Usque tandem, Dio mio… fino a quando?


Fino a quando, Dio mio? Fino a quando?
Fino a quando dovremo – potremo – sopportare ancora questo scempio, questo oltraggio feroce al tuo nome da parte di chi vuol farti passare come uno spietato macellaio assetato di sangue umano, quasi un dracula, un vampiro mai sazio? Una tentazione ricorrente nella storia, una serie infinita di sacrifici umani, in guerra e in pace, sugli altari dei templi a te dedicati e nelle camere di tortura dove i tuoi preti, tra ruote dentate e macchine per tirare e disarticolare arti, per strappare lingue, tagliare mammelle e cacciare con i pollici gli occhi dalle orbite cantavano a Te le tue lodi intanto che sui rei torturati invocavano il tuo perdono. Il tutto, sempre, a maggior gloria di Dio e per la salvezza di quei poveri peccatori.
E intanto che facevamo di queste atrocità, nel mondo cresceva l’odio verso un Dio tiranno che chiedeva e godeva nel veder soffrire e morire i suoi figli: una colpa che in molti non ci hanno mai perdonato. Perché da quando Gesù di Nazaret ci ha insegnato che dobbiamo amare anche i nostri nemici (se no che differenza c’è fra i cristiani e gli altri?), e da quando ci ha detto che come il Padre nostro che è nei cieli fa splendere il suo sole e fa piovere sia sui buoni sia sui cattivi (Mt 5,45), in molti ci rimproverano che queste parole le abbiamo fatte rimanere solo sulla carta. Perché questo, mentre è da sempre vero per Dio, non lo è mai stato per noi. Mentre a rigor di termini, nessuno di noi dovrebbe mai sottrarsi a questo dovere.
Guardate ora quel che accade nel mondo: cose che ci si aspetterebbe di vedere solo nei gironi più profondi dell’inferno dantesco: gente che sgozza e taglia teste, che stupra donne solo per arrecare loro una ferita non più rimarginabile e tale che se la porteranno dietro, aperta e sanguinante, per tutta la vita, marchiate per sempre da quell’oltraggio come un animale marchiato col fuoco.
Distrutte nella loro dignità di donne, private anche della propria autostima, non dimenticheranno mai quelle manacce sul proprio corpo, quei visi bestiali, quei fiati puzzolenti, quegli occhi assatanati e i chicchirichì del gallo vittorioso. Un onta più grave della morte, per donne che dell’integrità della propria persona avevano fatto un credo e un valore assoluti, respirati con l’aria, succhiati col latte materno, appresi fin da bambine sulle gambe e al seno della madre.
Né basta così, perché poi ci sono quelli che si divertono a crocifiggere (letteralmente!) i cristiani quasi facessero loro un regalo facendoli morire proprio come il loro Signore.
Se in queste cruente parodie della crocifissione è il sarcasmo sacrilego che dà il voltastomaco, in ciò che è avvenuto giovedì scorso su un barcone approdato poi sulle coste siciliane è invece la ferocia omicida che spaventa e toglie il respiro. Davvero può tanto la ferocia umana? Perché ciò che su quel barcone è avvenuto ha qualcosa di nuovo, anzi di inedito sotto il sole: una delle più disgustose esplosioni di violenza e di fanatismo religioso che si ricordino a memoria d’uomo. In un momento difficile della traversata, alcuni cristiani hanno esortato tutti a invocare Dio per il buon esito dell’impresa. Ognuno il suo Dio, probabilmente. Non l’avessero mai fatto! Una quindicina di energumeni al grido di “qui si prega solo Allah!”, si sono scaraventati sui malcapitati, li hanno presi a forza, sollevati e gettati in mare, ad affogare, impedendo a chiunque di prestar loro soccorso. Così sono morti in acqua dodici cristiani (tra cattolici e protestanti). Solo dodici i morti, ma infinito l’orrore! Tutti gli altri cristiani si sono salvati solo per aver avuto l’idea e la forza di stringersi tutti gli uni agli altri, tenendosi stretti con tutte le forze in un muro umano che gli assatanati fanatici non sono riusciti a infrangere, scampando alla minaccia e al pericolo di fare la stessa fine. Quindici degli aggressori, denunciati e riconosciuti, sono ora detenuti nel carcere circondariale Pagliarelli di Palermo.
