Della vera e della falsa tolleranza


Ancora una volta è Francesco che suona la sveglia. Dalle parole accorate, dal tono e dalle stesse cose che ha detto in questi giorni di passione e di gloria del Cristo, si comprende bene sia la sua angoscia di fronte all’atroce scempio di vite umane e cristiane fatte in nome d’un odio forsennato contro tutti i credenti di altre fedi e religioni, sia la sua amarezza per le resistenze che la sua opera riformatrice incontra nei palazzi della curia romana.
La prima causa della sua sofferenza è nel vedere come proprio presso i cultori dello stesso Dio di Abramo e di Gesù Cristo (il Dio di Maometto e del Corano al quale si rifanno i cultori di morte del terrorismo islamico è lo stesso Dio di Gesù e dei cristiani) si incarni una delle più feroci ideologie che oggi il mondo conosca su scala planetaria. Con l’inevitabile risultato di gettare discredito, rabbia e perfino odio sulla stessa idea di Dio.
Perché il fanatismo di quei cultori di morte, nella loro spietata volontà di sottomissione del mondo intero a un Dio che essi pensano assetato di sangue infedele, non ha nulla a che fare con lo slancio eroico del missionario che, armato solo della propria fede e dell’amore verso tutti gli uomini e solo desideroso di portare a tutti i suoi simili una speranza d’universale salvezza, ha saputo e sa tuttora sacrificare e mettere a rischio la propria gioventù, i propri affetti e la stessa vita pur di raggiungere popoli e tribù anche meno sconosciuti e lontani e non di rado ostili, e trasmettere loro quel lieto annuncio di riconciliazione che il Salvatore del mondo ci ha promesso e donato, non aspettandosi altra ricompensa per le sue fatiche e rinunce, che la speranza di una vita eterna di beatitudine accanto al suo Signore tanto amato.
Ma nell’andare e nel far tutto questo le sue mani erano disarmate e nude di tutto, se non della croce che stringevano e mostravano alzandola verso il cielo, in segno di saluto e di fratellanza, di pace e di salvezza. E l’unico conforto alla sua paura, alla tortura e alla morte, era quella ricompensa che solo si spera di ricevere dopo la morte.
Nel dire questo, non voglio certo fingere d’ignorare i gravi crimini che pesano anche sulla coscienza cristiana. Nessuno nega o nasconde i gravi delitti che in tante occasioni ci hanno reso simili ai nostri persecutori di oggi e di ieri: dal brutale assassinio di Ipazia a quelli dell’occupazione delle Americhe centromeridionali e dovunque sono arrivati i colonialisti cristiani, così poco diversi da tutti gli altri colonialisti della storia, fino ai pogrom contro gli ebrei dovunque e da chiunque perpetrati. Ma con una differenza rispetto agli attuali crimini: che di essi si ammette la vergogna e se ne domanda oggi universalmente perdono, mentre questi altri sono in atto proprio oggi e, lungi dal vergognarsene, si esibiscono con sfrontata brutalità e ce se ne fa vanto a livello mondiale.
Oggi, anzi, nell’occhio del ciclone ci sono proprio anche i cristiani italiani, presi tra due fuochi, entrambi micidiali. In Oriente e in Africa stragi di massa, ostentati sul web affinché il mondo veda e tremi sapendo ciò che l’aspetta se non si convertirà all’Islam che in quella corrente (sunnita) si incarna. La crescita esponenziale delle vittime cristiane, non può che riempire d’angoscia il cuore di tutti i cristiani e specialmente quello del papa, così vicino, per ruolo e sensibilità personale, ai suoi figli più esposti e martoriati. Le vittime cristiane del terrorismo sono più che raddoppiate in un anno: 2123 nel ’13, 4334 nel ’14 (La Stampa 4 aprile u.s.), alla spaventosa media di 11,5 martiri al giorno. Ha ragione papa Francesco quando dice che, di questo passo, i martiri dei nostri giorni saranno più numerosi di quelli dei primi secoli del cristianesimo.
