato, per stolido orgoglio, all’unica fonte di Luce che l’aveva fin qui illuminato, si ritrova ormai come un cieco in uno spazio che non ha mai conosciuto.

Oggi il prezzo sono gli altri a fissarglielo, e fra le poche monete correnti che si accettano al cambio, sempre più spesso figura quella che pretendeva per sé il Mercante ebreo di Venezia (Shakespeare): quella moneta è la carne e il sangue vivi dell’uomo:una moneta,ahimè, che ha corso in ogni piazza e in ogni strada del mondo, da Parigi a Istambul, da Tunisi a Gerusalemme, da Bruxelles al Cairo, da Londra ad Ankara… dovunque vi sia sangue umano per innaffiare i fiori cresciuti sulle tombe degli umani uccisi.

Al crepitio di mitraglia, allo scoppio di bombe fai-da-te, all’urto forsennato di camion o di borse lasciate all’aeroporto, l’Uomo dei nuovi Lumi risponde con il bla bla dei sommi e universali principi che trovano in Charlie Hebdo il loro vangelo: ridere di tutto, sputare su tutto, sbeffeggiare tutto: su ogni volto di cristo e di madonna e di profeta che abbiano la mala sorte di farsi incrociare sulla nostra strada. Forse tu puoi anche sperare che la prossima volta t’andrà ancora bene, ma sarà un’illusione per poco, molto poco. Ai mucchi di morti sulle piazze d’un mercato arabo, in una chiesa cattolica africana, in un villaggio depredato per ricavarne schiave del sesso e della terra, s’aggiungono sempre più spesso mucchi sempre più grandi di Occidentali falciati dall’odio. Perché nessuno s’illuda.

Quali speranze abbiamo che tutto questo si compia, se neppure Voltaire ha potuto godere del compimento delle sue profezie! E fu buona sorte la sua: morire giusto un anno prima dell’inizio del terribile quinquennio del “terrore“di Robespierre, e giusto pochi anni prima che a Robespierre “succedesse” il Còrso fatale, quel Napoleone Bonaparte che incarnò per sempre l’esatto contrario dell’ideale rivoluzionario che aveva segnato tutta l’epoca precedente. Con lui, finirono sepolti sotto la cupola des Invalides anche le illusioni d’un popolo a cui non era certo mancato il coraggio di sognare.

Ma per tornare a Charlie Hebdo, bisogna riconoscere che esso non ha tagliato teste né mozzato piedi, e non ha mai propugnato violenza fisica contro nessuno. Eppure proprio Charlie Hebdo si ritrova da qualche anno al centro dei più gravi fatti di sangue dei nostri tempi. E se ci fosse una ragione?

Ne abbozzerò una sola, che forse farà sorridere parecchi, ma che, se per caso fosse vera, darebbe una buona risposta a tutti quelli che ne cercano una. Ne lascio l’incarico e l’autorità ad Alessandro Manzoni e a poche righe del cap. 5 del suo capolavoro. La scena è il palazzo di don Rodrigo, dove si sta discutendo su una frase pronunciata poco prima da Padre Cristoforo a proposito d’un fatto ipotizzato da alcuni commensali: se sia giusto o meno prendere a bastonate il portatore d’una notizia non vera e comunque sgradita al padrone di casa.

Questa la risposta del buon padre: “Il mio debole parere, disse il buon padre (Cristoforo) sarebbe che non vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate”.

La reazione dei presenti fu vivace, e per tutti l’esprime “il dottore”, uomo di lettere e d’autorità:

“… In verità io non so intendere come il padre Cristoforo, il quale è insieme il perfetto religioso e l’uomo di mondo, non abbia pensato che la sua sentenza, buona, ottima e di giusto peso sul pulpito, non val niente, sia detto col dovuto rispetto, in una disputa cavalleresca”.

È proprio qui che io volevo arrivare,  ma questa risposta io la offro soprattutto ai cristiani: non sarà che tutte le nostre prediche, da qualsiasi pulpito vengano, soffrano tutte dello stesso peccato: esser discorsi “buoni, ottimi, e di giusto peso sul pulpito”, ma guai a trasferirli nella vita?   

Carissimi tutti gli Charlie Hebdo del mondo e carissimi tutti i cristiani di santa Madre Chiesa, non sarà proprio qui, che tutti noi ci perdiamo? Parole, parole, parole….ma il mondo è stanco di parole e di buone parole in particolare non ne vuol più sapere. Fammi vedere le tue opere e giudicherò la tua fede. Parole che Giacomo diceva e/o scriveva già duemila anni fa, e noi siamo ancora fermi a quel tempo. Che possiamo pretendere ancora?

Quanto alle idee di tutti gli Charlie Ebdo del mondo, io non darei per esse un solo dito, ma per tutti gli Charlie Ebdo del mondo potrei anche giocare tutta la mia vita.

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