La Chiesa? Aperta per restauri


Una decina di giorni fa un’associazione internazionale di uomini di grande cultura di ogni parte del mondo ha assegnato un importante premio letterario al settimanale francese Charlie Hebdo, per il coraggio dimostrato con la pubblicazione delle sue vignette satiriche sul profeta Maometto.
L’associazione si chiama PEN Club (P.E.N. per Poets, Essayists, Novelists) e il premio è stato assegnato per il coraggio nella satira estrema, fino all’offesa e al vilipendio, fino alla basflemìa. Vilipendio su tutto e su tutti: Patria, Chiesa, religioni, partiti politici ecc. È doveroso dire che il PEN Club è un’associazione privata, molto elitaria e di grandi e grandissimi nomi, che si è data, fra gli altri, lo scopo di difendere la piena libertà di pensiero in letteratura, saggistica e nell’arte. Convinti, che piena libertà di pensiero porta con sé anche la piena libertà di penna (parola) e di matita (vignette).
L’idea di premiare la rivista di satira oggi più famosa del mondo non è stata accolta bene dovunque. Per esempio in America, dove diversi membri del Club si sono dissociati dalla scelta, e hanno espresso una decisa contrarietà. Di conseguenza, gli organizzatori del premio hanno ritenuto giusto rendere pubbliche le ragioni della scelta in una dichiarazione nella quale vengono esposte dapprima le ragioni morali di una scelta per un’assoluta libertà nell’espressione delle idee fino alla dissacrazione e all’irriverenza più totale; per concludere poi che «la dolorosa assenza di un diffuso rispetto nei confronti dei musulmani in Francia, non sminuisce il coraggio di Charlie Hebdo nella difesa del diritto di mancare di rispetto». La sottolineatura è mia.
La stessa dichiarazione dice anche di avere un obiettivo preciso per la sua azione: «…come generazioni di satira hanno fatto sì che il cattolicesimo si possa liberamente ridicolizzare – e quindi legittimamente mettere in discussione – lo stesso risultato si potrà ottenere con l’Islam e altri soggetti». Scopo della satira di Charlie Hebdo è «banalizzare tutte le aree di dibattito in cui è troppo insidioso addentrarsi». La strategia seguita sarà invece quella dell’affrontarlo screditandolo, banalizzandolo come qualcosa di cui è inutile discutere dato che non ha né capo né coda e allora tanto vale riderci e farci ridere su. Sicuri che prima o poi una risata seppellirà il mondo.
Non è la prima volta che scrivo sulla tragica vicenda di Charlie Hebdo e fra i lettori ci sarà certo qualcuno che si ricorderà cosa ne penso. Cioè che, se sono assolutamente contrario a ogni forma di violenza, sono anche assolutamente contrario a una satira che voglia attribuirsi un diritto di offendere e di insultare. Francesco ha detto una volta che se «tu offendi mia madre ti aspetta un pugno» e, quasi non bastasse, chiosava: «È normale. È normale!».
Qualcuno si è sentito offeso o meravigliato o perfino scandalizzato dal fatto che un uomo come papa Francesco, sempre così mite e pronto a parlare di misericordia, possa poi uscir fuori con una frase da guerrafondaio.
Io, al contrario, mi ci sono perfettamente ritrovato. Attenzione: con questo non voglio dire (perché neppure lo penso) che se qualcuno avesse offeso mia madre di fronte a me, io gli avrei mollato un pugno sulla bocca. Sicuramente no. E sono altrettanto certo che, come me, farebbe anche Francesco. E sono anche ugualmente sicuro che la frase di Francesco fu assai più un errore di lingua che di pensiero. Egli ha detto, è vero «ti aspetta un pugno» ma, se il suo italiano fosse stato migliore avrebbe detto: si aspetti un pugno. Pugno che altrettanto sicuramente non sarebbe mai arrivato. Perché è evidente che lui, dicendo mia madre, alludeva a tutte le mamme del mondo che hanno la fortuna di avere un figlio che le possa difendere, e fra i tanti figli che vedono offendere la loro madre, qualcuno che reagisca con un pugno o anche peggio, lo trovi certamente. Perché tu puoi contestare le mie idee, ma non puoi offendere i miei affetti; puoi dirmi tu sei un cretino, ma non puoi dirmi che essendo cretino io, “cretino (era) mio padre, cretina mia madre, cretina la figlia della sorella, era cretina pure quella, la famiglia dei cretinon”. Questo va bene in una vecchia filastrocca, ma non nella vita reale.
