Coming out e coming in ovvero: confessare per incassare. Molto.


Immagino i vostri commenti chi stasera ha visto e sentito in TV la sbalorditiva notizia: tanto più che a darla era proprio lui in persona, con tanto di stampa convocata per immortale lo storico evento. Lui era lì, che si teneva il suo ganzo attaccato al corpo e il braccio attorno al collo ad accarezzargli i capelli.
Beh, perché, che c’è di strano? Non fanno così tutti i fidanzatini di primo pelo? È il miracolo della scoperta dell’amore, della forza della vita, dello strapotere del cuore le prime pulsioni della carne. Anzi commovente… Dove sarebbe lo scandalo? Ah don Anto’, ma da ’ndo vieni? O da quale mondo o da quale secolo vieni? Svegliati, cocco, il mondo cambia anche senza di te, e guai a te se non gli sai tenere il passo!
Solo che stavolta non si tratta di due pischelli, ma d’un maturo monsignore polacco, maturo, mica vecchio, anzi tutt’altro che vecchio, solo 43 anni, proprio nel fiore della meglio età. E vestito da prete anche, e in uno dei ristoranti preferiti da Fellini, quello della dolce vita (inconsce affinità elettive?).
Tant’ è: il monsignore omosessuale, felicissimo di esserlo, anzi orgoglioso di esserlo (del resto il termine gay vuol dire proprio questo: gaio allegro anzi, proprio: felice, anzi pride (orgoglioso di esserlo). Vi riesce di immaginarmi, io che vado in giro dicendomi felicissimo di essere maschio! Qualcuno ac-correrebbe subito col termometro per misurarmi la febbre.
Quel monsignorino molto professorale che a 43 anni scopre l’acqua calda, sembra un ragazzino che va in giro a raccontare ai suoi compagni che lui è riuscito a dare un bacio alla più bella ragazzina della classe. Una conquista per lui che non sa ancora che l’acqua calda è stata inventata già qualche anno prima che gli montassero la nuova doccia nel bagno di casa sua perché quando lui è nato in Polonia c’erano solo i comunisti e con i comunisti la doccia in casa tu te la sognavi, se non eri uno di loro.
Dice che sono “tantissimi i preti gay” a nome dei quali parlava per contribuire con il suo “venir fuori” (questo significa il termine coming out) di cui si fanno belli tutti quelli che non sanno l’inglese perché quelli che parlano davvero l’inglese non hanno bisogno di farlo sapere a tutti.
Poi, fatta la sua esternazione, cerca di rifarsi la verginità dicendo che se è sporco lui, allora sarebbero sporchi in tantissimi, ma che in realtà nessuno è sporco, perché l’amore, come il fuoco che arde, purifica sempre tutto: io, più modestamente, mi accontenterei di dire “quasi tutto”, e senza dimenticare un particolare: il fuoco purifica distruggendo, non lasciando le cose come stanno. La Geenna serviva proprio a questo: a bruciare perennemente tutto quello che la città degli uomini vi scaricava dentro (una specie delle buche a Casalina, per intenderci; solo che qui non c’era il fuoco perenne, e dunque c’era solo la puzza).
L’ allegro (anche questo significa gay) monsignore roman-polacchino dice: siamo tantissimi e io mi faccio voce di tutti loro. Ah, il cavaliere senza macchia e senza paura! Che purissimo eroe! Si sacrifica per chiedere giustizia per i suoi fratelli, omosex proprio come lui.
Ora, dopo la prodezza compiuta, immagino che tutti voi lo pensiate prigioniero nelle tetre galere dell’ex-Sant’Uffizio dove subirono torture e attesero la morte per rogo o impiccagione centinaia, forse qualche migliaio di martiri del libero pensiero; come Giordano Bruno, bruciato vivo, o Galileo Galilei e Tommaso Campanella che, buon per loro la scamparono vivi!. Eppure oggi ho pena anche per lui: non dorme per un dubbio atroce; vendere a chi la mia confessione pubblica? A quale giornale o rivista o radio o televisione, in Europa e in America e magari (perché no?) in tutto il mondo. Già, perché vedrai che