A questo punto io sento ritornare urgente in me la domanda che ormai da anni mi perseguita, continuamente ripropostami dagli amici lettori. Una domanda che rispunta sempre in casi come questi: ma Dio, se c’è, che ci sta a fare? E l’altra: ma non sarebbe meglio lasciar morire una volta per tutte quest’idea assassina e guerrafondaia d’un Dio che da una parte pretende immani e atroci tributi di sangue, dall’altra non sa evitarne neppure uno, del tutto inetto e incapace com’è a porgli un limite e un freno?
Contro queste domande, io farò come Gesù, che rispose ponendone una lui stesso a chi lo interrogava (Mt 21, 24; Lc 20,3). Ecco allora la domanda che mi urge dentro: di chi erano le mani che hanno afferrato quei dodici innocenti, scaraventandoli in mare: mani di Dio o di uomini?
Mani d’uomini, mi rispondi: mani che una fede religiosa ha però reso assassine. Fede in un Dio geloso che vuole la morte di tutti gli infedeli. Prima o poi, tutte le fedi si sono macchiati di crimini come questo. Ogni Dio, in qualche modo è un po’ Padre e un po’ Cronos (il Saturno dei Romani) che divora i suoi figli e beve il loro sangue. Finché non arriverà qualcuno a renderlo inoffensivo. Per questo dici che alla fine sarebbe stato meglio se, invece di quegli uomini, qualcuno avesse provveduto a gettare in mare ciò che resta dell’idea di Dio.
Sinceramente non ne ne sono sicuro: perché, una volta liberatosi dell’idea del Dio geloso, resterebbero infinite altre cose per le quali l’uomo sarebbe sempre disposto a uccidere: per una donna, per un maschio, per un diamante, per un posto al parcheggio, per un sorpasso, per un gol negato o concesso, per una polizza d’assicurazione, per un ballo negato, per una dose di droga. Questo per stare sul leggero. Perché poi ci sono i Gengis Kahn, i Napoleone, gli Hitler, gli Stalin, i Carlos V. Li chiamano grandi uomini. Io li chiamerei grandi e folli assassini. Incantatori di popoli e di illusi. Macellai in grande.
A questo punto però un benevolo rimprovero al mio Dio devo proprio farlo: sta troppo zitto, e quando parla usa una lingua che quasi nessuno capisce: quella dell’ intelligenza illuminata dall’amore. Perché il mondo è pieno di uomini geniali, ma poverissimo di intelligenze che amano. Perché nessuna intelligenza è vera, se è sprovvista di amore.
Per esempio: sono in molti quelli che pensano che sarebbe un bene se ci si sapesse sbarazzare dell’idea di Dio. Io però qualche dubbio l’avrei: che sarebbe stato il mondo se non avessimo avuto Gesù di Nazaret, o Francesco d’Assisi, o Agostino d’Ippona, o Tommaso Moro, o Teresa di Calcutta, o Albert Schweitzer, o Damiano de Veuster (l’apostolo dei lebbrosi)? E senza papa Giovanni XXIII prima, senza papa Francesco oggi? E senza quelli che, meno noti di loro, hanno cercato di imitarli, pur rimanendo sconosciuti al mondo? Seppero donare amore, scienza, sangue e vita per il vero progresso del mondo. Dici che sono pochi? Sono pur sempre legioni. Anche così troppo pochi? Allora procuriamo che ce ne siano di più, invece di augurarci che scompaiano del tutto, come in molti si augurano.
Anche perché lo spazio lasciato vuoto da quei grandi spiriti cristiani, sarà certo riempito dagli squali famelici della City e delle Borse, e le nostre chiese dedicate al Dio crocifisso lascerebbero il posto ai nuovi pantheon innalzati a dèi assai più famelici e crudeli dei vecchi: al Denaro, alla Borsa, al Potere, alla Carriera, alla Fama, al Piacere da conquistare e da pagarsi con qualunque mezzo: idoli tutti, questi sì, sanguinari. spietati. Non per loro era venuto Gesù di Nazaret che sapeva bene che nessuno di loro l’avrebbe seguito.

Lui invece era venuto solo per
«…quelli che nessuno mai vuole/
che ognuno respinge…/
per quelli che non hanno speranza/
che non hanno bellezza/
che non hanno una patria quaggiù/
che nell’eterna luce del cielo/
hanno la loro sola parte di gioia/”.

Così scrivevo nel 1981.
Ho la fortuna e la grazia di pensare e di credere ancora così.

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