Fa quasi tenerezza poi quell’immaginare che grazie a “generazioni di satira” ora si può “liberamente ridicolizzare il cristianesimo”! Ma quando mai la satira ha fatto cambiare idea a qualcuno? È semplicemente patetico: nel caso migliore, ti lascia come t’ha trovato. Quando mai la satira ha mai spostato un voto da un partito all’altro? Quali e quante valanghe di satira non si sono abbattute su Andreotti, De Mita, Mastella, Formigoni… su Berlusconi!… roba da ricoprire l’Everest di sberleffi. Niente! Anzi i politici facevano a gara per “meritarsi” le caricature di Noschese, che anzi li avrebbero aiutati a rimanere lì, inossidabili, immortali, immarcescibili come mummie egizie. E per quale vignetta di Altan, o di Forattini, o di Ellekappa o per quale sketch di Crozza qualcuno ha mai perso o guadagnato un voto? Anzi i colpiti, son quelli che ridono di più. Proprio perché ci guadagnano.
Altre voci son dovute intervenire per dare il via, polifonicamente, a “un tremoto, un temporale, che fa l’aria rimbombar” come suggeriva già il perfido Don Basilio (Barbiere di Siviglia) che, manco a dirlo, dal nome lo diresti un prete, ma che un prete non era, a giudizio dei critici.
Ma è proprio qui che volevo arrivare.
Capisco bene che anche l’ultimo portabandiera sopravvissuto alla vittoriosa battaglia di Austerlitz avrà raccontato ai suoi nipotini che senza di lui, che con assoluto spregio del pericolo, aveva guidato le truppe napoleoniche nel vittorioso assalto al ben più possente e numeroso esercito della coalizione dei tre imperatori, lo stesso Napoleone ben poco avrebbe potuto fare in quel terribile frangente; ma francamente mi pare del tutto spropositato pensare che proprio una tanto screditata figura, ancorché di sempre crescente successo presso il pubblico radical-chic, quale quella della satira, possa arrogarsi il merito di aver indebolito le possibilità di difesa del cristianesimo, grazie alle raffiche dei loro kalashnikov alla grafite.
La realtà va cercata in tutt’altra direzione e questa ci viene indicata da un’altra categoria di persone, esse stesse screditate e forse ancor più di noi: la classe politica. Perché come né l’uomo quasi onnipotente della fine degli anni ’80, Bettino Craxi; né il suo grande amico e continuatore ideale Silvio Berlusconi, sono certo caduti per le vignette dei loro “nemici” disegnatori, ma per l’opera congiunta di magistrati seri, di giornalisti non corrotti e non corruttibili e della polizia giudiziaria con l’immane lavoro cui l’hanno costretta le indagini sui conti correnti, spostamenti di capitali, intercettazioni telefoniche, ecc. ecc., così è stato, almeno in parte, per il cattolicesimo e per la Chiesa cattolica.
Di una cosa io sono convinto: che i veri nemici dei cristiani, gli unici capaci di screditarci, dopo duemila anni di storia, siamo ormai solo noi, i cristiani, presi tutti insieme: preti e laici, vescovi e politici, professionisti del sacro e della giustizia, ma più devoti ancora dei nostri peccati che guai chi ce li tocca. A chi ha seguito solo un po’, anche solo da molto lontano (stampa e televisione) gli scandali dello IOR, della pedofilia, dei don Verzé e dei legionari di Cristo che volete che aggiungano le vignette di Charlie Hebdo? Un po’ di peperoncino nel naso, niente più. E di un’altra cosa sono ancora sicuro: che dovremo ripartire proprio da qui, da questa presa di coscienza: sbarazzarci di tutto ciò che sa di professionismo del sacro per tornare alla profezia. Questo io sogno: una Chiesa in cantiere: e sulle porte delle chiese la scritta: “Restauri in corso: si prega di entrare”. Se oggi stesso qualcuno comincerà da sé stesso, domani mattina la Chiesa sarà già un po’ migliore.