da domani egli sarà una specie di Figaro, sai il barbiere di Siviglia, quello che “tutti lo cercano, tutti lo vogliono? “Charamsa qua Charamsa là, Charamsa su Charamsa giù”… E intanto fioccheranno a decine di migliaia gli euro e i dollari per le esclusive di stampa e di TV, finché il gentile monsignorino schiattando sotto il super lavoro dovrà supplicare, pur-troppo invano: “ohimè che furia/ ohimè che folla:/ uno alla volta, uno alla volta, uno alla volta, per carità!” (G. Rossini, Il barbiere di Siviglia). Perché spesso il frutto del coming out (venir fuori, uscita) è proprio un ricco coming in (entrata) per il portafoglio.
Indubbiamente un nuovo mito da mandare a memoria: Charamsa: il Cid libertador del clero gay. Ma tant’è: ieri i pecca-tori chiedevano perdono e facevano penitenza: oggi, che tutto è ormai lecito, una cabarettista si mette sul petto generosamente scoperto una corona di rosario con un crocifisso che più disgraziato di così non si può che gli devono venire i conati di vomito a ballare quel ballo della tarantola sbattuto com’è fra le due montagnole che hanno già allattato due figlie che più iellate di così non potevano essere coi rispettivi nomi, Lourdes la prima, Virgin la seconda, quasi una litania mariana.
Tutti che mi leggete avrete già capito di chi sto parlando: e tutti sapete già come in un tempo nemmeno tanto lontano l’avrebbero chiamata, tutti, una donna come questa. Dite di saperlo anche voi come l’avrebbero chiamata? Beh, vi sbagliate! Lei che si conosce certo meglio di quanto tutti noi la possiamo conoscere, mancando solo d’un pizzico di modestia, sì è voluta chiamare con l’unico nome che s’addice alla sua statura d’artista, alla donna che più grande di lei non si può. E si fa chiamare Madonna!
Dite che è esagerato? Io, un mio nome, in alternativa, ce l’avrei ma io certe parole non le dico mai, neanche per scherzo. Io, se proprio insistete, vi posso solo confermare che quei due seni ballonzolanti sotto la croce, ha la spudoratezza di usurpare il santissimo nome di colei che è Santa al di sopra degli Angeli: e bestemmiando lei e facendo bestemmiare tutti coloro che l’acclamano con lo stesso nome, fa dire a tutti milioni di volte la bestemmia oscena : Madonna! Madonna! Madonna! E adesso che l’ho detta anch’io la bestemmia, portatemi per favore un collutorio disinfettante per sciacquarmi, anzi scorticarmi la bocca e la gola.
Caro monsignorino polacco: non è certo questo che t’ha inse-gnato il tuo grande contemporaneo, papa Giovanni Paolo II. Come te polacco. Tu sai altrettanto bene che non sei un eroe, che non c’è nessun rogo ad aspettarti a Campo de’ fiori, grazie a Dio! E tu stai già preparandoti a collocare al meglio le cascate di euro e di dollari che per qualche mese o forse anno finiranno sul tuo conto corrente o sui tuoi depositi bancari. Oggi, e tu lo sai bene, “chi non bara è, è, è…”. E tu “non sei”, sta tranquillo..Tu sei scaltro, navigato, (intellig ente proprio non direi), ma a parte questo, Dio ti perdoni, Lui che è dives in misericordia. Io farò un po’ più di fatica a perdonarti l’ipocrisia con cui hai saputo portare in giro tutti per anni! È solo in casi come questo, che non riesco a perdonarmi di non sapere né dire, né scrivere parolacce. Epperò sappimi addolorato per te, a cui auguro una piena guarigione… pardon!: conversione.
Sappimi profondamente addolorato per te!
Don Antonio Santantoni

PS: Ti sei dimenticato di dirci se quando giochi a tennis (per-ché uno atletico come te, gioca senz’altro a tennis) preferisci giocare di diritto o di rovescio. Sai, nel tennis è importante. Ho scritto: dimenticato. Perché immagino che franco e aperto come parli, se te lo fossi ricordato, non avresti avuto scrupoli a farcelo sapere. Ma è stato meglio così.

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