Non bastasse, lo stesso quotidiano riporta una proiezione demoscopica che prevede un progressivo avvicinamento delle posizioni numeriche fra le due religioni, fino a dover ritenere possibile il fatidico sorpasso intorno al 2070, se non ci saranno sostanziali mutazioni di tendenza. Né la cosa può meravigliare se si tiene conto della sproporzione fra il tasso di natalità fra i cattolici e i musulmani, tutto in favore di questi ultimi. A questo si aggiunga il martellante e spregiudicato proselitismo islamico, specie nelle sue espressioni più estreme e perciò più preoccupanti (Isis, Al Qaeda, Boko Aram…).
Neppure si dovrà dimenticare la validissima mano che offre all’Islam l’incalzante propaganda anticristiana e anticattolica nostrana, da parte delle frange più estreme dell’anticlericalismo e dell’ateismo militanti.
Proprio il giorno di Pasqua, sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, in un articolo dal titolo significativo L’identità fragile dei cristiani, scriveva righe pesanti come macigni sulla pochezza ideale dei cristiani italiani ed europei di oggi: «Cristiana la nostra identità? Ma quando mai! Innanzi tutto non ce lo permette forse neppure la nostra Costituzione; sicuramente poi ce lo vieta l’Europa e ancor più sicuramente ce lo vieta il pensiero dominante». E aggiunge, con amaro sarcasmo: «E poiché ognuno di noi deve sentirsi libero di essere qualunque cosa, ne segue che come collettività, come insieme, non possiamo essere nulla, consistere in nulla, identificarci in nulla di storicamente o culturalmente determinato. Neppure lontanamente possiamo pensare, ad esempio, di avere «radici» in una storia, in una tradizione, in una cultura. Figuriamoci poi in una religione». Quanto all’Europa non ha nemmeno voluto che nel progetto di costituzione europea venisse citato il cristianesimo.
E si faccia caso come in televisione è tutto un tripudio di: trasgressione, provocazione, seduzione, bacchettone, moralismo come ipocrisia, disinibizione, anticonformismo ecc. È il trionfo dell’eresia becera e a buon mercato, anzi altamente remunerativa in audience e dunque nei consensi. Un esempio per tutti? Madonna Cecconia, ovvero la bestemmia strapagata.
In più c’è anche l’ateismo che tira tanto e che fa tanto trendy. Come potrei sedere fra i miei amici al bar o sulla scalinata d’una chiesa e masticare gomma e bere birra, farmi di spinelli e poi dirmi cristiano? Che senso avrebbe tatuarmi braccia gambe petto spalle ventre e sedere e tutto, e poi dire che ancora credo in Dio? E poi è elementare: solo negando Dio io potrò essere davvero MIO!
Sia chiaro: per ciò che mi concerne, mai negherei dignità a un ateismo serio e frutto di sofferta riflessione, la cui scelta è un po’ un taglio del cordone ombelicale dalle proprie origini, cioè da una fede ricevuta in “eredità”e per molti anni amata. Un taglio spesso doloroso, se si fa seriamente: ma è ancora vero che se Platone è ancora un buon amico, più amica ancora deve essermi la Verità.
Ben altro è il giudizio sull’ateismo snobistico, modaiolo, conformista, massonico col brivido dell’onnipotenza, charliehebdonio d’accatto, pasionario d’un mondo senza Dio, al quale l’unica cosa che si possa augurare è una morte ingloriosa e una sepoltura senza risurrezione. Sono gli atei che il presepio dalle scuole via!; che la croce dalle corsie degli ospedali, via!; idem dai tribunali e tutti gli edifici pubblici! che dalle camere d’albergo, via il libro dei vangeli! Anche se poi l’ateo Pier Paolo Pasolini ebbe l’idea del suo Vangelo secondo Matteo – il più bel film su Gesù di tutta la storia del cinema – proprio in una stanza d’albergo, dove aveva trovato quel libretto da niente in segno d’ospitalità.
E poi si sa: i cristiani prima protestano un po’, poi si adeguano e sta a vedere che alla fine i veri tolleranti siamo proprio noi.
Perché fateci caso: i nostri tollerantissimi neoilluministi sono tali solo se tutti gli dicono di sì. Se no s’avrà a che fare con loro. E con le vignette di Charlie Hebdo, per esempio. Non ci uccideranno, questo mai. Si limiteranno a seppellirci vivi. Sotto una risata.